Tante liti, ma senza kamikaze di Augusto Minzolini

Tante liti, ma senza kamikaze DALLA Tante liti, ma senza kamikaze Adesso tutto di c.W» PER non parlare di Fausto Bertinotti che sulla frana di Sarno ha dato al presidente del consiglio del «democristiano», come se fino ad oggi il Professore fosse stato qualcos'altro. Eh sì, a stare appresso a tutto quello che avviene tra chi critica Scalfaro in vista dell'elezione del nuovo Capo dello Stato (ma De Mita rifiuta una simile insinuazione) e chi come Salvi spera da sempre in un rimpasto di governo, ci si dovrebbe attendere una deflagrazione della situazione politica da un momento all'altro. Addirittura c'è chi ipotizza un Oscar Luigi Scalfaro che in braghe di tela e cannottiera il 15 agosto, o giù di lì, scioglie le Camere sulla spiaggia di Santa Severa per votare il 4 ottobre (questa è la data delle elezioni anticipate ipotizzata da qualcuno). In realtà non è così: a parte i Popolari che continuano a paventare l'immagine di un D'Alema che punta deciso alle urne, non c'è quel rischio dietro l'angolo. Se c'era, è passato. Semmai ci sarà una continua fibrillazione e magari - se a Bertinotti converrà - anche una crisi di governo durante il semestre bianco, ma la situazione andrà avanti così, basata su quel compromesso nella maggioranza che anche nell'ultimo vertice di Palazzo Chigi, quello dell'altra sera, è considerato da tutti i protagonisti in campo obbligato: D'Alema può premere sul governo, far fibrillare, appunto, il quadro politico, ma non può lasciare cadere il primo esecutivo dell'Ulivo; Prodi e Veltroni possono movimentare il confronto sulle riforme, farlo fibrillare, ma non possono assumersi in nessun caso la responsabilità di silurare il tentativo di D'Alema. Ebbene, Silvio Berlusconi dovrebbe avere bene in testa questo quadro prima di decidere l'esito dell'unica vera partita di quest'estate, le riforme. E' ormai chiaro che tutto dipende dalla volontà politica del Cavaliere. Sul piano dei contenuti si può essere a un passo dall'accordo, come a un passo dalla rottura: volendo, infatti, c'è la possibilità di inserire elementi per un semi-presidenzialismo più forte (ad esempio, la potestà del Capo dello Stato sulla politica estera e della difesa come vuole il Polo); si può anche individuare un punto di incontro sulla giustizia («di fatto - si lascia sfuggire Giorgio Rebuffa, dopo un colloquio con il capo dello Staio - lì non siamo distanti»). Insomma, un'intesa si può trovare, ma «in primis» Berlusconi deve decidere dove davvero vuole andare. E, soprattutto, se gli conviene farsi condizionare dalle sue vicende giudiziarie. Il nodo rimane quello e le dichiarazioni del Cavaliere del week-end scorso dopo i nuovi avvisi di garanzia su lodo Mondadori e vicenda Sme - «o c'è un intervento sulla procura milanese o saltano le riforme» - stanno lì a dimostrarlo. Allora, da un punto di vista razionale gli interessi del Berlusconi ca- po dell'opposizione, del Berlusconi leader di partito e del Berlusconi imputato dovrebbero coincidere. Se il cavaliere si assumesse la responsabilità di far saltare le riforme si isolerebbe. Non ci sarebbero le elezioni dietro l'angolo, ma per lui qualcosa di peggio. Questa maggioranza, infatti, andrebbe avanti lo stesso e magari, seguendo la filoso- fia dei principali nemici del cavaliere (Prodi-Veltroni) eleggerebbe un suo capo dello Stato, tenterebbe la strada di riforme meno ambiziose ma realizzabili, e deciderebbe le elezioni solo quando fosse sicura di vincerle. E Berlusconi? Sul piano politico potrebbe non toccare palla per i prossimi due anni come il Milan di quest'anno. Potrà, al massi¬ mo, continuare ad ululare alla luna nel suo duello solitario con la procura di Milano secondo le regole del sistema giudiziario vigente. Un bel risultato, non c'è che dire. Di contro Berlusconi, con un «sì» alle riforme, ora che il pool ha moltiplicato le inchieste che lo coinvolgono, creerebbe una grossa contraddizione per l'immagine che gli hanno cucito addosso i suoi avversari: il cavaliere-mercante, l'uomo del conflitto d'interessi permanente, il Grande Inquisito che diventa il padre della nuova Costituzione. Eh sì, perché a differenza di Berlusconi né D'Alema, né Fini, né Marini, debbono pronunciare quel «sì» sotto il peso di 52 inchieste condotte da magistrati che dichiarano pubblicamente la loro avversione ad ogni riforma della Costituzione. Ecco perché, sul piano razionale, non sono pochi quelli che consigliano a Berlusconi di pronunciare quel «sì», a cominciare dai suoi. «Se facesse una mossa del genere - sostiene Rebuffa - Berlusconi spiazzerebbe tutto lo schieramento che lo vuole morto. Creerebbe una contraddizione tra quelh che vogliono scrivere la storia di questo paese in un certo modo, paragonabile a quella che avrebbero creato le Br liberando Moro». «Io - osserva Colletti - a questo punto non ho dubbi nel dire che dovrebbe dire sì alla riforme». E in fondo lo stesso Donato Bruno, l'uomo che insieme a Pera conduce le trattative sulla giustizia, è di questo parere: «Vedrete che alla fine pronuncerà quel sì, ma adesso ci devono dare dei contenuti». Questo dicono gli amici del Cavaliere e dello stesso parere sono gli altri, almeno quelli che non gli sono nemici. «Berlusconi - spiega De Mita - dovrebbe approvare le riforme, tanto più ora che è sottoposto a questo bombardamento. Spiazzerebbe i suoi avversari, quelh che gli mandano un avviso di garanzia mentre da premier presiede un convegno sulla criminalità e lasciano fuggire Gelli per un disguido postale. Ad esempio, se c'è qualcosa su cui Berlusconi non c'entra niente è la storia della Sme, ve lo dice uno che quello scontro lo ha vissuto di persona». Proprio per questi ragionamenti D'Alema continua ad essere ottimista. «Se Berlusconi fa saltare le riforme - ripete ai suoi interlocutori rischia un suicidio politico s personale». Solo che, per prevedere l'esito di quest'estenuante partita, non basta la razionalità: bisogna ricorrere anche ad un trattato di psicologia. Augusto Minzolini D'Alema: se Silvio fa saltare l'intesa rischia il suicidio personale e politico Ma Ciriaco De Mita va all'attacco «Ma che c'entra il Cavaliere con la vendita Sme?» li presidente della Bicamerale Massimo D'Alema Ciriaco De Mita

Luoghi citati: Milano, Sarno