Protetto da amicizie pericolose

Protetto da amicizie pericolose IL CAMALEONTE Protetto da amicizie pericolose Così il serial killer è riuscito a sfuggire ai controlli GENOVA Elisabetta Zoppetti DAL NOSTRO INVIATO Ma che cosa ci faceva Donato Bilancia quella mattina del 31 dicembre 1997, in un'aula della corte d'assise d'appello di Genova? Assisteva alla condanna all'ergastolo di otto tra boss e soldati semplici del clan MadoniaFiandaca-Enunanuello, vale a dire il gotha della criminalità ligure, siciliani da anni radicati come la gramigna in Riviera, e da anni padroni del traffico di stupefacenti. E perché sprecava quella mattina lì, a sentire che persino «Piddu» Madonia, peraltro già condannato per la strage di Capaci, si prendeva un'altra condanna a vita come mandante (da Caltanissetta) per l'omicidio di un certo Angelo Stuppia morto a Genova? E cosa c'entrava con questo giro Bilancia, non ancora serial killer riconosciuto, ma semplice pregiudicato di medio, piccolo calibro, biscazziere e truffatore? «C'entra, c'entra...», dicono gli investigatori che stanno scavando nelle sue relazioni pericolose con la malavita organizzata ligure. C'entra perché solo i contatti con i pezzi grossi locali spiegano la sorprendente capacità mimetica di Bilancia: una vera primula rossa, a giudicare dal numero delle segnalazioni della sua presenza tra il Ponente e il Levante, che sono pochissime, quasi zero. Dal 1995, anno in cui viene denunciato per gioco d'azzardo sorpreso alla stazione di Genova Brignole mentre con un compare o due truffa il solito pollo con le tre campanelle - al 2 ottobre dell'anno scorso, quando la Polizia Stradale lo ferma a bordo della ormai famosa Mercedes blu (poi usata per il doppio delitto di Novi Ligure) assieme a un amico, tale Giuseppino Monello, pregiudicato per reati contro il patrimonio, ovvero truffa ed usura. Niente di speciale, quel controllo documenti fatto ad ottobre, ma la segnalazione finisce comunque all'archivio del Ced, e di questo Bilancia resta almeno una minima traccia di un suo passaggio in un certo posto e ad una certa ora. Ma poi? Stupisce che nessuno conoscesse i giri del camaleonte Donato, che se in gioventù si presentava come Giorgio Gaber per stupire le donne, da vecchio si spacciava per pensionato (vero, ha ima piccola pensione di invahdità, civile), assicuratore (grazie ad una patente di broker procuratagli da Maria Carta, amica d'infanzia e di vecchiaia), o rappresentante: di cosa, non si sa, ma mercoledì scorso, al sostituto procuratore di Genova Zucca, alla domanda «che lavoro fa», ha risposto proprio così, «rappresentante e basta». Ma a parte i giochetti che usava per far perdere le tracce - false identità, come quella di Montaldo Walter (in alcuni casi pronunciato all'italiana, in altri all'inglese, «per me era "Uòlter"») - di lui non si sapeva granché. E allora, o le forze dell'ordine lo avevano «trascurato» troppo, oppure questo signore era davvero un gran furbo, capace di sgusciar via da qualunqe retata di prostitute e clienti - quei «pattuglioni» che polizia e carabinieri organizzano con regolarità in tutta Italia - che consentono di fotografare lo stato delle cose di questo mondo (e lui di prostitute ne conosceva moltissime, tra cui Tessy Adodo). E bravissimo, forse, anche a eludere i controlli che abitualmente si fanno nelle bische e in tutte quelle case private dove tutti sanno che si gioca. Oppure? Il giorno del suo arresto, il colonnello Maurizio Gualdi, comandante provinciale dell'Arma, lo definì «personaggio in contatto con la malavita organizzata». Due giorni dopo il sostituto procuratore Zucca: «Conosciamo i suoi rapporti con la malavita». Filippo Dispenza, dirigente della Squadra Mobile di Genova: «Conosceva personaggi di spicco in quell'ambito». Tra i tanti, di certo Bilancia frequentava Cosimo Felice, ucciso il 22 giugno 1994 in un locale Mariangela Rubino notturno del centro città. E un certo Cesare Chiti che ai più non dice niente, ma che si era guadagnato il soprannome di «boia delle carceri». Amicizie pericolose, ma di quelle che ti permettono di vivere più o meno tranquillo, e di accedere ad ambienti che in nessun altro caso potresti frequentare. Come i tavoli clandestini di chemin de fer dove Bilancia giocava forte, anzi fortissimo: 30 milioni, ci ha perso una sera, e chi era presente racconta che la cosa non lo aveva disturbato più di tanto. Era tranquillo, «Uòlter», ma non perché non gli importasse niente di quei soldi bruciati. Ma perché sapeva di essere «garantito», e di non correre rischi neppure nel caso in cui non sapesse trovare denaro contante con cui saldare i debiti. E perché nel giro grosso dei giocatori, in Riviera e non solo, si entra esclusivamente con il permesso di chi gestisce l'organizzazione. Come pure agli alti livelli del riciclaggio e del Totonero, gli ambienti cioè che hanno sancito la condanna a morte per Maurizio Parenti e la moglie Carla Scotto, uccisi a Genova lo scorso ottobre. Un doppio omicidio forse firmato dalla «famiglia» siciliana che gestisce questo genere di affari a Genova. Ma eseguito da chi? I carabinieri che lavorano al caso Bilancia hanno chiesto rilievi sul Dna ottenuto da un'impronta lasciata su un bicchiere trovato in casa Parenti. E al funerale della coppia c'era un Pietro Fiandaca, testimone di nozze dei due morti, sinceramente addolorato per la perdita dei suoi amici. Che significa tutto questo? «C'entra, c'entra...». E perché quel telefonino rubato al viado Lorena - unico sopravvissuto tra i cadaveri dei due metronotte uccisi a Novi Ligure - si sposta nelle mani del suo ladro (Bilancia, secondo l'accusa) a Milano, e poi a Palermo? La Telecom garantisce che quel cellulare era «attivo» in Sicilia il giorno dopo il delitto, e che la sera aveva fatto ritorno a Genova, per poi sparire nel nulla. La prova di un improvviso viaggio di Bilancia (ma a fare cosa, poi, a Palermo?) o di una persona a cui serviva un cellulare per fare un certo affare in Sicilia? Che c'entra, in tutto questo, «Uòlter»? Brunella Giovara Contatti più stretti con i pezzi grossi locali e abilità nel mimetizzarsi Sapeva di essere garantito quando aveva bisogno di soldi per coprire i debiti Elisabetta Zoppetti Mariangela Rubino