L'urlo di Lorena: è lui ma fatemi andare via

L'urlo di Lorena: è lui ma fatemi andare via IL CONFRONTO DECISIVO L'urlo di Lorena: è lui ma fatemi andare via GENOVA DAL NOSTRO INVIATO «Posso fumare?». «No, qui non si fuma, signorina. E adesso cominciamo». E cominciano questi dieci minuti davanti allo specchio magico, dieci minuti per decidere chi dei quattro uomini in giacca e cravatta con numero appuntato sul bavero sia l'uomo che quella sera ti ha sparato nella pancia, Lorena, e ti ha lasciata in quasi agonia vicino ai cadaveri di due metronotte. «Scusi dottore, ma io devo fumare una sigaretta, sto troppo male». Ma il dottor Perelli, giudice per le indagini preliminari di Alessandria, questa sigaretta non gliel'ha lasciata fumare, a Julio Castro detto Lorena, viado bello, anzi bellissimo che ha lasciato a bocca aperta una catena di uomini, fino a quell'ultimo della Mercedes, quello che ad un certo punto del gioco ha tirato fuori una pistola e nemmeno davanti alla sua bella bocca ha esitato a sparare. E così, senza nemmeno la sigaretta e con appena una smorfia sulla famosa bocce, Lorena ha aggiustato le pieghe dell'abito longuette color grigio perla, e si è seduta davanti al dottor Perelli, ore 18 e 30 di giovedì, interrogatorio obbligato prima di affrontare lo specchio magico e il suo mancato assassino. Nome, cognome, età. Residenza? «Dall'avvocato Gianfranco Pagano». E a tutti i presenti stretti nella saletta del carcere di San Michele è scappato da ridere, mentre il severo dottor Perelli la correggeva: «Dall'avvocato Pagano non ci vive, magari ci avrà eletto domicilio, per questa storia, vero?». Vero, ma la residenza attuale di Lorena è una questura, visto che la persona «fidata» che la ospitava e la proteggeva da quel 24 marzo, doppio delitto sulla strada della Barbellotta, mercoledì mattina con Lorena ci ha litigato. O forse lei ha brigato con lui, sta di fatto che alle 10 ha chiamato con il suo cellulare la questura e ha detto «io qui non ci sto più, venite a prendermi». Mezz'ora più tardi era in questura, consegnata alla protezione di un ispettore e di un'agente donna, e due ore più tardi succedeva una cosa che l'ha solo spaventata: «L'abbiamo preso, è finita». Ma non è ancora finita, se Lorena adesso si trova in un carcere a raccontare questa faccia, sempre la stessa, «colore dei capelli?», «grigi, anzi brizzolati». «Colore occhi?». «Marrone, scuro». E forma del viso, taglio della bocca, colore delle gote, forma dell'orecchio. Orecchie? «Normali, normali». Mani. «Quelle me le ricordo benissimo, potrei riconoscerle tra mille». Naso, larghezza delle narici, voce. «No, la voce no, lei non può chiederle della voce». L'avvocato Franchini, difensore di Donato Bilancia, qui ha puntato i piedi. E allora interruzione, niente sigaretta, ma attesa per motivare se ammettere o no la domanda. Il gip si ritira, il gip respinge. Ma Lorena aveva detto che l'uomo con la pistola aveva una voce «strana». «Strana come? Baritonale?». «Non so cosa voglia dire, baritonale». «I cantanti lirici, Pavarotti, ad esempio...». Ma anche su Pavarotti (peraltro teno¬ re) Lorena non capiva, e alla fine si è arrivati a «voce gutturale, roca». Una voce che però non ha potuto risentire, e forse è andata meglio così, per Julio Lorena, pelle morbida e corpo assurdamente di donna, che ha stupito uomini e donne che non l'avevano ancora vista dal vero, l'altra sera al San Michele. L'avvocato Piero Veraetti e la sua collega Gabriella Contiero, ad esempio, legali di parte civile per la vedova del metronotte Randò, e l'avvocato Giuseppe Bologna, per la figlia Tiziana. L'avvocato Franchini, difensore di Bilancia, e persino la signora Maratta, segretaria del gip e abituata a verbalizzare di tutto, davanti a questa bella ragazza in abito castigato e occhiali da vista sottili, Armani o giù di lì. «Vede, questo è un incidente probatorio, cioè in tribunale avrà valore di prova, quindi dobbiamo rifare il riconoscimento da capo. E adesso che abbiamo messo nero su bianco i suoi ricordi possiamo passare allo specchio». Ma che specchio è, questa lastra affacciata su una stanza dove adesso entrerà qualcuno, «e siamo sicuri che lui non mi vede? Io ho paura, quello voleva ammazzarmi». E i magistrati Zucca e Canciani, e persino il procuratore di Alessandria Brusco, le hanno detto che 10 specchio è speciale, lui