Budapest, un ragazzo dell'89 sfida i neocomunisti di Tito Sansa

Budapest, un ragazzo dell'89 sfida i neocomunisti Ai funerali di Nagy, quando era studente, ebbe il coraggio di chiedere pubblicamente il ritiro dei sovietici Budapest, un ragazzo dell'89 sfida i neocomunisti I liberali del trentacinquenne Orban favoriti nei sondaggi per le Politiche BUDAPEST. Se non fosse per un paio di bombe senza vittime esplose dinanzi alle case di due uomini politici dell'opposizione (le bombe vere e mortali sono quelle delle lotte tra le mafie russe, ucraina e medio-orientale) e per la pubblicità dei partiti alla radio e alla tv, quasi nessuno si accorgerebbe che oggi in Ungheria si tengono elezioni politiche, le terze dopo la fine del comunismo. Rari cono i manifesti, dinanzi ai quali la gente tira diritto, come i pochi comizi dei propagandisti che solo vecchi e bambini stanno ad ascoltare, inesistenti i dibattiti che in passato animavano la vigilia. Noia e indifferenza, inusuali per un popolo focoso come quello magiaro, caratterizzano l'atmosfera. Eppure si terranno elezioni importanti, dall'esito incerto, che - se gli elettori rimarranno fedeli alla loro tradizione di imprevedibilità e di protesta - po¬ trebbero segnare la fine del governo di coalizione del socialista (ex comunista) Gyula Horn con il liberale Gàbor Kvncze. Secondo uno dei quattro istituti di sondaggio demoscopico che nei giorni scorsi hanno tastato il polso degli ungheresi, il principale partito di opposizione, il Fidesz dei «giovani liberali» otterrebbe il 34 per cento dei voti (contro il 32 per cento dei sociaUsti) e, con il premio spettante al vincitore potrebbe addirittura sfiorare la maggioranza assoluta dei 386 seggi del Parlamento di Budapest. Così accadde quattro anni fa ai socialisti che, con il 33 per cento dei voti, si videro assegnato il 54 per cento delle poltrone di deputati. Va precisato subito che gli altri tre istituti demoscopici la vedono in modo diverso e preconizzano la vittoria (sia pure di stretta misura) del partito del primo ministro Gyula Horn. Ammettono però nel contempo, mettendo le mani avanti, che molto dipenderà dal tempo, sarà la temperie a decidere sull'affluenza alle urne, troppo bello o troppo brutto terrebbero lontani gli indecisi e gli oppositori più tiepidi e meno impegnati, favorendo i socialisti. Insomma, affinché ci possa essere il «ribaltone» il cielo dovrà essere «velato senza pioggia». A scalzare Horn potrebbe essere un giovanotto di 35 .anni, Viktor Orban, che nel giugno dell'89, quando era studente, ai funerali di Imre Nagy e dei martiri della insurrezione del '56 ebbe il coraggio di chiedere pubblicamente il ritiro delle truppe di occupazione sovietiche e un anno dopo, all'età di 26 anni, fu eletto al Parlamento. Quattro anni fa il suo Fidensz dei «giovani liberali» superò a malapena la barriera del 5 per cento ma in seguito riuscì a coagulare la maggior parte delle correnti borghesi ostili al governo. Il suo programma, definito «futuristico», non si differenzia sostanzialmente da quello della coalizione (lotta alla corruzione, alla criminalità, alla disoccupazione, all'inflazione, alla miseria dilagante e così via), le sue personalità di spicco sono il quasi novantenne Làszló Varga e l'ottantenne ex Polituburo Imre Poszgay (il che è un po' curioso per il partito dei «giovani liberali»), il suo eventuale alleato potrebbe essere il partito dei contadini, ultranazionalista e antioccidentale del demagogo populista Jozsef Torgyàn. Alle elezioni si presentano 25 partiti, ma soltanto quattro o cinque di essi (secondo gli esperti) entreranno nel Parlamento di Budapest: i socialisti di Horn, i giovani Fidesz di Orban, i liberali di Kuncze, i contadini di Torgyan e, forse, il Foro democratico del defunto Antall che governò dal '90 al '94. Il voto ai partitini è sprecato - avverte la Chiesa cattolica, facendo così propaganda indiretta per il Fidesz, mentre il calvinista Hegedùs suscita scandalo invitando apertamente a votare per gli xenofobi e antisemiti dello scrittore Istvan Csurka. Gli osservatori occidentali - in primo luogo i diplomatici e le multinazionali che in Ungheria hanno investito la bellezza di oltre 18 miliardi di dollari, circa 32 mila miliardi di lire - non si sbottonano. Ma privatamente confidano che il primo ministro Gyula Horn, arrogante e antipatico fin che si vuole, dal passato di antidemocratico e antiliberalista, è diventato un gradito «apostolo del capitalismo» ed è perciò «garanzia di continuità e di calma sociale». Tito Sansa Il leader dei «giovani liberali» Viktor Orban secondo molti sondaggi è nettamente favorito alle elezioni di oggi

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