No di Netanyahu a Clinton di Aldo Baquis

No di Netanyahu a Clinton Il premier israeliano, irritato con gli Usa, comunica a Ross che il tempo per trattare non è sufficiente No di Netanyahu a Clinton «Lunedì non sarò a Washington» TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Di sicuro deve slittare, forse non si farà affatto: il summit di Washington - voluto dagli Stati Uniti per costringere israeliani e palestinesi a firmare un preciso accordo sul ritiro israeliano dal 13 per cento della Cisgiordania - è ormai in pericolo dopo un burrascoso incontro avvenuto ieri a Gerusalemme fra il premier Benyamin Netanyahu e il mediatore statunitense Dennis Ross. «Nella data prevista di lunedì 11 maggio certamente non saremo a Washington», ha dichiarato al termine dei colloqui David Bar Ilan, uno stretto collaboratore di Netanyahu. «Sul tavolo restano molte questioni ancora aperte. Finché non saranno risolte non ci sarà possibile prendere parte al vertice». Ma mercoledì Netanyahu è atteso a Washington dalla «Aipac», la lobby filo-israeliana, che terrà quel giorno un importante congresso. Fonti politiche israeliane hanno anticipato la scorsa notte che il premier intende prendervi parte e hanno lasciato così intendere che il summit voluto da Clinton non è ancora definitivamente compromesso. Ross è stato inviato in Israele dal presidente Bill Clinton dopo che nemmeno il segretario di Stato Madeleine Albright - in estenuanti conversazioni a Londra, da lei definite «infernali» - era riuscita a convincere il premier israeliano a cedere ai palestinesi il 13 per cento della Cisgiordania in cambio di una lunga serie di misure che l'Anp adotterebbe per sgominare il terrorismo islamico e dell'avvio di negoziati sull'assetto definitivo nei Territori. Per Arafat invece le proposte statunitensi erano risultate accettabili. Ma mentre Ross era in viaggio per Israele, sulle reti televisive e nei dispacci delle agenzie di stampa rimbalzavano le dichiarazioni di Hillary Rodham Clinton a favore della costituzione di uno Stato palestinese indipendente accanto allo Stato ebraico. Il mediatore è atterrato in Israele mentre, secondo fonti israeliane, la collera di Netanyahu era al massimo. In realtà Netanyahu sostiene che il problema non sono tanto le dimensioni del ritiro israeliano in Cisgiordania quanto la correzione da parte palestinese di un lunga lista di «infrazioni agli accordi di Oslo» pubblicata questa settimana dall'Ufficio stampa governativo israeliano. Fra queste, la necessità di limitare le dimensioni e gli armamenti della polizia palestinese, la richiesta di estradizione in Israele di palestinesi ricercati per terrorismo, la cessazione della propaganda ostile a Israele, la revisione della Carta nazionale palestinese. «Finché non saremo soddisfatti, non cederemo ai palestinesi neanche un pollice di terra», ha chiarito un alto funzionario di Gerusalemme. Pressato da ministri nazionalisti e dal movimento dei coloni, Netanyahu sostiene di fronte agli americani che un ritiro dal 13 per cento della Ci¬ sgiordania è inaccettabile perché lo obbligherebbe - in una fase transitoria - a smantellare piccoli insediamenti (come Kadim e Ganim, presso Jenin) o basi militari. Dagli Stati Uniti il «falco» del governo Ariel Sharon ha ribadito anche ieri che «non ci potrà essere alcun ritiro superiore al nove per cento della Cisgiordania». Da parte sua la signora Albright ha chiarito che non consentirà in alcun modo a Netanyahu di «diluire» le proposte statunitensi dopo che sono già state accolte dai palestinesi. «Prendere o lasciare», ha precisato nelle conversazioni londinesi, quando la seconda ipotesi prefigura un riesame della politica statunitense verso Israele. Il margine di manovra di Ross è quello del filo su cui procede un trapezista: potrà forse convincere Netanyahu ad accettare la cifra del 13 per cento, a condizione che il 2-3 per cento della Cisgiordania siano tenuti «in pegno», fino alla piena soddisfazione di Israele delle sue richieste dai palestinesi. Aldo Baquis «Le differenze tra il piano americano e il nostro sono troppo grandi» La trattativa a Gerusalemme tra Ross e Netanyhau: un nulla di fatto