non ti vede, tu vedi lui e ci dici se è il diavolo della Mer.cedes. «Io voglio che i poliziotti mi stiano sempre vicini, però». Va bene, statele vicini. Andiamo? La stanza è più piccola, e quasi si soffoca, e Lorena si siede. Quattro uomini in piedi, giacca grigio scuro, camicia azzurrina. Cravatta a fantasia piccola. Numero uno, due, tre, quattro. Mani in evidenza. Sguardo. Il numero uno ha uno sguardo stanco, perché è uno che gli han chiesto per favore di andare, ma non è poliziotto e nemmeno carabiniere, uno di mezza età, perché la procura ha faticato a trovare tre «birilli» che somigliassero a Bilancia. Il numero due è un uomo tranquillo, che davvero non gli importa di essere lì, ma tanto bisogna farlo. 11 numero tre è uno un po' teso, si vede che ha paura. E' lui? Il numero quattro praticamente è uguale alla foto pubblicata su tutti i giornali, ma Lorena i giornali non li ha potuti vedere, quindi il riconoscimento è valido. Ma chi è? E' «quello»? Ma nel lampo che è stato il momento in cui Lorena si è seduta e ha guardato avanti, uno solo dei quattro ha puntato il suo sguardo di uomo tranquillo nel punto esatto dove pensava ci fossero gli occhi di Lorena, indovinando il punto e gli occhi e immaginandosi la paura di questa ragazza che è scattata come una molla, ha urlato «fatemi uscire», è scappata verso la porta. Tutti hanno avuto paura. Pausa, un caffè per Lorena, abbracciata alla poliziotta che le diceva «va tutto bene, lui non ti vede». Non ti vede ma c'è, Lorena. Non ti sente ma sa che hai paura. «Ricominciamo». «Sì». «Chi è?». «Il numero due». Sicura, signorina? «Sicura, ma voglio rivederlo di profilo. Quando è successo lui era seduto al posto di guida, lo vedevo di fianco». Una voce dice «Profilo!» nel microfono. «Il numero due, sono sicura». Cosa aggiungere? «Non lo voglio più vedere. Mi sento un po' meglio ma toglietemelo da davanti». E allora puoi andare, Lorena. Brunella Giovare P UNA SCIA Dl MORTE "1 Tessy Evelin Edoghaye. prostituta nigeriana, uccisa il 29 marzo 1998 a Cogoleto (Genova) Massimino Gualillo e Candido Randò, metronotte, assassinati il 24 marzo 1998 a Novi Ligure Kristina Kwalla Sljudmila Zubkova Elisabetta Zoppett OMICIDI PER CUI E' INDIZIATO Prostituta albanese, ammazzata il 14 aprile. Gli indizi: la pistola calibro 38, i proiettili scamiciati, la Mercedes nera, Dna dallo sperma Prostituta ucraina, uccisa il 18 marzo 1998, a Pietra Ligure. Gli indizi: la pistola calibro 38, i proiettili scamiciati, Dna da un mozzicone di sigaretta Prostituta albanese, assassinata il 9 marzo 1998, a Varazze. Gli indizi: la pistola calibro 38 Infermiera, uccisali 12aprile 1998, sull'Intercity per Milano. Gli indizi: la pistola calibro 38; i proiettili scamiciati e il Dna dallo sperma Maria Angela Rubino Enzo Gorni I fi M Colf, ammazzata il 18 aprile 1998, sul treno Genova-Ventimiglia. Gli indizi: la pistola calibro 38; i proiettili se miciati, il Dna dallo sperma Cambiavalute, ammazzato il 20 marzo 1998 a Ventimiglia. Gli indizi: la pistola calibro 38; i proiettili scamiciati; la testimonianza del cognato della vittima che ha visto l'assassino fuggire a bordo di una Mercedes scura e ora lo ha riconosciuto dalle foto pubblicate dai giornali; la presenza certa di Donato Bilancia nella zona quella stessa sera: alle 21.12 l'uomo è registrato in ingresso al casinò di Sanremo OMICIDI PER CUI E SOSPETTATO Giangiorgio Canu Luciano Marro Maurizio Parenti Bruno Armando Solari Giuseppe Mileto Il metronotte ucciso il 25 gennaio 1998 a Genova. Gli indizi: la pistola, una calibro 38; l'assassino ha avvolto la giacca del metronotte intorno all'arma; sembra che Canu volesse denunciare qualcuno per gioco d'azzardo Il cambiavalute ucciso il 13 novembre 1997 a Ventimiglia. Gli indizi: la pistola calibro 38 e la moglie Carla Scotto, uccisi il 24 ottobre '97 a Genova. Gli indizi: la pistola calibro 38; Parenti gestiva le scommesse clandestine nel centro storico; erano amici di Bilancia e la moglie Maria Luigia Pitto, 71 anni, gioiellieri, assassinati il 27 ottobre '97 a Genova. Gli indizi: la pistola calibro 38; Bilancia li conosceva Benzinaio ucciso sull'autostrada ad Arma di Taggia, il 22 aprile 1998. Gli indizi: una pistola calibro 38; la testimonianza di una cameriera dell'autogrill che ha riconosciuto l'assassino nelle foto del serial killer pubblicate dai giornali