IN IRAN di Aldo Baquis

IN IRAN IN IRAN Furto di materiale nucleare TEHERAN. La polizia iraniana sta dando la caccia ai ladri di un autocarro che trasportava «una componente non identificata» della centrale nucleare di Bushehr, in costruzione sul Golfo Persico. Lo riferisce il quotidiano «Farda». Il camion è stato rubato mentre era parcheggiato in una strada di Isfahan (Iran centrale). Il pezzo della centrale, la cui importanza è stata minimizzata da un responsabile dell'Organizzazione dell'energia atomica, avrebbe dovuto essere trasportato a Teheran «per essere esaminato», secondo il giornale. Il progetto di Bushehr, che dovrebbe comprendere due reattori nucleari, era stato abbandonato dalla ditta tedesca Siemens dopo la rivoluzione islamica del 1979 e poi ripreso tre anni fa dall'Iran in collaborazione con la Russia. L'Iran possiede cinque piccoli reattori, uno a Teheran e quattro a Isfahan. [Ansa] strazione democratica. Anche il capo dello Shin Bet (servizio di sicurezza) Ami Ayalon ha avvertito che, in mancanza di accordi, tra dodici mesi i palestinesi dichiareranno unilateralmente uno Stato indipendente nei Territori e ricorreranno alla violenza. Il leader dell'opposizione laburista Ehud Barak ha accusato Netanyahu di portare il Paese in un vicolo cieco e per giunta privo del tradizionale sostegno politico statunitense. Un nuovo motivo di preoccupazione per Netanyahu è giunto ieri dalla lettura di un commento del Washington Post che, riferendo degli umori maturati fra i collaboratori di Clinton e di Margaret Albright, sosteneva che le relazioni fra il Presidente e Israele «sono giunte a un punto di svolta». Sia pure controvoglia, ha aggiunto il Post, gli Stati Uniti vanno verso un confronto con Israele. Albright si appresta a pronunciare un discorso molto duro con Netanyahu in cui illustrerà in dettaglio le proposte respinte dal premier (accettate invece da Yasser Arafat), e annuncerà la sospensione degli sforzi di mediazione degli Usa. Con Netanyahu, Ross ha esaminato ieri due proposte che sembravano tali da poter superare la opposizione israeliana a un ritiro dal 13% della Cisgiordania, scaglionato in 12 settimane: il 10% passerebbe sotto totale controllo palestinese e il rimanente tre per cento sarebbe «affidato in pegno agli Usa» oppure utilizzato per costruire parchi industriali palestinesi. Ma al Sunday Times risulta che gli Stati Umti esigono in realtà da Israele un ritiro dal 18,2% della Cisgiordania in cambio dell'impegno palestinese a ridurre la consistenza della polizia nelle zone autonome, di riunire il comitato esecutivo dell'Olp per confermare l'abrogazione della Carta nazionale palestinese e di vietare per legge nei Territori la propaganda ostile a Israele. Netanyahu ha respinto tutto, in primo luogo la sua convocazione a Washington per sottoscrivere un ritiro che a suo giudizio renderebbe precari gli spostamenti dei coloni, metterebbe in forse le risorse idriche israeliane, avvicinerebbe i palestinesi all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv e costringerebbe gli israeliani a privarsi di stazioni radar di preavviso. «La Albright - ha detto - mi ha puntato una pistola alla tempia». Aldo Baquis Il Washington Post «Clinton prepara un duro confronto» Il premier israeliano Netanyahu e l'inviato americano Dennis Ross