«QUESTA E' LA DEMOCRAZIA» di Gabriele Ferraris

«QUESTA E' LA DEMOCRAZIA» LO DICO A TORINOSETTE «QUESTA E' LA DEMOCRAZIA» «Un articolo sulla Sindone» «La mostra è della Regione» Arrogante • superficiale Leggo su TorinoSette di venerdì 16 aprile u. s. un articolo a firma Gabriele Ferraris dal titolo «La ricreazione è finita qui?», sul quale vorrei sottoporre alcune mie riflessioni. Ritengo alquanto superficiale l'analisi di Ferraris a difesa di un imprecisato «progetto culturale» di Torino, per 1 affermazione del quale egli chiede a «lorsignori di smetterla di trastullarsi con le loro risibili manovre, di por fine alla ricreazione, e di dedicarsi all'attività per la quale li abbiamo eletti e li paghiamo: amministrare». Non è l'arroganza, né il modo confuso e insulso, con il quale Ferraris vorrebbe «recuperare i cervelli in fuga, dare spazio alla società civile, rintuzzare le logiche spartitone, azzerare le rendite di posizione, sottrarre le poltrone al saccheggio partitico», che mi urta. Ciò che mi sorprende sono i soggetti a cui lui si rivolge. L'«amministrare» in un sistema democratico si svolge in un contesto di confronto tra maggioranza e opposizione. E non devo certo io ricordare che compito della minoranza è quello di contrastare l'azione amministrativa dell'esecutivo, della quale non condivide il programma politico. Dall'articolo di Ferraris, questi elementari principi di democrazia vengono offusca- ti e sostituiti da un quadro in cui ad una generica autorità politica (senza maggioranza e senza opposizione) si contrappone una altrettanto generica società civile. Venerdì 24 aprile, Ferraris torna sull'argomento («I servitori del cittadino») e completa il suo pensiero, colpendo la sola opposizione per assolvere la maggioranza. Infatti, è la minoranza (di cui faccio parte) ad ostacolare il carnmino dell'approvazione del bilancio regionale ed è appunto alla minoranza che Ferraris chiede di far cessare «le risibili manovre», sposando in pieno la tesi della Giunta e di quel «potere», a cui Ferraris sembra «onestamente» disinteressato. Inoltre, con richiami da «razza padrona» si rivolge ai politici «nostri dipendenti per rimproverargli se ciurlano nel manico, per esprimere tutte le nostre perplessità sui loro servigi, e in estrema ipotesi metterli alla porta qualora perseverino in un atteggiamento ribaldo o infingardo». Ritengo questa una cattiva prova di onestà intellettuale, ma soprattutto un cattivo servizio all'informazione e alla democrazia, che come i festival e le mostre non sono «fanfaluche di secondaria importanza». Pasquale Cavaliere Capogruppo Verdi e democratici Nel primo articolo richiamavo l'attenzione sul disagio espresso, in un pubblico appello, da 27 associazioni culturali; nel secondo mi riferivo al diritto di tali associazioni di esprimere detto disagio senza subire reprimende. Su arroganza e insulsaggine, giudichino i lettori. fó. fer.] Grazie a Calcagno Sono una cristiana di fede tiepida e vacillante ma voglio ringraziare il vostro Giorgio Calcagno per il toccante, conciso ed umano articolo scritto su TorinoSette dal titolo «La Sindone e il dolore dell'uomo». Giovanna Montanari, Torino La mostra e la Regione L'articolo comparso su TorinoSette n. 485 a firma Guido Curto, recensisce generosamente e come sempre in modo brillante la mostra di Piero Ruggeri aperta negli spazi di Palazzo Bricherasio. Però l'articolo prende il via con un'altra iniziativa in corso nello stesso Palazzo Bricherasio (nelle sale storiche) e il lettore può trarne l'impressione che entrambi gli eventi siano organizzati dalla Fondazione Palazzo Bricherasio, il che è errato. Infatti la mostra di Piero Ruggeri è organizzata, voluta (e pagata) dalla sola Regione (assessore Giampiero Leo, dietro «suggerimento» dell'on. Picchiola) e semplicemente ospitata negli spazi espositivi del Palazzo. Certamente questo nasce grazie ad un rapporto di convenzione fra la Fondazione Palazzo Bricherasio e la Regione, in quanto è stata da tempo concordata la disponibilità degli spazi per almeno una mostra all'anno interamente realizzata dalla Regione, al di fuori dei programmi della Fondazione. Studio Braidotti, Torino Le lettere devono essere indirizzate a «Lo dico a TorinoSette», vMarenco 32, 10126 Torino oppure faxate al numero 663.90.36 (prefisso Oli)

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