L'armata mercenaria di Blair l'africano
L'armata mercenaria di Blair l'africano Truppe irregolari britanniche appoggiarono le forze nigeriane che tre mesi fa batterono i golpisti. Il Foreign Office nega, vacilla il viceministro L'armata mercenaria di Blair l'africano «Siamo intervenuti in Sierra Leone per conto del governo» LONDRA. La politica estera «eticamente corretta» del governo di Tony Blair è oggi sotto accusa, mentre alcune poltrone al ministero degli Esteri di Londra cominciano a traballare, a causa del ruolo poco chiaro svolto da diplomatici britannici durante il golpe della scorsa primavera nell'ex colonia inglese di Sierra Leone, in Africa occidentale. L'organizzazione britannica di mercenari «Sandline Int» con sede a Londra, fondata dall'ex portavoce militare britannico durante la Guerra del Golfo, colonnello Tim Spicer, attraverso i propri legali ieri ha fatto sapere di essere intervenuta a sostegno del presidente eletto Ahmad Tejan Kabbah solo dopo avere ottenuto il nulla osta del Foreign Office. Robin Cook, il ministro degli Esteri di Tony Blair, ieri a Londra ha ribadito invece che questa autorizzazione sicuramente non è avvenuta a livello ministeriale. ((Anche se le affermazioni di Sandline Int, di aver ottenuto il consenso di quattro diplomatici a Londra e dall'Alto Commissario britannico per l'Africa occidentale, Peter Penfold - ha detto Cook -, sono preoccupanti e saranno approfondite». L'appoggio segreto dei mercenari britannici alle truppe nigeriane che a febbraio scorso hanno riportato Kabbah al governo a Freetown, compreso un aereo fatto venire dalla Bulgaria con un carico di armi da fuoco leggere (violando l'embargo deli'Onu), sta mettendo in discussione le promesse fatte da Cook al suo arrivo al governo un anno fa. I britannici, aveva detto Cook, d'ora in poi praticheranno una politica estera «eticamente ineccepibile». L'idea di chiedere aiuto ai mercenari inglesi dopo il colpo di Stato che a maggio 1997 aveva deposto Kabbah, secondo Sandline, sarebbe stata consigliata al presidente di Sierra Leone addirittura da Penfold, mentre Washington sarebbe stata informata dell'operazione e avrebbe dato il proprio assenso. Come Cook, anche il Dipartimento di Stato americano ha fatto sapere di non avere mai dato il via libera alla fornitura da parte dei mercenari britannici di armi per i sostenitori di Kabbah, in violazione dell'embargo deli'Onu. Nonostante le affermazioni di Cook, ieri a Londra si è parlato per la prima volta di una possibile rimozione dall'incarico del sottosegretario agli Esteri Tony Lloyd. Uccisioni, mutilazioni, saccheggi. Dalla Sierra Leone giungono di nuovo notizie di stragi efferate che hanno rimesso in moto un esodo di migliaia di persone, donne, bambini, anziani, che abbandonano tutto nel tentativo di sottrarsi alla cieca violenza delle bande, fortemente armate, ancora padrone del Nord del Paese. Da giovedì, riferiscono fonti umanitarie, ex soldati fedeli ai golpisti sconfitti in febbraio dall'Ecomog (Forza di stabilizzazione dell'Africa occidentale, in maggioranza nigeriani) e bande di ribelli hanno preso d'assalto cittadine nei dintorni di Makeni (capoluogo della regione settentrionale). Più di cento i civili massacrati, riferiscono le fonti, e oltre duecento - bambini compresi - quelli cui gli aggressori hanno tagliato mani e piedi a colpi di machete, per «punirli» del loro presunto sostegno al presidente Ahmad Tejan Kabbah, tornato al potere in marzo con il supporto della Nigeria. Il nuovo esodo è in corso da tre giorni, la fuga porta a Makeni (dove hanno una base i soldati dell'Ecomog e alcune centinaia di soldati fedeli al presidente) e la città comincia ad avere problemi di ricezione. Inoltre molti profughi sono malati, oppure orribilmente feriti e mutilati e gli ospedali non hanno sufficienti attrezzature per curarli, [e. st.] E nell'ex colonia i ribelli uccidono (almeno cento morti) e mutilano a colpi di machete i sostenitori del presidente Kabbah Qui a fianco, un guerrigliero ribelle nelle vie di Freetown Più a destra, soldati nigeriani controllano un prigioniero
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