l'ombra di complici dietro la mano del killer di Angelo Conti

l'ombra di complici dietro la mano del killer Genova, sotto osservazione due uomini e una donna. Potrebbero averlo accompagnato nei delitti l'ombra di complici dietro la mano del killer Bilancia avrebbe ucciso anche su commissione GENOVA DAL NOSTRO INVIATO Maniaco sessuale, rapinatore, truffatore, forse anche killer prezzolato dalla mafia. Donato Bilancia è davvero tutto questo? Gli investigatori sono al lavoro, e ieri hanno cercato di rispondere al primo di tanti quesiti: il biscazziere ha sempre agito solo? Forse no, visto che tre persone, due uomini ed una donna, sono in queste ore sotto stretta osservazione: vengono interrogati per capire sino a che punto si spingesse l'amicizia che li legava all'omicida. I sospettati sono persone che provengono da ambienti diversi, con in comune soltanto una fedina penale macchiata da precedenti giudiziari: tutti e tre vantano infatti un passato particolarmente vivace. Il primo sospettato, esperto in usura ed estorsioni, è definito un «grande amico» di Bilancia, una sorta di compagno di zingarate: la pohzia stradale ha confermato di averli spesso controllati insieme, a bordo di auto di grossa cilindrata. Il secondo è invece un personaggio più dimesso, appassionato del gioco d'azzardo e del casinò, originario anch'esso del Meridione. La terza è una donna sulla trentina, piuttosto avvenente, legata al serial killer da una vecchia amicizia, con un passato a tratti turbolento. Proprio la donna sarebbe stata ieri a lungo interrogata così da far nascere la voce di un suo arresto per favoreggiamento, poi smentito dal comando provinciale dei carabinieri e dalla procura. Quella di un complice è un'ipotesi reale? Sotto il profilo strettamente investigativo sì, perché testimoni riferiscono che negli omicidi per rapina di Gorni, Mano, Scotto-Parenti, Solari-Pitto e Mileto l'assassino potrebbe essere stato affiancato da almeno un'altra persona. Ma anche sotto il profilo logico questa presenza risulta plausibile: un autista (o una autista) appariva quasi indispensabile per le due rapine di Venthniglia e qualcuno potrebbe avere accompagnato il serial killer nelle case delle due coppie uccise a Genova, soprattutto in quella della più giovane, perché c'è da pensare che ben difficilmente avrebbe potuto, da solo, uccidere (ed anche torturare) le vittime. Quanto all'omicidio Mileto, va registrato che una dipendente dell'autogrill di Taggia avrebbe visto più persone, forse addirittura tre, sull'Alfa 164 usata per il sanguinoso assalto. Chi è il complice? Era uno solo? Cosa sapeva delle devianze sessuali del Bilancia? Sono domande a cui, per ora, manca una risposta. I carabinieri hanno chiesto ieri una pausa di riflessione dopo i riflettori accesi degli ultimi tre giorni. Vogliono riprendere a lavorare a tempo pieno su ogni singolo omicidio. Non stupisce l'ipotesi di lavoro che il biscazziere fosse anche un killer prezzolato: non esistono, al riguardo, prove certe, ma le sue frequentazione con esponenti del clan mafioso Madonia sono evidenti, continuative, senza una logica spiegazione. Sotto osservazione ci sono anche delitti apparentemente già chiariti, come quello dei metronotte di Novi: qui il «giallo» che resiste è quello del telefonino di Lorena, un Etacs sot- trattole dal serial killer alla Barbellotta, la notte del 24 marzo. Quel telefonino risulta essere stato spostato sino a Milano nelle quattro-cinque ore successive al duplice omicidio, poi di nuovo attivo nella tarda mattinata a Palermo, poi di nuovo trasferito a Genova nel tardo pomeriggio. Un viaggio assurdo ma «certificato Telecom», compiuto nell'arco di una ventina di ore. Perché? C'è una sola spiegazione logica: il killer, convinto di avere ucciso tre persone, si rese conto di poter essere identificato (anche per via del piccolo incidente rimediato manovrando nel giardino del delitto), ed allora decise di costituirsi un alibi lontano da lì. Arrivato a Linate, partì (con un nome di fantasia) per la destinazione italiana più lontana in quel momento sul tabellone dell'aeroporto, cioè Palermo. Ma, una volta lì, più calmo, si rese conto che era rischioso sparire improvvisamente dalla sua città e dalle sue abitudini. Così, qualche ora do¬ po, prese un altro aereo per tornare a Genova. Quando si alzò di nuovo la Luna, lui era già al tavolo del bar della Foce, a giocare ai dadi. Ci sono poi da chiarire misteri di altro tipo. Il nome di Donato Bilancia era stato già fatto alla fine di marzo, due-tre giorni dopo l'omicidio dei metronotte: si sapeva che questo «strano» personaggio era in qualche modo collegabile con il proprietario della villa di Novi Ligure teatro della sparatoria (che risulta amico intimo del padrone di casa del Bilancia). Perché fu fatto quel nome? A che proposito? Perché non si è ritenuto di controllarlo a fondo? Si potevano evitare i successivi omicidi di Tessy Edhogaye, Kristina Kwalla, Elisabetta Zoppetti, Maria Angela Rubino e Giuseppe Mileto? Perché si è perso ancora tempo ad inseguire l'improbabile ipotesi di una guerra fra bande impegnate nella gestione della prostituzione? Perché non si è dato subito retta al capo della Mobile ge¬ novese, Filippo Dispenza, che già il 12 marzo si era detto convinto dell'esistenza di un maniaco? Tante domande, con risposte difficili. Mentre, giorno dopo giorno, vanno a posto nuovi tasselli di un grande mosaico: ieri le nuove conferme per l'omicidio Gorni, i nuovi particolari sugli elementi raccolti negli omicidi Parenti-Scotto (un bicchiere usato da cui estrarre il Dna) ed in quello Canu (una impronta digitale). E si è messa anche una datapaletto a voli di fantasia troppo lontani: la Smith & Wesson 38 special di Bilancia era stata rubata nel '92 in una abitazione di Arona, vicino a Novara. Quindi, al momento, si indaga solo da quell'anno. E così, per una volta, i delitti potenzialmente riconducibili al biscazziere non sono aumentati: sono rimasti 16, anche se sarà difficile trovare una prova per tutti. Angelo Conti mm A destra Mario Toto, cognato del cambiavalute assassinato il 20 marzo scorso «L'ho riconosciuto, mi è bastato guardarlo in fotografia» A un parlamentare «Sto bene, dormo mangio, guardo la tv e sono tranquillo»