Sugli alpini una battaglia silenziosa di Ferdinando Camon

Sugli alpini una battaglia silenziosa Lo scontro Lega-Roma coinvolge loro malgrado le penne nere che si radunano a Padova Sugli alpini una battaglia silenziosa IL raduno degli alpini ha fatto convenire ieri a Padova (dice la gente) 150.000 ex soldati di tutte le brigate, e altrettanti son previsti per oggi. Se fosse così, la città scoppierebbe. E' già piena. Doveva venire Prodi, doveva venire Scalfaro. Non ci saranno. La gente dice: per ripicca verso la Lega, verso Galan, presidente della Regione, che con Prodi e Scalfaro è al limite della querela. La Lega ne approfitta, e tenta di far passare gli alpini come «soldati del Nord», non della nazione. Come soldati del Nord, gli alpini sarebbero perfetti: nati per difendere la casa, il bosco, il villaggio, con una storia colma di gloria, col più basso indice di defezioni di tutti i reparti. «Alpini, Roma non viene» dicevano i giornali locali. Visto che arriverà Andreatta, ieri titolavano: «Alpini, il governo accorre». Gli alpini non sono mai stati usati come si tenta di usarli oggi: in funzione locale, anti-nazionale. E' un tentativo timido. Ma è il primo. Altri ne verranno, più scaltri. Il sindaco Zanonato ha fatto cucire oUecimila bandiere tricolori, poi visto che non bastavano ne ha fatte altre diecimila, poi altre diecimila ancora, e non sono sufficienti. I tricolori disegnano le sagome dei condomini, dei grattacieli, delle piazze, degli alberghi. Bancarelle di bandiere tricolori fiancheggiano i corsi dove scorre la fiumana. Col tricolore sfilano vecchi e bambini. Ne fermo uno, avrà 4-5 anni, pedala su un triciclo, ha un cappellino da alpino in testa: «Perché porti la bandiera?», non capisce, probabilmente per un bambino portare la bandiera della nazione è come per ima chiocciola portarsi la casa addosso; ripeto la domanda: «Perché porti la bandiera?», balza avanti il padre: «Perché no?». Ecco, a monte di questo 71° raduno degli alpini si è svolta una battaglia silenziosa in cui gli alpini non avrebbero mai voluto entrare: gli alpini e il Nord, il Nord e Roma, Roma e gli alpini. La fiumana di gente è scompigliata da qualche veicolo preistorico: un trattore Landini col motore a un solo pistone, che spara cannonate, una panchina motorizzata, che avanza larga come uno spazzaneve, con cinque-sei inqinlini seduti sopra. Gli inquilini hanno sulla testa un water, da cui ogni tanto qualcuno tira l'acqua, invece di acqua scende vino, e bevono. Mai visti così tanti marocchini, senegalesi, indiani, filippini. Perché dove c'è gente c'è mercato. Gli africani ascoltano i canti di montagna a bocca aperta. «Vi piacciono gli alpini?», «Sì», «Vi piacciono i soldati?», «No», «E allora?», «Alpini non soldati». Qui c'è la spiegazione di tutto. Venendo da un'altra storia, gli africani l'han capita prima di noi. Gli alpini non sono uomini di armi. Sono uomini di fatica. «Da dove venite?», «Senegal», «Leopold Sedar Senghor», dico per dire un senegalese che conosco. S'illuminano: «Senghor molto amico di De Gaulle, molto amico», e così dicendo uno di loro mi pianta un dito sulla pancia. Toccandomi vuol dire: «Se Senghor amico di De Gaulle, io amico tuo». Ma certo, amico. Passa una ragazza sui venticinque anni, ha il cappello alpino calcato sulle trecce: «Come mai questo cappello alpino?», «Per affetto», «Verso chi?», «Un amico morto». Una fidanzata. E' qui al posto del moroso. Cioè, il suo moroso è qui, attraverso di lei. In via Altinate una signora anziana cammina con un cappello alpino sotto il braccio, quando vede una tavolata di al¬ pini al bar si accosta: «Questo è il cappello del mio povero marito, me lo firmate?». La vedova non farebbe così neanche con Scalfaro, con D'Alema, con Prodi. I quali non son venuti, ma la gente non se n'accorge. L'unità nazionale si stringe come cemento. Viene avanti una penna bianca, un colonnello, col numero 9 sotto l'aquila d'oro: «Colonnello, gli alpini difendono il confine delle Alpi, ma le Alpi non sono più un confine: nella patria-Europa, sono in mezzo». E' molto pallido: «Noi siamo come i bavaresi; i bavaresi dicono: prima saremo bravi tedeschi, e poi bravi europei. Io ho avuto due operazioni al cuore», ecco perché è pallido, «prima di operarci noi malati eravamo tutti amici, ci scambiavamo i foglietti con gli indirizzi, poi una volta guariti abbiamo buttato via i foglietti». Sì, l'Italia era malata e ha inventato il reclutamento regionale, gli alpini, le canzoni di guerra. Adesso è guarita e sta bene. Peccato per quei foglietti che non conserva più. Ferdinando Camon Gli alpini a Padova

Luoghi citati: Italia, L'aquila, Padova, Roma