Il cinema militante del Maggio francese

Il cinema militante del Maggio franceseIl cinema militante del Maggio francese ■ L Maggio francese ha avuto I tanti e sorprendenti legami ■ con il mondo del cinema. Poco tempo prima, durante il mese di marzo del 1968, tutto il mondo del cinema era sceso in piazza per difendere Henry Langleis, il deus-ex-machina della Cineteca di Parigi che sembrava fosse allontanato da quell'istituzione. Due mesi dopo, le barricate nel Quartiere Latino vedevano come protagonisti molti di quei registi: Francois Truffàut (che stava girando «Baci rubati» e aveva organizzato le cose in modo da essere sul set al mattino e in piazza durante il resto della giornata), Jacques Rivette, Jean-Daniel Pollet, Philippe Garrel e altri. E Alain Krivine, uno dei leader della rivolta che era stato colpito da un mandato di cattura, trovava a lungo ospitalità nella casa di Juliette Greco, la musa dell'esistenzialismo; mentre un altro salotto importante che si apriva ai giovani rivoluzionari era quello di Jean Seberg, la meravigliosa attrice che era entrata nell'immaginario collettivo con i capelli corti che sfoggiava in «Fino all'ultimo respiro». Ma il Maggio non è stato solo una questione di presenza sul momento, ma di spirito nuovo con il quale si vedevano le stesse cose sulle quali si era discusso fino a un momento prima. Le riviste di cinema più importanti (i «Cahiers du cinema», «Cinéthique») diventano luoghi di dibattito politico, smettono di pubblicare foto, analizzano i possibili modi rivoluzionari di approccio al cinema. E gli autori più importanti si trovano a discutere di ipotesi collettive, rinunciando anche alla forma più naturale di narcisismo e cioè la propria firma in calce all'opera. Jean-Luc Godard, ad esempio, fonda il gruppo Dziga Vertov che ha come scopo la pratica politica all'interno del cinema. Ciascuno vive il Sessantotto come una straordinaria esperienza collettiva, come un passaggio fondamentale per la propria vita artistica e privata; e quelle barricate avranno un significato psicanalitico per Bertolucci («Partner»), di apertura verso il futuro per Chris Marker («A bientot, j'espère»), di radicalismo linguistico per Jean Eustache. Dal 4 al 13 maggio, la sala 2 del cinema Massimo propone una miscellanea di film francesi che in vari momenti hanno avuto il loro epicentro nel Maggio francese. La rassegna si intitola «Le joli mois de mai», il bel mese di maggio, un titolo che parafrasa un film precedente di Chris Marker, e comprende vari materiali. Si potranno rivedere i filmati prodotti dagli .Stati Generali del Cinema, l'organizzazione assembleare che si formò in quei giorni e che per un breve periodo ha unito cineasti di diversa provenienza uniti dalla considerazione che quanto era avvenuto non poteva passare senza traccia. E si giunge sino a «Morire a trent'anni», diretto nel 1982 da Romain Goupil, che racconta la storia di uno studente trotzkista che era stato uno dei tanti a scendere in piazza in quei giorni. Con il passare degli anni, lo sfocare del ricordo e l'imperversare del revival ha dato a quell'epoca e a quei giorni un'angolatura diversa, una lettura che si riduce a fatto emozionale e generazionale. Ma rivedere questi documenti restituisce lo spirito dei tempi e la difficoltà delle scelte, e soprattutto il senso di spartiacque che derivava dallo scendere o meno in piazza in quel mese che non avrà cambiato il mondo ma ha cambiato tutti quelli che hanno scelto di partecipare. Stefano Della Casa IlMaggio francese è al centro di una rassegna difilm in programma dal 4 al 13 maggio al Massimo Due Il cinema militante del Maggio francese

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