Guerra dei veleni tira Ankara e la Germania
Guerra dei veleni tira Ankara e la Germania Perché dichiarasse il Pkk partito non terrorista. La notizia verrebbe da una fonte già screditata Guerra dei veleni tira Ankara e la Germania «Icurdi hanno corrotto il procuratore generale tedesco» BONN NOSTRO SERVIZIO Il duello politico-diplomatico tra Bonn e Ankara ha toccato ieri un nuovo apice. Non tanto per il rilievo, modesto, assunto sui media, quanto per la gravità dell'accusa formulata: il capo della procura federale di Karlsruhe, il massimo magistrato inquirente tedesco, secondo la stampa turca avrebbe incassato l'equivalente di 130 milioni di lire per tentare di «sdoganare» - togliendogli cioè il marchio di «terrorista» - il partito indipendentista curdo Pkk messo al bando in Germania e soprattutto in Turchia, dove è in guerra aperta con il governo. L'accusa, stando al quotidiano turco «Daily News» che afferma di citare alti funzionari dei Servizi segreti di Ankara, sarebbe stata formulata da un ex leader dei ribelli curdi catturato «di recente», indicato come «responsabile delle operazioni europee» del Pkk. Costui avrebbe sostenuto che il procuratore federale Kay Nehm avrebbe ricevuto dalla stessa organizzazione somme pari a 75 mila dollari come premio per la riabilitazione del Pkk, messo al bando in Germania nel 1993 e responsabile di un'ondata di violenze nella primavera del '96 (attentati incendiari anti-turchi e disordini con la polizia). In effetti Nehm, massimo responsabile della lotta al terrorismo, aveva ultimamente destato scalpore affermando che il Pkk non è più da considerare un'organizzazione terroristica. Già nel settembre del 1996, del resto, il capo del Pkk, Ocalan, aveva annunciato di voler proseguire in Germania la sua lotta usando solo mezzi politici. L'accusa va presa con le molle, anche perché l'«ex comandante» arrestato, sempre secondo fonti turche, potrebbe essere l'ex leader Semdin Sakia, dimostratosi poco affidabile: l'esponente curdo aveva affermato che fu il Pkk ad uccidere il primo ministro svedese Olof Palme nel 1986, ma poi aveva ritrattato. La Germania è un Paese che non ha avuto «Mani pulite» e in cui Nehm è un'icona intangibile ed insospettabile quasi avvolta da un alone di rispettoso mistero. L'onorabilità di un alto magistrato è un nervo vivo in Germania. Ed è stato proprio su quel tasto che il primo ministro turco Mesut Yilmaz era andato a battere nelle settimane scorse per rendere ancor più sonora la sua protesta per l'esclusione del proprio Paese dal primo giro di ampliamento dell'Ue. E' noto che la Turchia vede nella Germania, dove pur vivono più di due milioni di turchi, il principale ostacolo ad un proprio ingresso nell'Unione europea, e per spiegare que¬ st'opposizione Yilmaz aveva equiparato la politica estera di Bonn a quella del «lebensraum» (spazio vitale) perseguita da Hitler all'Est e nei Balcani. «Demenza», era stata la risposta di Bonn che in effetti sembra non considerare «matura» la Turchia per un'adesione all'Ue, soprattutto fin quando non avrà risolto la questione dei diritti umani e quella cipriota. Uno strascico dell'incidente diplomatico vi è stato oggi, quando il governo di Ankara ha convocato l'ambasciatore tedesco per protestare contro la condanna dell'invasione della parte settentrionale di Cipro formulata dal ministro degli Esteri Klaus Kinkel. La reazione è stata quasi di sufficienza: la condanna tedesca di quell'intervento militare del 1974, ha detto un portavoce, è nota da tempo. Rodolfo Calò
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