Un secolo allo stadio

Un secolo allo stadio L'8 maggio del 1898 nasceva a Torino, il campionato di calcio: quattro squadre in lizza Un secolo allo stadio IL campionato di calcio compie cent'anni. Nacque l'8 maggio del 1898 a Torino, fra quattro I squadre. Fu consumato tutto in un giorno. Vinse il Genoa Cricket and Athletic Club. Con i suoi miti, le sue imprese, i suoi imbrogli, è diventato un grande romanzo popolare: forse il più suggestivo e coinvolgente. Ha accompagnato la storia del Paese, cullandone i gusti, marchiandone i costumi; si è arreso soltanto alle guerre. La pittoresca saga che unisce l'epopea dei pionieri (bandane, baffi a manubrio, mutandoni, lessico squisitamente british) al miliardificio di Ronaldo ha distillato amori, furori, veleni. Grazie a esso, o per colpa sua, siamo tornati al campanile, ai Comuni, alla linea Gotica di una rivalità chiassosa, sfrontata, infantile. L'Italia di fine secolo aveva trentatré milioni di abitanti, lo stipendio di un operaio metalmeccanico oscillava fra le 50 e le 70 lire; un chilo di carne di manzo ne costava 1,29; un quotidiano, cinque centesimi. Il 6 e 7 maggio, a Milano, il generale Fiorenzo Bava Beccaris aveva ordinato di sparare sulla folla, in rivolta per il rincaro del prezzo del pane. Si contarono ottanta morti e quattrocentocinquanta feriti. Il 1898 è l'anno del j'accuse di Emile Zola, della scoperta del radio da parte dei coniugi Curie, della fondazione della Goodyear e della Renault Eduardo Di Capua compone 'O sole mio. Italo Svevo pubblica Senilità. Lé pagine sportive dei giornali sono un inno alla bici. Di football si parla poco. Lo han no inventato gli inglesi. C'è una data precisa: il 26 ottobre 1863. E un luogo altrettanto sicuro: la taverna dei Frammassoni (Free Masons Tavern) a Londra. In pratica, fu uno scisma: i paladini del gioco con i piedi si staccano dagli ae di del gioco con le mani (il rugby, già in auge da tempo) Le origini sono così plebee, e così volgari, da indurre Ru dyard Kipling a scrivere: Voi che saziate le vostre piccole anime/con gli stupidi in flanel la del cricket/e gli idioti fangosi del football... Lo strumento della rivoluzionaria svolta è una palla. Nel 206 avanti Cristo in Cina si praticava un gioco chiamato tsu-chu, dove tsu sta per «colpire col piede» e chu sta per «palla fatta di pelle e riempita in qualche modo»: anche di capelli femminili. I Greci ' antichi si dilettavano con l'episkyros, tradotto dai Romani in harpastum (dal greco arpazo: strappare a forza, afferrare), una via di mezzo fra il calcio e il rugby. Ci scommetteva persino Cesare. Ovidio lo sconsigliava alle matrone: di classe e non. In Britannia teneva banco l'hurling, verbo inglese di radice scandinava: colpire, scagliare. A detta di Gian Paolo Ormezzano, «probabilmente il. vero, autentico, antenato del gioco del calcio». Gioco che anche Shakespeare aborriva, se è vero, com'è vero, che, per offendere Osvaldo, re Lear e il conte di Kent ricorrono a una gamma di epiteti oltraggiosi che non risparmia nemmeno l'ultima moda: «Impostore, bastardo, animale, schiavo, mascalzone e abietto giocatore di football». In Italia, c'era il calcio fiorentino. In Italia, il football lo porta, nel marzo del 1887, Edoardo Bosio, torinese, commerciante di articoli ottici. In missione a Londra, assiste a una partita, ne fiuta il fascino, si lascia contaminare. Al rientro, precetta una dozzina d'impiegati e mette su una squadra. Il virus contagia l'aristocrazia torinese: fra i più esuberanti, il Duca degli Abruzzi e il marchese Ferrerò di Ventimiglia. Le «bande» di Bosio e del Duca si sfidano e si spremono fino a fondersi nell'Internazionale Football Club Torino. E' il 1891. Due anni dopo, la sera del 7 settembre, a Genova un gruppo di affaristi inglesi, con la complicità del console britannico, mister Payton, costituisce il Genoa Cri¬ cket and Athletic Club. Basta leggere il nome per rendersi conto di come, in verità, il calcio non sia ancora la locomotiva, ma un vagone, in coda al cricket (appunto) e alla ginnastica. Non già fulcro del nuovo mondo, ma periferia. Ci pensa James Spensley, un medico inglese, a dare la scossa. Appena sbarcato, ne diventa capitano e factotum; il 10 aprile 1897, apre il sodalizio a soci italiani. A fine anno, il Genoa ha il suo primo campo da gioco, a Ponte Carrega. Il 6 gennaio del 1898 vi ospita l'Fc Torinese, che vince 1 -0, in virtù di un gol (si scrive goal, all'inglese) di un certo Savage. Per un biglietto, si paga una lira: i soci, la metà; una lira anche per l'affitto di una sedia; a carico dei giocatori sono divise, albergo e tra¬ sferta in tram a cavallo. Passano alcuni giorni e, con l'aggiunta della squadra di Alessandria, viene allestito un triangolare che fungerà da prova d'orchestra per l'immanente irruzione del vero e proprio campionato. Nel frattempo, il 26 marzo 1898, nasce, a Torino, la Federazione