Riforme, nel Polo c'è voglia di vertice di Alberto Rapisarda

Riforme, nel Polo c'è voglia di vertice Filli: «Rispetterà i patti? L'onere della prova spetta a lui». Berlusconi: la politica è compromesso Riforme, nel Polo c'è voglia di vertice Ma D'Alema rassicura: non sto remando contro ROMA. Lavori in corso per organizzare la seconda puntata della famosa cena in casa di Gianni Letta che servì a far partire i lavori della commissione per le riforme. Ora Forza Italia propone esplicitamente un nuovo incontro tra i capi dei partiti, ma non più di nascosto. ((Andare avanti pezzetto a pezzetto senza una intesa complessiva è seguire la strada del gambero», sostiene Enrico La Loggia. E i democratici di sinistra, di fatto, concordano. «Non c'è accordo politico (sulle riforme) - riconosce Cesare Salvi - e non è certamente tema per il quale siano sufficienti incontri di esperti». Cresce la voglia di «vertice», specie nel Polo, di pari passo con i timori e i sospetti che montano, in quella parte politica, sulle intenzioni di Massimo D'Alema. Perché il centro-destra comincia a pensare che il presidente deìla Bicamerale (e segretario dei ds) stia lavorando per tenersi due porte aperte. «Sia la riuscita delle riforme, che il loro fallimento e quindi le elezioni», come sostiene Giulio Maceratici, di An. E siccome sia Fini (che vuole il presidenzialismo) che Berlusconi (che vuole la riforma della giustizia), in fondo, alla riforme ci tengono e alle elezioni anticipate no, ecco che sembrano stare col fiato sospeso in attesa che D'Alema faccia la sua scelta. E, nel frattempo, misurano molto le parole per evitare di peggiorare la situazione. Silvio Berlusconi, per esempio, ora si presenta col volto del politico che vuole trattare senza ultimatum: (do credo che su certi principi non si possano fare compromessi, ma su molte cose si possono fare. Del resto, la politica è l'arte del compromesso. Ma non sui principi. Sui principi intendiamo essere inflessibili». I principi ai quali il capo del Polo più tiene, a quanto pare, è la divisione delle carriere dei magistrati giudicanti da quelli che indagano (i pubblici ministeri) e la posizione paritaria che difesa e accusa (i pubblici ministeri) debbono avere di fronte al giudice. Ai preoccupati compagni di strada della commissione per le riforme, il presidente D'Alema ieri ha dato tante e rassicuranti spiegazioni. Parla di «travisamenti» del suo pensiero, assicura di non voler polemizzare con nessuno. «La prossima settimana ci rimet¬ teremo seriamente al lavoro ed ho fiducia che il processo delle riforme potrà procèdere ih modo positivo». I ((travisamenti» ci sarebbero stati a proposito della sua proposta di rinviare l'esamtfidella riforma elettorale (Fini e Berlusconi lo hanno accusato di remare contro le riforme). «La questione della legge elettorale dopo, è una assoluta ovvietà - spiega - perché noi stiamo esaminando la riforma costituzionale. Quando avremo completato questo esame... Prima dobbiamo decidere a cosa deve servire il Parlamento poi, semmai, come lo si deve eleggere. Perché è evidente che nel momento in cui si discute di un Senato federale, la funzione dell'Assemblea deve essere definita prima della legge elettorale. E' una constatazione logica. Il che non significa affatto che io non voglia rispettare gli impegni». Poi, più tardi, ecco la voce di D'Alema che parla soprattutto come segretario dei democratici di sinistra e che sottolinea che il patto di casa Letta era solo una ipotesi e non una proposta di legge, che la riforma elettorale deve essere l'ultimo punto delle riforme e che, annota, «tutti i partiti hanno il dovere di ascoltare la società». , Un riferimento probabile alla faccolta,di firme in corso per il referendum contro la quota proporzionale («ogni riforma elettorale dovrà passare da quelle 500.000 firme», avvisa Antonio Di Pietro»). Un riferimento anche alla delicatezza della riforma della giustizia. «Se noi mettiamo la giustizia al centro della Bicamerale - spiega Cesare Salvi - daremmo al Paese una impressione sbagliata e cioè che c'è qualcuno che vuole fare le riforme soltanto per colpire la magistratura». Sono preoccupazioni di un partito che si è fatto molto attento agli umori dell'elettorato. Gianfraco Fini, presidente di An, prende atto dei chiarimenti di D'Alema: «E' significativo che abbia sentito la necessità di dire che rispetta i patti. L'onere della prova è a carico di D'Alema. Comunque, è ovvio che prima della legge elettorale si approvi la forma di governo - concorda Fini con D'Alema -, il problema è di carattere politico». Cioè, si tratta di capire se l'ordine del giorno di casa Letta «è ancora valido per D'Alema o non lo è più». Alberto Rapisarda Il leader dei socialisti democratici italiani Enrico Boselli

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