Riscoperta di Sandro Cappelletto
Riscoperta Napoli recupera Partenope Riscoperta AVEVA cominciato Benedetto Croce a dire che a Napoli una montagna di musica e di teatro attendeva di essere dissepolta. Verso il 1920, Stravinskij, stregato dal Sud, aveva riscoperto e reinventato Pulcinella e Pergolesi. Dopo di lui, chi ancora, magari in modo più ruvido, meno elegante, meno classico, avrebbe risteso al sole canovacci di commedie dell'arte, invocazioni arcaiche, gesti del teatro di strada, stracci di opere buffe, melodie che fanno allungare l'orecchio dalla Campania in giù, verso il tacco della Penisola e il Mare Nostrum, che è poi di tanti popoli diversi? Erano, quell'inizio dei Settanta, gli anni in cui Pasolini andava maledicendo la lingua uniforme e plastificata che sbiascichiamo tutti, da Nord a Sud, ogni giorno più globale, più povera. La riscoperta «colta» di Totò rappresentava questa sfida: sottrarre la parola non codificata al consumo dell'avanspettacolo, restituirla al suo valore misterioso, dunque sacro. Le culture locali, soffocate dalla necessità di formare una nazione che parlasse la stessa lingua, chiedevano di essere di nuovo ascoltate. E c'era una capitale che riscopriva se stessa oltre l'immagine dei due pini e del pennacchio di fumo sopra il Vesuvio. Con gioia e con rabbia, per gli stupri subiti negli anni delle «mani sulle città», Napoli si ricordava di essere stata Partenope. La gatta Cenerentola, che nel 1976 Roberto De Simone inventa con Antonio Sinagra e la Nuova Compagnia di Canto Popolare, è questa rivelazione e si impone con l'evidenza di una verità naturale: Jesce sole può diventare l'emblema di tale resurrezione. Non canzone napoletana, non salotto fine secolo, non lingua sanremese parlata nel Golfo: semmai, intonata in Miezzu 'u mare da un coro di lavandaie. Commedia e tragedia: la Villanella e i Madrigali, e le grida incomprensibili; il dolce bel canto portato su labbra femminili non educate alla lirica e il suicidio del/emminieHo, l'adolescente dalla cui bocca esce quella voce ambigua, né di uomo né di donna, che ora è diventata anche moda (controtenori, sopranisti, falsettisti), ma allora apriva una pagina tanto seducente quanto atroce della nostra vicenda musicale e culturale, figlia della povertà e del sacrificio di ogni morale al piacere tutto barocco della maraviglia. Nel Settecento, Neapolis la chiamavano Castrapolis. De Simone, allora, non si era ancora persuaso della delizia che fu il regno borbonico, né innamorato dell'idea di una secessione tutta partenopea, anti-risorgimentale e anti-romantica. Compositore e uomo di teatro, accarezzava l'utopia di imo spettacolo che, raccontando la violenza e il desiderio di abbandono della sua gente, mostrava la ricchezza della sua cultura. La storia incontrava la favola, e La gatta aveva trovato la chiave per riuscire a farsi capire ovunque. Come accade alle creazioni più vere, non avrebbe avuto imitazioni credibili. Sandro Cappelletto
Persone citate: Antonio Sinagra, Benedetto Croce, De Simone, Pasolini, Pergolesi, Roberto De Simone, Stravinskij
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