Il rito del caffè benedetto dal Papa di Mirella Appiotti
Il rito del caffè benedetto dal Papa Riscoperto un sorprendente trattato cinquecentesco sulla bevanda Il rito del caffè benedetto dal Papa Non dolce, né nero come l'inferno, ma amaro e leggero I segreti del caffè tornano alla luce, dopo secoli, grazie a un libricino pubblicato a Vienna per la prima volta nel 1685 dal signor conte bolognese Luigi Ferdinando Marsili, bShofilo, storico, linguista, geografo, soldato e diplomatico, oltre che uomo di gran fascino e ancor più d'avventure nonché di buonissima penna, che mette in discussione una delle ultime, pur piccole, certezze rimasteci: la confezione di quel «beverone del diavolo» comparso a Venezia, prima tappa dalle regioni mediorientali di tradizione islamica verso l'Occidente, già alla fine del Cinquecento. Dalle prime descrizioni del Della Valle giù giù sino al monologo di Eduardo in Questi fantasmi, senza dimenticare, quasi una tautologia, il Verri, lo si era sempre raccomandato «nero come l'Inferno, forte come la morte, dolce come l'amore». Tutto sbagliato. Nel suo «Trattatello sul caffè» intitolato Bevanda asiatica (Salerno Editrice), Marsili, dopo aver accuratamente descritto la via del caffè sino alla tostatura, raccomanda che, una volta polverizzato, il «cave» (questo il nome originario) sia gettato ne «l'acqua vicina a levare il bollo» nella misura di uno a dieci «essendo questa la proporzione più aggiustata per render la bevanda propriamente grata e sostanziosa». Leggerissima, amara, ma chi vi si attiene «non conoscerà la malinconia e goderà dell'allegrezza». Che la prescrizione fosse autentica, non c'è da dubitare. Visto che l'autore l'aveva sperimentata non solo in loco durante un lungo soggiorno a Costantinopoli dopo scorribande giovanili per l'Europa, ma anche sotto le mura di Vienna assediata dai turchi. Vi si era trovato fortunosamente dalla parte opposta a quella del suo imperatore Leopoldo I di cui era moschettiere: fatto prigioniero dagli attaccanti e poi venduto come schiavo al pascià di Timisoara era finito «servidore ad un credenziere che tenea pubblica bottega di caffè» dove i segreti del perfetto «liquore» gli sono insegnati «a costo di molte sferzate». Un'esperienza durissima che poteva finire sul patibolo dopo un suo fallito tentativo di fuga e che invece ha un lieto fine proprio grazie al caffè offerto a due «trafficanti di uomini» che per 24 talleri lo strappano alla sciabola del carnefice, mentre sarà poi Pietro Civran, ambasciatore della Serenissima presso la Porta ottomana, a restituirgli, contro un salato riscatto, la libertà. Che Marsili userà per «mettere di nuovo la spada e l'ingegno al servizio dell'imperatore», come ci illustra Clemente Mazzotta, curatore della trascrizione critica del testo, pur senza interrompere gli studi che lo porteranno, pronubo Newton, a sedere su uno scranno della Royal Society e a compiere il trattato sullo Stato militare dell'Imperio Ottomano, la sua opera più importante anche nei riflessi dell'umile tema del caffè. Perché, se dei turchi il suo occhio acuto di osservatore ci rimanda un'immagine tutt'altro che positiva individuando il tallone d'Achille della potenza ottomana «nella nativa incorreggibile ùnmoralità delle sue genti, mollemente immerse nei piaceri e nei vizi», almeno una cosa gli piace, il rito del cave. A tal punto da inserire un libretto nel suo libretto (che dedica a mo' di brindisi al cardinale Buonvisi potente nunzio a Vienna) dove è il saggio «dotto e venerato» Husayn Efendi detto Hezarfenn a condurci nei meandri di quell'elisir orientale che i benpensanti veneziani hanno già chiesto al Papa di far interdire. Ma Clemente VIII, dopo averlo centellinato, non ci sta: «Questa bevanda è così deliziosa che sarebbe peccato lasciarla ai miscredenti. Sconfiggiamo Satana impartendole la nostra benedizione». Resta da sapere quale «caffè» il successore di Pietro scelse di benedire: lungo, lunghissimo o «espresso»? Perfido Marsili che ha messo un tarlo nella nostra tazzina. Mirella Appiotti
Persone citate: Clemente Mazzotta, Della Valle, Imperio, Luigi Ferdinando Marsili, Marsili, Newton
Luoghi citati: Costantinopoli, Europa, Salerno, Venezia, Vienna
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