Il vescovo rivuole le raccomandazioni di Guido Tiberga

Il vescovo rivuole le raccomandazioni Monsignor Grillo critica il «no» della Cei. Pomicino: oggi c'è il monopolio della sinistra Il vescovo rivuole le raccomandazioni DUE righe del parroco, tanto per testimoniare la propria «buona condotta». Una paginetta del vescovo, tanto per far capire al datore di lavoro che le teste calde non sono fra noi. Nell'Italia di Peppone e Camillo la raccomandazione «sacra» più che un malcostume era una buona abitudine. In fondo - si pensava - che c'è di cattivo in una lettera del vescovo? Le aziende, prima di aprire le porte ai nuovi assunti, pretendono di vedere il certificato penale. E allora perché non allegare pure un bel «certificato morale»? Così ai tempi di Guareschi. Poi le cose sono cambiate: non bastava il Sessantotto, con il suo codazzo di bandiere rosse. Non bastava Tangentopoli, con la sua guerra a corrotti, corruttori, raccomandati e raccomandatori. Ci voleva pure una circolare della Cei, una «norma di comportamento» che impedisce a vescovi e cardinali di raccomandare un buon cristiano disoccupato a un buon cristiano imprenditore. Qualcuno ha continuato a bussare in canonica, ma il porporato di turno ha dovuto dire di no. Fmo a ieri, quando a Civita- Mons. Girolamvecchia è scattata la ribellione. Monsignor Girolamo Grillo - già famoso per aver testimoniato che la madonnina di gesso piangeva davvero lacrime e sangue è tornato in campo: «Lasciando da parte i propri parenti più stretti - si chiede - come può un vescovo restare indifferente di fronte al gravissimo problema della disoccupazione che attanaglia tanti giovani e tante famiglie?». Il problema, piuttosto, è un altro: il vescovo, nell'Italia dell'Ulivo, non conta più nulla. «Per ottenere favori - accusa il monsignore - bisogna far parte di ben noti partiti politici...». Quali partiti? A spiegarlo, a stretto giro di comunicati stampa, si è subito buttato uno dei principi della Prima Repubblica: «Per anni hanno detto che la raccomandazione era una cosa da democristiani - tuona Paolo Cirino Pomicino -. Grillo Ma ora c'è il clientelismo scientifico di massa. Il pdì consolida il proprio potere sulla disperazione dei disoccupati, offrendo posti nei lavori socialmente utili. La Chiesa, pur di combattere l'andazzo e pur di togliere dalla disperazione intere famiglie, mette in campo anche la raccomandazione. E fa bene». La «Chiesa», però, non sembra identificarsi nelle grida di monsignor Grillo. Non ci sono ovviamente dichiarazioni ufficiali del Vaticano, ma non mancano le prese di distanza. Se il cardinale televisivo Ersilio Tonini si dice possibilista, il vescovo di Como Sandro Maggiolini è addirittura sdegnato: «Il clientelismo non mi piace - taglia corto -. Lo disapproviamo negli altri, e non vedo perché dovremmo usarlo proprio noi. E poi la Chiesa non solo non dovrebbe fare le raccomandazioni, ma do¬ vrebbe mettersi in condizione di non poterle neppure fare: noi non siamo una potenza mondana». Tonini scuote la testa. «Bisogna vedere il contesto - puntualizza -. Se io segnalo una persona a una ditta, senza nemmeno attendere o sollecitare una risposta, non faccio nulla di male. Diverso invece è il discorso se raccomando una persona per un concorso, con il rischio di manomettere la graduatoria. In quel caso, commetto un'azione ingiusta, perché mando avanti qualcuno ai danni di altri». Il distinguo, in realtà, regge poco. «Noi non possiamo creare disuguaglianze», dice Maggiolini. Nel pubblico come nel privato. «Certo - ammette Tonini - la pratica delle raccomandazioni non va ncoraggiata. Spesso però noi vescovi ci troviamo di fronte a richieste di aiuto da parte di persone veramente bisognose, come ad esempio extracomunitari. Se si tratta di una semplice segnalazione, non vedo controindicazioni. Anche perché le industrie assumono poi chi vogliono loro...». Guido Tiberga Mons. Girolamo Grillo

Persone citate: Ersilio Tonini, Girolamo Grillo, Guareschi, Maggiolini, Paolo Cirino Pomicino, Sandro Maggiolini, Tonini

Luoghi citati: Como, Italia, Peppone