Novecento, il secolo dell'economia

Novecento, il secolo dell'economia discussione. Ciocca (Bankitalia) fa il bilancio e apre un confronto a tutto campo Novecento, il secolo dell'economia Saggio-sfida ispirato a Leopardi f ROMA INE secolo, tempi di bilanci anche per l'economia. Il Novecento è stato il tempo della più rapiradicale trasformazione e degli usi delle ri¬ da delle fonti sorse economiche. Il secolo del l'esplosione dei consumi e delle rivoluzioni scientifiche, ma anche il secolo delle due più gravi crisi economiche mai manifestatesi, delle due prime guerre veramente mondiali, della caduta del benessere materiale delle popolazioni, che da livelli mai prima raggiunti è poi drammaticamente crollato. E' stato il secolo che ha teso a sottomettere l'economia alla politica e che, nella allocazione delle risorse e nella ripartizione del debito, ha sostituito lo Stato al Mercato. E' stato il secolo di Keynes, e quindi l'era della politica economica, ma anche il secolo dell'eclisse keynesista, dal momento in cui, e siamo ai nostri giorni, la spesa pubblica è giunta a eccedere il 50 per cento del prodotto interno lordo in Europa, il 35 per cento negli Stati Uniti e in Giappone, e la pressione fiscale è arrivata a superare il 45 per cento di quello che si produce in Europa, e il 35 per cento negli Stati Uniti e in Giappone. Il ventesimo è stato il secolo dell'economia per antonomasia. Nel tracciarne la storia, nel saggio L'economia mondiale del Novecento in libreria per II Mulino, l'economista Pierluigi Ciocca ha compiuto un esercizio. Racchiudere il tumultuoso percorso, diagrammi, crescite e cadute vertiginose, numeri e considerazioni, in un'analisi stringata, quaranta cartelle in tutto. Un esercizio simile l'aveva già fatto, per dire, Giuseppe Prezzolini, e con un soggetto a dir poco monumentale, nella sua Storia portatile della letteratura italiana. Ma per un economista, una storia portatile dell'economia nel secolo della sua massima espansione non è un gioco intellettuale, perché costringe a quello da cui gli economisti rifuggono da sempre: un giudizio analitico certo. Le conclusioni cui arriva Pierluigi Ciocca, economista di lungo corso in Banca d'Italia, consigliere di tre governatori, sono infatti che bisogna «cercare ancora» e mantenere vivo l'impegno dialettico, perché l'economia è ancora lo strumento più efficace per migliorare il fu turo di tutti. Ma, nel frattempo, Ciocca fa alcune considerazioni sorprendenti: il mercato non garantisce la democrazia, ma è l'unico sistema con essa com patibile. E però, «a un mercato socialista non è preclusa l'effi cienza», sia pure in linea puramente teorica, poiché nei fatti questo non è mai accaduto. An cora più sorprendente, per Tuo mo che ha trattato a suo tempo il primo passo dell'ingresso del l'Italia nell'Euro, ovvero la riammissione della lira nello Sme, una riga, una sola, di pagina 29: ci possono essere «impli cazioni negative a unificazione monetaria avvenuta», perché la via scelta dell'unificazione è stata monetaria e non politica. Per l'esattezza: «L'unione monetaria è stata posta in rapporto di mezzo a fine rispetto all'unione politica, piuttosto che quale corollario di quest'ultima». Non si poteva fare diversamente, dice Ciocca, ma è abbastanza pericoloso. E qui si è aperto il dibattito. Perché Ciocca, dopo aver coltivato l'ambiziosissimo progetto di racchiudere un'analisi eco- nomica del secolo in poche pagine (idea che gli è venuta leggendo il saggio in 32 pagine sui costumi degli italiani di Leopardi) l'ha fatta girare per il mondo. E il libro pubblica anche le risposte che ne ha ricevuto da Sylos Labini a Toniolo, da De Cecco a Bairoch, fra gli altri. Eric Hobsbawn, il celebrato autore del lungo saggio sul Secolo breve, che è appunto il Novecento, è pungente: dice chiaramente che «un mercato transnazionale totalmente pri¬ vo di controllo, e entità politiche come gli Stati» sono destinati quasi naturalmente a simbiosi nel lungo termine, ma che non è affatto detto che per arrivarci sia sufficiente «influenzare o gestire le aspettative del mercato finanziario». Dice Hobsbawn che «l'incapacità dei 25 Paesi in cui vive tre quarti della popolazione mondiale di compiere un'azione politica coordinata, fa apparire la politica meno potente di quanto non sia veramente». Insomma, econo¬ mia di mercato e politica hanno bisogno l'una dell'altra. Ma Hobsbawn aborrisce l'assenza di regole, «l'attuale egemonia di una teologia del lais-> ser-faire». Mentre lo storico revisionista Ernst Nolte osserva che gli Stati inseguòno il prò gresso economico che il secolo ha messo loro a disposizione, e cercano anzi di servirsene in ogni modo. Ma dice anche che l'economia del ventesimo secolo non può più «essere designata col vecchio nome di capitalismo», e dovrebbe invece essere chiamata «economia tecnicoscientifica di concorrenza». Siamo, insomma, non in un deficit di politica, ma in una vera e propria «dittatura dello sviluppo», non meno invasiva delle «economie socialiste». L'importanza delle decisioni politiche per lo sviluppo, dice Nolte, spesso non viene neppure presa in considerazione e nella storia (del secolo scorso) ci sono stati casi in cui la politica ha anticipato lo sviluppo economico. Ci vuole, insomma, «una politica di grado più alto», secondo Nolte. Ma pensare di governare con la politica un'economia sempre più globalizzata, quale sarà quella del ventunesimo secolo, e un'utopia non diversa da quella delle screditate teorie di «liberazione dell'umanità». Antonella Rampino Un'ammissione inattesa: l'unificazione europea prima monetaria che politica può avere implicazioni negative In poche pagine ripercorse le vicende di cent'anni; seguono le risposte di Sylos Labini, Hobsbawm, Nolte pirato a Leopardi della Banca d'Italia ssione inattesa: l'unificazione prima monetaria che politica ò avere implicazioni negative e pagine ripercorse le vicende cent'anni; seguono le risposte ylos Labini, Hobsbawm, Nolte Pierluigi Ciocca, economista della Banca d'Italia

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