Tutto cominciò con il «patto di Broni»

Tutto cominciò con il «patto di Broni» Tutto cominciò con il «patto di Broni» le manovre contro la cessione della Sme all'Ingegnere ebbero alcune toghe romane nella guerra delle merendine. Non solo Squillante ma anche Carlo Izzo, Filippo Verde, Paolo Zucchini: l'incredibile di questa storia è che ricompaiono gli stessi nomi nei vari filoni dell'inchiesta nata dalle dichiarazioni di Stefania Ariosto. Dal caso Sme, all'ImiSir, al lodo Mondadori, sembra riprodursi, secondo la ricostruzione degli mquirenti, sempre lo stesso copione. Guerre tra potentati economici che finiscono in tribunale a Roma - in particolare quello civile -, manipoli di famosi avvocati che combattono a carte scoperte nelle aule e, nell'ombra, un'altra «giustizia parallela» fatta di avvocati collettori di tangenti (Pacifico), di grandi consigliori legali con conti svizzeri (Previti) e di giudici che, sentenza dopo sentenza, arrotondano, spesso per somme neanche così clamorose, le loro riserve segrete. Ma da quanti anni funzionava il Comitato? E a chi faceva capo il Comitato in quella Roma dove molti sapevano e pochi si ribellavano e quando poi si ribellavano (clamoroso il documento del 30 maggio '85 di 46 sostituti contro i metodi usati dal procuratore generale Franz Sesti nella vicenda Sme) finivano nel nulla del Csm? «Sono stato io a organizzare quella cena. Craxi non ebbi modo di sentirlo e non ho mai sentito parlare di tangenti», così il 16 dicembre '97, Pompeo Locatela, convocato dai pm Ilda Boccassini, Francesco Greco e Gherardo Colombo, ha minimizzato con i cronisti l'affaire. Ma quel giorno i pm avevano già in mano alcuni pezzi sparsi del puzzle da ricostruire. Primo pezzo. In un vecchio verbale, Locatelli interrogato per i fondi neri dell'Eni, aveva già accennato ad Antonio Di Pietro alla cena di Brani. Secondo. Indagando sui conti di Francesco Ambrosio, il re del grano, Greco era arrivato alle tangenti versate da un conto di Pietro Barilla, il Tredifin Ine, presso la Interalhanz Bank di Zurigo. Terzo pezzo, quello decisivo: le risposte arrivate nel luglio '97 alle prime rogatorie su conti svizzeri di Squillante e Pacifico, con la scoperta che se il primo aveva un classico conto di alimentazione, l'avvocato romano aveva conti dai quali partivano bonifici a pioggia. Un giro vorticoso di soldi, sui quali sono state chieste ben 200 rogatorie. A questo punto il pool ha scoperto che dai conti di Barilla, tra febbraio e giugno '88, a cavallo tra la sentenza e il deposito del dispositivo con cui la Cassazione diede definitivamente torto a De Benedetti, partirono due bonifici da circa 800 milioni e da 1 miliardo per Pacifico, il quale a sua volta versò 850 milioni su un conto di Previti e 100 milioni a Squillante. Perché quei soldi? Guido Barilla, erede di Pietro, ha detto ai magistrati che Previti e Pacifico non si sono mai occupati degli affari legali di famiglia. Perché allora suo padre li pagò? Prima della Cassazione c'erano state altre due pronunce sfavorevoli a De Benedetti. Il 25 giugno '85 il giudice romano Carlo Izzo respinse la richiesta del sequestro d'azioni Sme. E' quello stesso Izzo che nel '96, quando sono state sequestrate dai pm le foto scattate nell'88 dall'Ariosto durante il viaggio Niaf con Previa a Washington per festeggiare Craxi, prima ha detto che non sapeva che a pagare era stato Previti, poi ha chiesto il pensionamento. In pensione dal '96. Proprio come Zucchini, già giudice nel caso Imi-Sir, che insieme ad un altro magistrato indagato per corruzione, Filippo Verde, il 19 luglio '86, si pronunciò contro la validità dell'intesa sulla Sme. E della Sme, oltre che dei 200 milioni, versati dal solito Pacifico su un suo conto a Montecarlo subito dopo la sentenza contro l'Imi, dovrà rispondere oggi - se si presenterà davanti al pool - Zucchini. Era anche lui a libro paga del Comitato? Chiara Berla di Argentine

Luoghi citati: Argentine, Broni, Montecarlo, Roma, Washington, Zurigo