Dini al G-8: maggiori pressioni su Belgrado per il Kosovo
Dini al G-8: maggiori pressioni su Belgrado per il Kosovo Ieri Slobodan Milosevic ha respinto la proposta di mediazione dell'Osce attraverso l'ex premier spagnolo Felipe Gonzàlez Dini al G-8: maggiori pressioni su Belgrado per il Kosovo Al vertice londinese dei ministri degli Esteri passa la linea favorevole alle sanzioni LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Un'altra pioggia di sanzioni sta per cadere sulla Serbia: di fronte alle ultime decisioni di Belgrado, che ha ieri espresso il non gradimento per la missione dell'Osce affidata a Felipe Gonzàlez, i ministri degli Esteri del G8 - i sette Paesi più industrializzati, più la Russia - riuniti ieri a Londra hanno esaminato la situazione sulla falsariga dei lavori preparatori svolti in mattinata dal gruppo di contatto (Usa, Russia, Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia, cioè il G8 meno Canada e Giappone). Oggi ci sarà una decisione definitiva, se necessario dopo un'altra riunione del gruppo di contatto. Ma la strada imboccata dal mondo democratico non potrà, nelle parole del ministro Lamberto Dini, non tenere conto della «situazione di ina¬ dempienza» da parte del governo serbo di fronte alle «richieste e aspettative». Il giudizio complessivo su Belgrado non è positivo, ha insistito Dini. Che cosa significa? Che dopo avere congelato i fondi della Serbia all'estero, con la decisione presa dal gruppo di contatto nella riunione di Roma del 29 aprile, i ministri del G8 hanno discusso ieri sera - il Kosovo è stato infatti il tema dominante della loro cena di lavoro - l'opportunità di dare il via con il gruppo di contatto all'ipotesi già discussa a Roma qualora entro il 9 maggio - oggi, appunto - il dialogo fra le parti fosse ancora bloccato «a causa di Belgrado». Alla decisione, cioè, di congelare tutti i nuovi investimenti in Serbia. Una misura di estrema gravità per Slobodan Milosevic, in quanto sarebbe un freno determinante nella crescita della Serbia. Ma «diplomazia e sanzioni - ha ribadito ieri sera il ministro Dini - sono gli unici mezzi utilizzabili, non certo un intervento armato». Sono un meccanismo non universalmente accettato, e per esempio la Russia ha anche ieri espresso severe riserve come sovente ha fatto nel passato. Ma la situazione, dopo il no a Gonzàlez nelle giornata in cui un albanese del Kosovo è stato ucciso in una cittadina a 40 chilometri da Pristina, non ammette molte alternative. Il governo di Belgrado, hanno concordato gli Otto, non può non tenerne conto: negozi l'autogoverno (ma non certo l'indipendenza) di un Kosovo con il suo parlamento. Ma ieri, a Londra, è stata anche giornata di Medio Oriente. Il segretario di Stato americano Madeleine Albright ha riferito della sua mediazione fra Netanyahu e Aralàt e dei deludenti risultati del vertice di Londra, proprio mentre il portavoce del premier israeliano faceva sapere da Gerusalemme che le probabilità di un suo viaggio lunedì prossimo a Washington, per riprendere le trattative e di fatto accettare il compromesso americano, «sono zero». Le valutazioni dei ministri sono state molto convergenti: siamo a una svolta decisiva, hanno detto all'unisono; occorre un piccolo passo avanti per affrontare la successiva fase finale del negoziato, hanno sottolineato. «Ci sono molti pericoli - ha osservato Dini - come l'ormai diffuso sentimento di non fiducia da parte del mondo arabo». Insomma, o il processo di pace va avanti, o bisognerà ((trarre le conseguenze di quel fallimento e decidere con che cosa sostituirlo». Ma ieri la Albright non esprimeva ancora pessimismo. «E' in attesa», ha detto Dini. Le parole che provengono da Gerusalemme possono essere ((tattiche» e molte carte restano da giocare. Un momento difficile, insomma, ma non drammatico. Non per gli Otto. [f. gal.] Il ministro degli Esteri Dini
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