Da botteghe oscure siluro a Costa di Fabio Martini

Da botteghe oscure siluro a Costa Da botteghe oscure siluro a Costa Dietro lo scontro l'ombra del rimpasto UNA POLTRONA CHE SCOTTA PROMA OCHE ore prima che partisse l'affondo del pds, Romano Prodi si era confidato con Luigi Manconi: «Vedi, l'accorpamento dei ministeri dovremo farlo - spiegava il Professore al leader dei Verdi - e d'altra parte la legge Bassanini prevede una struttura più snella dei dicasteri. Ma certo, ce ci concentriamo subito soltanto su Lavori Pubblici, Ambiente e Trasporti, alla fine rischia di rimetterci una sola persona e questo non è giusto...». Lo dicevano tutti: finita l'ubriacatura europeista arriveranno le grane... Bene, la prima battaglia del dopo-Euro è già scoppiata, perché la «traduzione» delle confidenze di Prodi è questa: se nei prossimi giorni si va ad una riforma dei tre rninisteri del «Territorio», l'unico che potrebbe rimetterci le penne è il ministro dei Lavori Pubblici Paolo Costa, l'ex rettore di Ca' Foscari che guarda caso, è amico di Prodi. I timori mattutini del Professore prendevano corpo all'ora di pranzo: nel documento approvato dalla direzione dei democratici di sinistra, Massimo D'Alema faceva mettere nero su bianco la proposta di cancellare il ministero dei Lavori Pubblici, accorpando le competenze di tre ministeri (Ambiente, Trasporti e per l'appunto i Lavori Pubblici) in due nuovi dicasteri: «Ambiente e Territorio» e «Mobilità e Infrastrutture». E sia chiaro: la riforma va fatta subito, senza aspettare il '99, come previsto dalla Bassanini. A Palazzo Chigi scatta l'allarme rosso: Prodi capisce subito che l'affondo di D'Alema è efficace ed insidioso. Tutti gli incastri (visti da Botteghe Oscure) sono infilati al punto giusto. Primo: in un'occasione come l'alluvione campana, il pds fa asse coi Verdi e col movimento ambientalista, il che non guasta; stavolta Veltroni ha la stessa posizione di D'Alema; e quanto a Prodi, rischia di restare isolato nella difesa di un amico. Già, perché un eventuale rimpasto avrebbe un finale già scritto: il pds non ha alcuna intenzione di sacrificare Claudio Burlando (a sua volta, amico personale di D'Alema), i Verdi hanno un unico ministro e sarebbe singolare che la conclusione di un'antica battaglia ambientalista venisse coronata con il defenestramento di Ronchi. E dunque, se si va a una riforma rapida dei tre ministri, chi va a casa è l'ex rettore di Ca' Foscari. All'ora di pranzo, Prodi si trova alle corde. Convoca a Palazzo Chigi Paolo Costa. Un'ora di colloquio, senza alcun comunicato finale, ma il ministro ne esce rinfrancato: Prodi gli ha rinnovato la fiducia e soprattutto ha trovato «convincente» il progetto di riorganizzazione dei tre ministeri ipotizzato da Costa. Nel colloquio a quattr'occhi con Prodi, Costa ha spiegato così la propria avversione al progetto del pds e dei Verdi: «Non è certo per ima questione personale, ma semplicemente la presa d'atto che quel progetto finirebbe per mettere in contrap¬ posizione infrastrutture e ambiente. Mentre nei grandi Paesi europei quel contrasto è stato assorbito in un unico ministero della Pianificazione territoriale». Prodi annuisce, ma fa presente a Costa i «problemi politici» che sono comparsi all'orizzonte. Problemi aggravati dalla singolare «distrazione» dei popolari che sulla questione riaccorpamento-ministeri da giorni sono silenziosi. E quel silenzio diventa ufficiale nel primo pomeriggio, quando Franco Marini compare in Transatlantico. I cronisti lo avvicinano, ma lui si nega, si defila. L'unica voce «popolare» è quella di Antonello Soro, capo della segreteria di Marini che cerca le agenzie e denuncia «la concitazione, i toni ultimativi e sgradevoli» del pds. Ma è un altro popolare, Renzo Lusetti, a mettere in chiaro le vere preoccupazioni di Piazza del Gesù: «Perché si vuole svuotare il ministero dei Lavori Pubblici senza toccare Burlando? Se si vuole affrontare in modo strutturale la questione, bisogna azzerare i tre ministeri. Ma creandone due nuovi, Costa ha tutte le qualità per guidarne uno dei due...». Come dire: se proprio bisogna sacrificare im ministro, bene che sia il pds a farsi carico del problema. Le dichiarazioni di Soro e di Lusetti finiscono sulle agenzie e rompono l'isolamento di Prodi e consentono al presidente del Consiglio di riprendere fiato. Anche perché Prodi sa bene di condividere con i popolari la stessa paura: il rimpasto del governo. «Di rimpasto non si parla», ha confidato Prodi ai suoi, anche perché la storia della Repubblica è piena di crisi di governo iniziate con l'idea di un cambio di ministri e finite con il pensionamento del presidente del Consiglio. E anche ai popolari quello scenario non piace. Marini sa di avere un ministro sotto tiro (quello dell'Agricoltura, Pinto) e d'altra parte tutti gli ex democristiani conoscono a memoria l'antica regola «i rimpasti si sa come cominciano, non si sa come finiscano...». L'antico adagio deve essere risuonato anche ieri sera nello studio di Prodi: alle 21, sfuggendo la sorveglianza dei cronisti, Franco Marini è entrato a Palazzo Chigi con l'aria di chi ha molte cose da chiarire col Presidente del Consiglio. Dure ore dopo è uscito più soddisfatto, a quanto pare l'incontro era andato piuttosto bene. Fabio Martini Prodi difende il titolare dei Lavori Pubblici: non è giusto che paghi uno solo Il ppi si schiera con Palazzo Chigi e tira in ballo il ruolo di Burlando Il dolore ai funerali delle vittime A lato, Massimo D'Alema Il presidente del Consiglio Romano Prodi