Romiti: l'Europa ora deve investire di Ugo Bertone

Romiti: l'Europa ora deve investire «Il problema occupazione è prioritario. L'Euro se non è competitivo salta» Romiti: l'Europa ora deve investire ÌAnche Trichet è d'accordo CERNOBBIO DAL NOSTRO INVIATO Il problema vero dell'Europa è la disoccupazione. L'unica soluzione possibile passa per la ripresa degli investimenti, frenati, in questi anni, dalla rincorsa verso i parametri di Maastricht. «E più tardi si parte ammonisce Romiti - peggio è: il problema più importante per l'Europa, l'ho ripetuto tante volte, è quello della disoccupazione. Si è investito poco in Europa, come purtroppo confermano in questi giorni i fatti italiani, e quindi bisogna riprendere di lì il filo dello sviluppo. Dopo i grandi problemi macroeconomici bisogna che si passi ai temi dell'economia reale». Non è la prima volta che il presidente della Fiat insiste su questi temi. Ma, stavolta, alla conferenza internazionale dell'Aspen Institute di Cernobbio, al fianco di Romiti, alfiere dell'industria e dell'economia reale, si sono schierati in tanti, a partire da un alleato insospettabile: Jean Claude Trichet, governatore della Banca di Francia, uno dei principali «eroi» della battaglia per Maastricht in patria e fuori e, soprattutto, candidato a guidare dal 2002 la potentissima Banca centrale europea. Trichet è stato molto attento a non rilasciare dichiarazioni ufficiali. Ma, nel summit a porte chiuse, come ha rivelato l'economista Paolo Savona, ex ministro dell'Industria del governo Ciampi, ha sottolineato che l'Europa della moneta non va vissuta in antitesi a quella dello sviluppo. Anzi, ne è la premessa indispensabile. «Occorre essere fiduciosi e vigilanti sull'Euro» ha sottolineato Trichet, ribadendo il valore della stabilità monetaria come condizione essenziale per la ripresa europea. «Ma la politica monetaria - ha aggiunto è condizione necessaria ma non sufficiente per l'Europa». Oltre alla stabilità, ci vuole flessibilità della forza lavoro e una politica dello sviluppo che, così come ha sostenuto Romiti, non può che passare dagli investimenti. Tutti d'accordo? Dal vertice dell'Aspen, ima delle tappe obbligate dei leader della società occidentale, emerge, seppur alla lontana, il dissidio di Bruxelles. «La moneta europea dev'essere depoliticizzata» sillaba Horst Siebert, uno dei 5 saggi dell'istituto di Kiel, ov¬ vero il centro dove si decide la politica economica tedesca. «Guai - aggiunge - se la stabilità monetaria venisse intaccata dall'influenza del dibattito politico...». E l'inquietudine tedesca si scontra con i rischi di un semestre, quello che ci separa dalla nuova moneta, pieno di incognite. «Non pochi economisti - spiega Paolo Savona mettono in guardia contro il rischio di una svalutazione del dollaro nei prossimi mesi di fronte alla valuta europea. Se l'Euro nascerà dopo una svalutazione del dollaro superiore al 10-15% le esportazioni europee saranno a rischio, così come la ripresa del Vecchio Continente». Ma, ammonisce Romiti, la partita monetaria non è l'unica, anche se l'occasione è storica per l'industria europea. «0 l'Euro è competitivo - commenta il presidente della Fiat oppure non è l'Euro». «Il progetto della moneta unica - ha aggiunto - è senz'altro di grandissima importanza e ha permesso di ottenere risultati di grande spessore, inattesi fino a qualche tempo fa. Quel che bisogna sottolineare adesso è che gli sforzi fatti sul piano macroeconomico per il risanamento delle finanze pubbliche, permanendo un contesto di grandi rigidità e di elevata pressione fiscale, hanno frenato lo sviluppo e allargato l'area della disoccupazione». La ricetta da seguire? Basta guardare al mondo anglosassone, suggerisce Romiti. A Parma, di fronte agli industriali e al presidente del Consiglio Romano Prodi, Romiti aveva raccontato il caso inglese. A Cernobbio, è la volta di un «flash-back» sugli Stati Uniti Anni Ottanta, con un'inflazione elevata, un tasso di disoccupazione poco sotto il 10%, un deficit pubblico che quasi si quintuplicò tra 1*81 e l'85. «Oggi - commenta Romiti - gli Stati Uniti hanno la capacità di creare due milioni di posti di lavoro l'anno, l'inflazione è contenuta, il debito pubblico tende allo zero». Poi ci sono le grandi fusioni. «Anche la notizia che Daimler Benz acquisterà Chrysler - nota il presidente della Fiat - non è affatto un segno di debolezza né della Chrysler - che è un'ottima azienda - né dell'economia o delle società americane. E', semmai, un indice di forza, di consapevolezza della sfida dell'economia globale». Ugo Bertone