italiana di Football. Il dado è tratto. Sono quattro i sodalizi iscritti alla Federazione e, di conseguenza, protagonisti del torneo inaugurale. Non c'è l'Alessandria che, come ha scritto Massimo Perrone sul Corriere dello Sport-Stadio, si ritenne danneggiata nel triangolare citato poc'anzi. Lo stesso triangolare per il quale il Genoa era partito ventiquattr'ore prima convinto di aver prenotato un albergo (a Torino), salvo ritro- varsi in una stamberga: «Con l'accompagnatore ufficiale costretto a passare la notte su una sedia». Il grande giorno è l'8 maggio, una domenica. In lizza il Genoa e tre società cittadine: l'Internazionale (nulla a che vedere con l'Inter di Milano), il Football Club Torinese, la Società Ginnastica Torinese. In palio, il primo titolo di campione d'Italia: una coppa d'argento e undici medaglie d'oro, non ancora lo scudetto, visto che il triangolino di stoffa tricolore, simbolo della supremazia nazionale, sarà istituito molto più tardi, all'alba della stagione 1924-'25: e sotto Mussolini ospiterà, addirittura, il fascio littorio. Si gioca a Torino, dalle parti di Porta Susa. Alle 9 di mattina, non più di cinquanta spettatori fanno da cornice a Internazionale-Torinese 1-0: nessun giornale riporta l'autore del primo, storico gol del primo storico campionato. Alle 11, il Genoa regola la Ginnastica per 2-1. Un rinfresco offerto dalla Campari introduce la finalissima, in programma alle tre del pomeriggio. Di scena, Genoa e Internazionale. Gli spettatori sono diventati un centinaio, per un incasso di 197 lire e 50 centesimi. Vince il Genoa, 2-1, nei tempi supplementari. Genoa che, in attesa del leggendario rossoblu, sfoggia maglie bianche (biancoblù a strisce l'anno dopo, granatablu scuro nel 1901). La formazione di quel primo «scudetto»? Eccola: Spensley in porta; poi Leaver, Bocciardo, Dapples, Bertollo, Le Pelley, Ghiglione, Pasteur II, Ghigliotti, De Galleani, Baird. La Gazzetta dello Sport dedica all'evento ventisei righe: «... I genovesi, quantunque si trovassero con un bravo giuocatore fuori combattimento in causa d'una caduta, riuscirono a vincere... L'onore dell'ultimo punto spetta al socio Leaver». Prosa aulica, rispettosa del sudore e dell'ardimento. Nel 1898, per la cronaca, i maestri inglesi erano già al decimo campionato. E nel 1896, sempre per la cronaca, la Società Udinese di scherma e ginnastica si era ag- giudicata una sorta di campionato italiano, mai riconosciuto a livello ufficiale, superando la Società Ginnastica Ferrara. Cent'anni. L'arbitro (il referee) dirigeva da bordo campo: ed era, spesso, un dirigente delle due squadre contendenti; soltanto a partire dal 1909, si trasformerà in un notaio al di sopra delle parti. Le reti non esistevano. Per stabilire se la palla fosse entrata o meno, l'ultima parola spettava al «giudice di porta». Un secolo dopo, siamo qui a invocarne accanitamente il ripristino, in alternativa all'impiego di sofisticati sensori, dal momento che i gol fantasma continuano a perseguitarci, come se qualcuno, geloso dall'aspetto lotteristico, avesse fermato il tempo. Paradossalmente, l'Europa unita e la sentenza Bosman hanno introdotto quel libero mercato che già, gracile e inconsapevole, si protendeva all'origine. Intorno, è saltato per aria tutto. Dentro alla partita, poco. Non a caso, il calcio passa per una delle discipline più conservatrici. Per molti, un limite; per noi, una fortuna. L'8 maggio del 1898 resta un alito di agonismo che, negli anni, si è fatto cuore, e poi muscolo, e poi corpo, gonfiato dagli anabolizzanti degli sponsor e delle televisioni. Oggi si va in Borsa (la Lazio), c'è il fine di lucro e si profila un rodeo sopra-nazionale, a tiratura continentale. Il passato non ritorna, ma aiuta a fissare i paletti, a selezionare le emozioni, a misurare la crescita e i suoi degeneranti eccessi. Il primo campionato raggruppò un centinaio di tifosi. L'ultimo, ne ha chiamati a raccolta nove milioni. Il terreno spelacchiato di Porta Susa è stato inghiottito dal cemento, ma non espulso dalla memoria. Perché in un giorno, uno solo, si potesse creare un altro mondo, «quel» mondo, ci voleva il più formidabile dei big bang. Una passione profonda, drastica, incendiaria. Un'intuizione assolutamente geniale. Il campionato ci ha cambia ti. Fuori. Dentro. Comunque. E non solo per gioco. Altro che Internet. Roberto Beccantini Iprotagonisti di un torneo che si svolse in una giornata La vittoria andò al «Genoa Cricket and Athletic Club» Torino, colo allo stadiota è Cri gioe tsu e» e pelle do»: ili. I vano dai Qui accanto, un disegno di Cagli; in alto a destra il calcio fiorentino; sotto, il Genoa nel 1898; a destra, il generale Bava Beccaris il campionIptoinvl'stul'litaalasncddvfptdttdntnsdm1 Qui accanto, un disegno di Cagli; in alto a destra il calcio fiorentino; sotto, il Genoa nel 1898; a destra, il generale Bava Beccaris