Delfino rispedito in carcere di P. Col.

Delfino rispedito in carcere No ai domiciliari Delfino rispedito in carcere e o a BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO Preceduto da un «sosia» (per un inutile depistaggio dei giornalisti) e scortato da un nugolo di poliziotti, alle due del pomeriggio Francesco Delfino ha varcato nuovamente le porte del carcere militare di Peschiera del Garda. Non è stato semplice far rientrare il generale nella sua cella: in mattinata infatti, la direzione della caserma-prigione, aveva fatto sapere di non essere attrezzata per garantire una normale assistenza medica al detenuto eccellente. E soltanto l'intervento del gip Roberto Spanò, che ha minacciato di rivolgersi al ministero, ha convinto i militari ad accogliere nuovamente Delfino. Dunque, nulla è stato creduto di quanto ha detto e fatto il generale finora: né la sua difesa, né il tentativo di suicidio (definito dai periti d'ufficio un «atto dimostrativo»), fino ai dubbi sul suo effettivo stato di salute giudicato dai medici nominati dal gip, contrariamente a quanto scritto da quelli delle difesa, «compatibile» con la detenzione in carcere. Così il gip Roberto Spanò ha respinto con un no secco la richiesta di arresti domiciliari avanzata la scorsa settimana dai difensori. «E' una decisione profondamente ingiusta», dice l'avvocato Raffaele Della Valle. «Mi auguro che le condizioni del generale non peggiorino perché se così fosse qualcuno dovrà assumersi le poprie responsabilità in sede civile e penale». Delfino rimarrà in carcere sorvegliato a vista 24 ore su 24 in attesa che, dopo l'incidente probatorio previsto per mercoledì prossimo, si esprima il tribunale della libertà cui si sono rivolti i suoi avvocati non escludendo di poter sollevare anche un'eccezione di competenza territoriale per trasferire l'inchiesta a Roma. La procura sembra intenzionata ad aprire nuovi fascicoli stralcio nei confronti dell'alto ufficiale dei carabinieri, accusato di aver estorto un miliardo alla famiglia Soffiantini promettendo un'impossibile liberazione dell'imprenditore di Manerbio. Nel corso delle indagini sarebbero emersi infatti episodi collaterali che configurerebbero nuove contestazioni di reato. Si va dalla consegna di un Rolex d'oro fatta da Alghisi in cambio dell'avvicinamento a Menerbio di un giovane carabiniere di leva, alla gestione sospetta della cassa della Scuola dei carabinieri di cui Delfino era il responsabile. Inoltre in questi giorni la procura è stata sommersa di lettere anonime. Alcune giudicate «interessanti». Anche perché diversi imprenditori si sarebbero recati dai magistrati per raccontare di prestiti «forzati» rilasciati a Delfino per coprire la sua passione per il gioco del Lotto. Infine, ieri mattina, il pm milanese Alberto Nobili ha consegnato ai colleghi bresciani due grossi faldoni con le carte di una sua vecchia inchiesta su Delfino, archiviata nel '93 per intervenuta prescrizione dei reati. Nobili fece anche delle indagini patrimoniali, scoprendo che Delfino disponeva di una dozzina di auto d'epoca che, stando ai sospetti emersi durante gli accertamenti, avrebbe utilizzato, vendendole volta per volta a prezzi gonfiati, per camuffare versamenti ricevuti da imprenditori che eseguivano lavori di ristrutturazione nella sua caserma di Alessandria. [p. col.]

Persone citate: Alberto Nobili, Alghisi, Francesco Delfino, Raffaele Della Valle, Roberto Spanò, Soffiantini

Luoghi citati: Alessandria, Brescia, Manerbio, Peschiera Del Garda, Roma