Auster, scandalo d'amore

Auster, scandalo d'amore Lo scrittore-regista racconta la sua «Lulù» alla vigilia di Cannes Auster, scandalo d'amore «Solo la passione è vita» NEW YORK. Sta partendo per Cannes, dove il suo film «Lulu on the bridge» sarà presentato giovedì. «E' una storia sulla magia dell'amore e sulla redenzione», mi racconta Paul Auster, affannato dai preparativi della partenza. «Quando ti innamori di qualcuno non te lo aspetti e, se capita, la tua vita cambia». Questo succede nel film dove Izzy (Harvey Keitel), ferito da un colpo di pistola, nell'ultima ora prima di morire, sogna di vivere una vita diversa e diventa quello che veramente è quando riesce ad amare. «Trovi la tua essenza solo in relazione agli altri», sottolinea Auster, che all'inizio non aveva nessuna intenzione di fare anche la regia del film di cui aveva scritto la sceneggiatura. Tanto che l'aveva proposta al suo amico Wim Wenders. «Wim sembrava entusiasta. Poi è successa una cosa buffa: un giornalista gli ha chiesto: "Mr Wenders, si rende conto che 4 dei suoi ultimi 5 film sono tutti sul cinema nel cinema?". Wim non ci aveva pensato e tornò sui suoi passi». A questo punto per Auster, a 51 anni, si è realizzato il progetto di fare il regista: «Ci giocavo nella mia testa fin da quando ero ragazzino», racconta nell'autobiografia «Sbarcare il lunario» (pubblicata da Einaudi). «Fare un film è un'operazione così difficile e stravolgente che la si può affrontare solo con un entusiasmo totale e senza la minima esitazione dice Auster -, per di più questa sceneggiatura era così legata al mio universo interiore che solo io avrei potuto realizzarla». Otto romanzi, due raccolte di poesie, tre di saggi, traduzioni dei classici francesi da Mallarmé a Sartre, due sceneggiature per «Smoke» (in onda domani sera su RaiDue, alle 23) e «Blue in the face», che ha anche codiretto con Wayne Wang, Auster dentro di sé è rimasto quello che era da ragazzo. ((Avere successo o fallire è un fatto solo esterno», aggiunge e mi fa l'esempio del suo primo romanzo, «Città di vetro», che fu rifiutato da almeno 20 editori e da quando è uscito nell'85 è stato stampato, ristampato e tradotto in 25 lingue. «Il che non mi ha cambiato nemmeno un po'. Dentro di me sono sempre lo stesso perché non è la gente a determinare la verità». Torniamo a Lulù. Girato a New York in 41 giorni tra ottobre e dicembre, più due a Dublino (per la scena del ponte), il film è costato poco meno di 9 milioni di dollari, raccolti alla velocità del suono in due mesi da Peter Newman («Per me è come un fratello»), lo stesso produttore di «Smoke» e «Blue in the face». Mira Sorvino fa la parte di CeliaLulù, Vanessa Redgrave la regista del film nel film, Willem Dafoe è il dottor Van Horn, l'angelo, che all'inizio doveva essere interpretato dal suo buon amico Salman Rushdie. «Oltre ad essere un ottimo attore, serviva anche a sottolineare la continua sovrapposizione tra sogno e realtà», mi spiega Auster, che ha dovuto poi rinunciare a Rushdie per problemi di sicurezza. ((Andare in giro con lui è come avere a fianco una bomba ad orologeria e la troupe era terrorizzata dalla sua presenza sul set. Avrei dovuto assoldare schiere di guardie e i costi sarebbero arrivati alle stelle». Della Lulu di Wedekind con «Lo spirito della Terra» e «Il vaso di Pandora» si è liberato strada facendo. E alla fine questa «Lulu on the bridge» è solo sua. Perché il ponte? «Ho messo il ponte perché sotto c'è l'acqua, che per me è l'origine, è un elemento primordiale». E Dublino? «Per due ragioni. Perché la amo, fa parte di me; e perché 0 governo irlandese dà grandi agevolazioni a chi va a girare un film lì». E Mira Sorvino com'è? «Ho scelto lei perché gli dei mi hanno sorriso - dice parlando sul serio -. E' coraggiosa, perfezionista e al tempo stesso fragile e sensibile, una combinazione difficile da trovare in un'unica persona». E Keitel? Ha scritto la sceneggiatura pensando a lui? «Non l'ho scritta per lui, ma più andavo avanti nella storia e più lui mi veniva in mente. E' un attore straordinario per come è, il modo in cui si muove, le espressioni della sua faccia». Poi c'è la pietra blu... «Sa già cos'è?» mi chiede. So che esiste, gli dico. ((Apparentemente non lo so nemmeno bene io. E' una forza vitale misteriosa, la colla che unisce un essere umano, Izzy, a un altro, Celia, quel qualcosa sconosciuto che rende l'amore possibile». L'idea della pietra gli è venuta nel '96 in una sera umida e nebbiosa, mentre con sua figlia Sophie, che allora aveva otto anni, portava fuori Jack («E' il nostro Brooklyn Terrier») a passeggiare. «L'asfalto era bagnato, i lampioni creavano degli strani giochi di luce e facevano scintillare tutto racconta -. Ho guardato per terra e ai miei piedi ho visto una pietra blu. Pensavo fosse un orecchino, e mi sono chinato a raccoglierlo per darlo a Sophie, che ama i gioielli. Ma appena l'ho toccato ho capito che era uno sputo, fatto di mille bollicine su cui si rifrangeva la luce. Schifato, ho tirato fuori il fazzoletto per pulirmi la mano e ci siamo allontanati». Ma la magia della pietra è rimasta. Adesso, appena finito il caos del film Auster tornerà nel suo studio a raccontare con l'inchiostro, invece che con la macchina da presa («Ho già cominciato un piccolo libro, che ha per protagonista un cane pensante»). Gh' faccio un'ultima domanda. Da ragazzo viaggiava tanto per conoscere e sentirsi libero, che cosa è per lei la libertà? «Per me è sempre collegata alla responsabilità. Non posso pensare all'una senza l'altra. Ho scoperto che mi sento libero solo quando dò agli altri molto di me». Fiamma Arditi Paul Auster: 10 scrittore ha diretto 11 suo primo film «Lulu on the bridge»; nel cast avrebbe voluto anche Salman Rushdie «Mira Sorvino? E' come se gli dei m'avessero sorriso» ta» no? gli dei

Luoghi citati: Cannes, Dublino, New York