Il vicecaporale: «Dò la mia vita per il Papa» di Giovanni Bianconi

Il vicecaporale: «Dò la mia vita per il Papa» Atto d'accusa nella lettera d'addio: «Estermann mi minaccia e mi ha negato la medaglia» Il vicecaporale: «Dò la mia vita per il Papa» Lefamiglie si scambiano un segno di pace ROMA. Il vescovo svizzero che celebra le esequie cerca di dare uno sbocco alla tragedia: «Dio gli perdonerà ciò che ha fatto per la fragilità della condizione umana», prega, mentre benedice la baradel vicecaporale delle guardie papali Cedric Tornay. I familiari del ragazzo e quelli delle sue vittime - il comandante Alois Estermann e sua moglie Gladys - tentano di sopravvivere scambiandosi un segno di pace, entrando ciascuno nel dolore dell'altro, almeno per un momento. L'emozione, tra gli oltre 300 presenti accalcati nella chiesa di Sant'Anna, cresce fino a sciogliersi nel pianto di tanti, guardie svizzere comprese. Non c'è imbarazzo a celebrare il secondo funerale del dramma che si è consumato dentro le mura leonine, forse anche perché l'omicida-suicida, che ora riceve la benedizione del vescovo, era un cattolico fervente, che ha avuto l'ultimo pensiero per Giovanni Paolo II. «Dò la mia vita per il Papa», è la frase conclusiva della lettera-testamento lasciata da Tornay prima di andare ad uccidere e uccidersi. Un atto d'accusa contro le supposte ingiustizie subite: «Dopo tre anni, sei mesi e tre giorni non mi hanno dato la medaglia», ha scritto tra l'altro il vicecaporale. Fuori dalla chiesa di Sant'Anna, la madre di Corinne, una delle ragazze che sono state fidanzate con il giovane omicida-suicida, riferisce i discorsi di Tornay sul suo comandante. «Appena mi promuoveranno ti renderò la vita difficile», diceva Estermann al vicecaporale, secondo il racconto della donna. «Eravamo la sua famiglia, veniva spesso da noi - continua la madre di Corinne -. Quando veniva in casa nostra Cedric si confidava con noi come se fossimo i suoi genitori, raccontandoci le angherie che subiva. L'unica cosa che aspettava era la promozione, quell'onorificenza che per tutte le guardie svizzere rappresenta il massimo traguardo. Il comandante gliel'aveva più volte negata e Cedric non l'aveva accettato. Forse è stato proprio questo a scatenare la sua follia». La famiglia vera di Tornay parla sotanto attraverso Melinda, la sorella rimasta in Svizzera che continua a ripetere di aspettare la verità. Hanno la lettera, i familiari, con l'accenno a un gesto di liberazione per sé e per i suoi commilitoni che Cedric pensava di compie re. «Devo evitare altre ingiusti zie... Lo faccio per il Corpo - ha scritto ancora Cedric Sono stato costretto a farlo». Da Mauritius è arrivato anche il padre del ragazzo, separato dalla madre. Quando la bara esce dalla chiesa di Sant'Anna, per tornare nella camera ardente, dietro al feretro scortato da sei guardie svizzere in alta uniforme, ci sono la signora Tornay e una figlia; dietro, il padre. E poi il serpente colorato dei commilitoni di Cedric. Il quotidiano svizzero «Le Matin» pubblica un'intervista anonima con una delle guardie che sono state al fianco di Tornay fino all'ultima sera. E' un vero e proprio sfogo, che tradisce l'amarezza che si respira adesso (ma forse per qualcuno anche prima) tra i soldati del Papa. «Il colonnello Estermann dice l'intervistato - non sopportava Cedric. Secondo me, gli capitava di perseguitarlo, usando il suo potere e la sua autorità». La strage di lunedì sera, continua la guardia senza nome, «è assurda e avrebbe potuto essere evitata. Oggi tutti parlano del comandante come di un uomo tanto buo¬ nlcmn no, bravo e corretto. Invece si parla poco di Cedric, che ha ucciso, certo, ma aveva dei meriti. Estermann faceva il duro, il mio amico ne soffriva molto, a tal punto che i due ultimamente non si sopportavano più. Cedric voleva maggiore libertà, gli capitava di non rispettare il regolamento, ma solo per piccole cose. Forse sarebbe stato più giudizioso parlare con lui, provare a capirlo o almeno ad ascoltarlo, cosa che il colonnello non ha fatto». Anche il commilitone ricorda la negazione della medaglia al merito: «Cedric si era sentito umiliato, c'è stato un violento alterco con il comandante». Finché tutto non è esploso nei cinque colpi sparati da Tornay nell'appartamento di Estermann (il quale, secondo il quotidiano popolare tedesco «Berliner Kurier», avrebbe lavorato come spia per la Stasi, la polizia segreta della Ddr). Cinque colpi sui quali continua l'inchiesta del «promotore di giustizia» del Vaticano, Nicola Picardi. Mentre vengono ascoltati i primi testimoni, sulla lettera di Tornay è stata ordinata una perizia calligrafica, così come - oltre alla prova del guanto di paraffina sui tre cadaveri - una perizia tossicologica stabilirà se c'era qualche strana sostanza nel corpo delle tre vittime. Per sgombrare il campo da ogni dubbio. Giovanni Bianconi Una guardia svizzera «Lo umiliava c'era stato un violento alterco col comandante» I funerali del vicecaporale Cedric Tornay nella chiesa di Sant'Anna in Vaticano

Luoghi citati: Ddr, Roma, Svizzera