«Ingessato da fango e paura pregavo e volevo vivere»

«Ingessato da fango e paura pregavo e volevo vivere» IL DIARIO DEL SEPOLTO VIVO «Ingessato da fango e paura pregavo e volevo vivere» SARNO (Salerno) DAL NOSTRO INVIATO Se dovesse scrivere un libro su quello che gli è successo lo intitolerebbe «Buio». Ma la sua storia, Roberto Robustelli è deciso a buttarsela al più presto dietro le spalle. Forse per questo è così ansioso di parlare al citofono sistemato accanto al letto, in una stanza della rianimazione dell'ospedale presidiato da amici e parenti. Protetto da un vetro che lo separa dal corridoio del reparto e dall'orrore del mondo esterno, con il volto pallido e tumefatto, vuole liberarsi in fretta dal peso di quelle settantadue ore vissute nel fango che martedì è colato dalla montagna, con la sete che lo ha tormentato al punto da indurlo a bere la sua urina. Spesso chiede del padre, uno delle centinaia di dispersi che i volontari e i vigili del fuoco stanno ancora cercando sotto la melma. Ma nessuno trova il coraggio di dirgli la verità: «Sta tranquillo, papà è ricoverato in un altro ospedale», lo ha rassicurato un medico. Ecco il suo «diario». «Dicono che quando uno è sotto shock perde la memoria: è una fesseria. Io ricordo tutto, ogni attimo, nei minimi particolari. Ricordo le preghiere che recitavo laggiù, in quei trenta centimetri che mi separavano dal soffitto del sottoscala in cui ero finito, con il fango che mi arrivava al mento. Ricordo i Pater noster e le Ave Maria. Volevo vivere, mi aggrappavo a tutto, ai pensieri più diversi, al ricordo dei momenti belli della mia vita che tentavo disperatamente di farmi tornare alla mente. Ma quando arrivava lo sconforto, allora pensavo: Roberti, è finita, meglio che ti metti in pace con Dio prima di chiudere gli occhi. Allora cominciavo a mormorare: "L'eterno riposo dona a loro, o Signore...". Pregare fa bene, non immagini quanto. A volte sentivo la fine tanto vicina da perdere la cognizione del dolore, del freddo, della sete, della paura stessa. Allora facevo di tutto per ricordare i momenti belli della mia vita: era un modo per tenere lontano la morte che mi avvolgeva e mi spingeva verso il basso, sotto il fango. «Ho un solo buco nella memo¬ ria. Riguarda il momento in cui il fango mi ha portato via, martedì notte. Ricordo solo che sono stato travolto dall'onda che scendeva giù dalla montagna mentre tentavo di rientrare a casa, al viale Margherita. Non ho capito più nulla, forse sono svenuto. Mi sono ritrovato in uno spazio minuscolo, di poco più di un metro quadro, con la melma che arrivava a trenta centimetri dal soffitto. Ero incastrato fra un muro e un'auto rovesciata, immerso in quella lurida poltiglia su cui galleggiavano i cadaveri di una gallina e alcuni conigli. Ma ero vivo e ho pensato: Roberto non perdere la testa, in fondo hai un po' di spazio per muoverti e aria a sufficienza per respirare. «Le ore, i giorni e le notti li ho trascorsi tenendomi aggrappato ad una fessura nel muro e a un ramo d'albero, o appoggiandomi per pochi secondi ad una massa di fango che cominciava a solidificarsi. Mi accorgo che parlo di giorni e di notti, in realtà non avevo alcuna cognizione del tempo perché la trappola in cui ero finito era buia. L'unico contatto con la realtà era il rumore degli elicotteri che andavano e venivano. Urlavo, urlavo come un dannato, ma nessuno mi sentiva. «La sete mi tormentava. Per due volte sono riuscito a mettermi in posizione orizzontale sulla melma e a raccogliere un po' della mia urina nel palmo della mano: l'ho bevuta anche perché avevo paura di disidratarmi. Avevo freddo ed ero stanco, stanco da morire. Ma non volevo assolutamente