Gli skin senza svastica di Emanuele Novazio

Gli skin senza svastica REPORTAGE L'INCUBO TEDESCO CAMBIA VOLTO Nell'ex Ddr frustrata dalla diseguaglianza economica crescono i giovani pretoriani dell'Npd Gli skin senza svastica Tra igiovani della Nuova Destra WURZEN DAL NOSTRO INVIATO L'appuntamento è davanti a «Schoenemann», il caffè sulla Marktplatz dove una pallina di gelato al quark costa 60 centesimi, 40 in meno rispetto a un qualunque «bar dell'Occidente». Oliver, come decide di essere chiamato, indossa bluejeans, polo bianca, scarpe da ginnastica bianche e blu dai profili esuberanti. I capelli biondi sono corti ma senza i «segni di scalpello», l'inconsapevole tonsura ideologica che molti ragazzi - all'Est - si impongono come un marchio di riconoscimento e appartenenza. A destra, lungo la piazza circondata dalle vetrine cieche di negozi in attesa di essere affittati, una macchina bianca e verde della polizia rallenta ma subito riparte: la Marktplatz è vuota di traffico, e l'afa calata all'improvviso scoraggia passeggiate. Fino a due anni fa, Oliver saliva ogni sera a questa piazza: subito dopo la chiusura del supermercato dirimpetto, il «Konsum» che reclamizza panna pronta Lutz e zuppa di patate Skopper, prodotti ddr diventati sinonimo di «orgoglio orientale», oggi. Saliva per incontrarsi qui col «Gruppo», skinheads dalla giubba in finta pelle nera e borchie doc. Se adesso c'è tornato, alla Marktplatz, è per convincere che «sono passati un paio di anni luce», da quando la cittadina sassone sull'antica «Strada della posta» fra Lipsia e Dresda era nota dappertutto, nel Paese, come il centro più aggressivo dell'estrema destra radicale e criminale. Il «Gruppo» oggi si è sciolto, a Wurzen la calma è ritornata. Almeno in apparenza: perché la città che i baedeckers socialisti ricordavano soprattutto per la Chiesa di Venceslao, è diventata nel frattempo una delle centrali meglio organizzate dell'Npd, il partito neonazista che raccoglie reclute e - in prospettiva - voti fra i giovani dell'Est legati agli ambienti «radicali». Pur nella cautela con la quale evoca il suo passato di violenze nere, Oliver è un ottimo indizio di questa svolta dalle conseguenze ancora aperte e po- tenzialmente minacciose. Se oggi veste bluejeans e partecipa alle riunioni della «gioventù Npd» «giovani nazionaldemocratici», si definiscono, decisi a «difendere l'orgoglio dell'Est tedesco» e a propagarlo «con reti di informazione telefonica» e via Internet due anni fa indossava la giubba in finta pelle nera e partecipava ai raids: facendo comunque attenzione, ricorda con un puntiglio che si direbbe privo di ironia, a «non colpire mai un tedesco», nelle scorribande in discoteca o in birreria che avevano uno scopo soprattutto, garantire ai villaggi della zona «liberà dagli stranieri». Che cosa è rimasto di quegli imperativi di violenza, in un ragazzo che quando il Muro è caduto aveva dieci anni, e che ha ricevuto la sua prima formazione «socialista», statalista e antifascista a cu- ra della propaganda Ddr? «Assolutamente niente, l'adesione all'Npd è un passo verso la libertà e la maturità politica», risponde Oliver, uno dei 1100 membri che il partito nero ha reclutato in Sassonia. E avverte: «Siamo un secolo lontani dall'era Deckert», l'ex capo nazionale dell'Npd condannato a diciotto mesi per aver negato l'Olocausto. «Oggi non ci occupiamo più di Auschwitz, la storia non ci interessa proprio». Il bollettino ufficiale del partito, «SachsenStimmen», sembra confermare: di storia non si parla, ad abbondare sono piuttosto le denunce del «cancro parlamentaristico di Bonn» e gli appelli a «riprendersi la dignità». Dietro il «nuovo profilo» dell'Npd, avverte il capo della Commissione speciale per la lotta all'estremismo in Sassonia, Bernd Merbitz, si nasconde in realtà «una bomba a orologeria»: tre anni fa i «camerati» erano poco meno di 300, nella regione, e il successo della Dvu nella vicina Sassonia-Anhalt, alle elezioni regionali di due settimane fa, avrebbe fatto impennare di nuovo le richieste di adesione. Fatti i conti, il perito diciottenne figlio di un ex muratore e una ex commessa (disoccupati da sedici e dieci mesi, «vivono di sussidi e di qualcosa al nero») non è un'anomalia: secondo le stime dei servizi di sorveglianza federali, il «Verfassungsschutz», il 70% degli iscritti all'Npd ha meno di trent'anni, e il 60% dei nuovi aderenti proviene dalle file dell'estremismo violento, dai gruppi dell'emarginazione giovanile. Dalle bande di naziskin e di skinheads germogliate sulle ceneri dello Stato accentratore e socialista, la Ddr ufficialmente distrutta dalla storia ma ancora sospesa al suo passato, ancora marchiata dalla differenza di «essere orientale», ancora guardata con diffidenza all'Ovest e diffidente nei confronti degli Occidentali, i «Wessis». Molti di loro, denuncia Merbitz, non si sono mai convertiti alla disciplina: hanno trasferito «nel sottosuolo» l'aggressività e le armi, pronti a metterle al servizio del partito. E' consapevole, Oliver, della carica esplosiva che l'Npd rappresenta, nei Laender dell'Est? E' consapevole del richiamo che slogan nazionalistici e populistici come «lavoro tedesco ai tedeschi» possono esercitare, in una popolazione dove il numero dei disoccupati ha raggiunto vertici storici, e anche una persona su tre è senza lavoro? E' consapevole delle sinergie politico-ideologiche che Npd e Dvu sviluppano? Oliver non risponde ma indica il «Konsum», in fondo alla Marktplatz: nel supermercato ci sono merci occidentali, spiega, «uguali a quelle dei supermercati della Germania ricca» ma costose per gente che, quando ha un lavoro, guadagna il 15% in meno rispetto all'Ovest. E ci sono merci orientali, quelle che nessuno in Occidente vuole ma costano di meno e rappresentano «un passato tutto sommato meno discriminatorio e ostile del presente». La domanda che Oliver si pone, nell'incapacità di dare una risposta alle domande altrui, è la metafora della Germania tornata unita ma attraversata da profonde incomprensioni e divisioni: «Siamo un'organizzazione rivoluzionaria perché ci battiamo per l'eguaglianza nelle opportunità, nella distribuzione, nei guadagni e nei consumi», dice, e sembra una promessa di battaglia: «Siamo una forza giovane, nuova, non contaminata dal regime come i comunisti della pds. Vogliamo restituire orgoglio: perché chi è discriminato e deluso, qui, non dovrebbe aver fiducia in noi?». Emanuele Novazio «Siamo un partito rivoluzionario non contagiato dall'ex regime Vogliamo ridare orgoglio» o«Siamo rivonon dallVoglia Tatuaggi nazisti e capelli rasati ormai sono ricordi Nella foto piccola il leader della Dvu, l'editore Gerhard Frei

Persone citate: Bernd Merbitz, Gerhard Frei

Luoghi citati: Bonn, Ddr, Dresda, Germania, Sassonia