chiudere gli occhi per paura di non aprirli più. Allora pronunciavo uno dopo l'altro i nomi delle persone che mi sono più care: mia madre, che mi chiama Robertino e mi bacia come se fossi ancora un bimbo, mio padre, mio fratello, la nonna, i miei amici. Quando proprio non riuscivo a mantenermi sveglio, mi sistemavo come meglio potevo sul ramo e mi appisolavo per un po'. «Brutta bestia, la paura. Te la senti montare dentro e il più delle volte ti rendi conto che non puoi farci niente. Ti sembrerà assurdo, ma a me in quei momenti la paura della morte faceva bene: mi scuoteva, mi spingeva a reagire e a ricordare le cose belle. Ripeto, mi aggrappavo al primo pensiero positivo che mi veniva in mente, anche il più banale. Ad un certo punto ero talmente disperato che mi sono concentrato sulla Salernitana, che l'anno prossimo va in A. Forza Salernitana, dicevo, forza Salernitana... «E poi ho visto la luce. In un primo momento ho pensato a un'allucinazione, ma quel bagliore che filtrava attraverso una fessura nel muro e le voci che sentivo facevano parte della realtà. Improvvisamente lo strato di fango ha cominciato ad abbassarsi: solo dopo ho capito che i vigili del fuoco avevano usato ima pompa per tirarlo via. «Il muro è caduto sotto i colpi di un piccone, e mi sono ritrovato accanto a un pompiere. Mi chiedi se in quel momento ho capito di essere salvo? No. Avevo una paura maledetta, ero ingessato dal fango e dal terrore. Ma quell'uomo mi ha parlato con dolcezza e mi ha detto: "Roberto, non ti lascio a costo di rimanerci pure io qui dentro. Ma vedrai che ti tiriamo fuori". E' stato meraviglioso, mi sono steso su una barella ed ora eccomi qui. Quel vigile non lo dimenticherò mai. Mi ha salvato, ma se sono sopravvissuto è stato soprattutto grazie alla fede in Dio che non mi ha abbandonato mai, nemmeno per un momento. Ora devo ricommciare a vivere. Tornerò a studiare all'università, ma continuerò a fare il fotografo perché questo mestiere mi appassiona da sempre. Tenterò di dimenticare, certo. Non so se ce la farò. Ma d'ora in poi, nei momenti difficili, dirò a me stesso: forza, Roberto, se ce l'hai fatta a sopravvivere per tre giorni nel fango puoi superare tutti gli ostacoli di questo mondo)/. Fulvio Milone LA PRIGIONE «Ero incastrato fra un muro e un'auto, con la melma a trenta centimetri dal soffitto» LA SETE «Era un tormento Per due volte ho raccolto la mia pipì sul palmo della mano» LA LIBERTA' «Quando ho visto la luce ho pensato a un'allucinazione Non scorderò il vigile» IL DOLORE6I ( 1); «Sentivo la fine vicina e perdevo la cognizionedel freddo, della sete dello stesso terrore» 1 NUMERI DI UNA TRAGEDIA VITTIME IDENTIFICATE: 116 SFOLLATI: 1490 FERITI: 115 LA SITUAZIONE DEI COMUNI ■ LAURO [Avellino]: 200 sfollati ospitati da parenti e amici e 38 nella scuola elementare ■ QUINDICI [Avellino]: 140 sfollati ospitati da parenti e amici [10 morti e 8 feriti] _ ■ TAURANO [Avellino]: 55 sfollati ospitati nel convento di San Giovanni SIANO [Salerno]: 500 sfollati sistemati nelle scuole e dai parenti [5 morti e 14 feriti] SARNO [Salerno]: 341 evacuati ospitati in due scuole [95 vittime e 93 feriti] ■ SAN FELICE CANCELLO [Caserta]: 84 sfollati assistiti [1 morto] ■ BRACIGLIANO [Salerno]: 170 evacuati ospitati nelle scuole e 70 dai parenti [5 morti] LA MACCHINA DEI SOCCORSI Sono impegnati 3192 uomini con 936 mezzi 813 vigili del fuoco 1100 volontari 480 uomini delle forze armate 96 uomini della guardia di finanza 200 carabinieri 340 agenti della polizia di Stato 113 uomini del corpo forestale 50 uomini della Croce rossa 942 le persone salvate dagli elicotteri

Persone citate: Fulvio Milone, Pater, Roberti, Roberto Robustelli