Fini: D'Alema vuol suicidare la Bicamerale di Antonella Rampino

Fini: D'Alema vuol suicidare la Bicamerale I popolari: l'accordo sulla giustizia è vicino. Ma Folena e Pera smentiscono: non c'è trattativa Fini: D'Alema vuol suicidare la Bicamerale «Se ha cambiato idea, lo dica» ROMA. Per fare le riforme «occorre grande calma e pazienza», ha detto il Capo dello Stato. Parole dette a Stoccolma che fotografano bene la situazione in atto, ieri, a Roma. Le riforme costituzionali navigano in mare aperto, con Fini che rimprovera mancanza di chiarezza a D'Alema, accusandolo addirittura di voler fallire nella sua stessa opera di presidente della Bicamerale, e con Berlusconi che si mostra sconsolato e scontento, e se la prende anche lui con D'Alema, «la legge elettorale non può essere esaminata per ultima, come dicono a Botteghe Oscure, perché è la premessa della riforma costituzionale». Insomma, «una Bicamerale che cammina a fari spenti», per dirla con l'immagine di un ex polista, Clemente Mastella. Intanto, il responsabile dei popolari per la giustizia Pietro Carotti, un uomo molto più vicino a Marini del predecessore Gargani, nel tentativo di trovare un'accordo a tutti i costi, illustra ai giornalisti una dettagliatissima piattaforma d'accordo sulla giustizia, il punto sul quale le posizioni di maggioranza e opposizione, leggi democratici di sinistra e Forza Italia, sono più distanti. Netta separazione tra chi giudica e chi inquisisce, fissata come principio in Costituzione, e dettagliata poi con legge ordinaria, e stes- so trattamento per terzietà del giudice e composizione del Csm. E' la vecchia «piattaforma» che la maggioranza vorrebbe far sottoscrivere ai capigruppo di tutte le forze politiche, un nuovo patto della crostata di cui si parla da un paio di settimane e che non ha ancora visto la luce. «Il livello dei dialoghi è tale che se l'accordo non si raggiunge è solo perché non lo si vuole» dichiara l'ottimista responsabile della giustizia dei popolari, raccontando ai giornalisti di «colloqui bilaterali», e pronosticando risultati positivi nel giro di una settimana. Ma sarà un eccesso di ottimismo, sarà un tentativo di forzare la mano in modo da chiudere una questione che si trascina dalla prima riunione nella Sala della Regina, fatto sta che nel giro di un paio d'ore arriva la doccia fredda. Secchissimo il comunicato di Pietro Folena, omologo di Carotti a Botteghe Oscure: «Smentisco categoricamente di star partecipando a qualsiasi trattativa sulla giustizia». Mentre il plenipotenziario di Berlusconi, il professor Marcello Pera, che sullo stato dell'arte delle trattative butta acqua sul fuoco già da un paio di giorni, dice di non vedere Folena «dai tempi di Giosafat». La metafora ha qualche significato, perché si tratta pur sempre di un re che introdusse riforme bibliche, ma Pera ci tiene anche ad essere chiaro: «Forza Italia chiede in materia di giustizia cose che, se non venissero inserite in Costituzione, ci verrebbero poi prescritte dall'Unione europea. Il pds lo sa benissimo, ma tiene anzitutto a non scontentare la propria base, quella, per capirci, che ha eletto Di Pietro. E invece dovrebbero essere più coraggiosi: aspettiamo pazientemente che superino lo stesso travaglio che hanno vissuto per il 513». I contatti per ora sono molto informali: tutto quello che c'è è che maggioranza e opposizione si sentono, in proposito, ogni tanto al telefono. Intanto il Polo va all'attacco del presidente della Bicamerale, assumendo posizioni di bandiera che puntano ad alzare il prezzo nella trattativa. Lo stesso Fini, che con D'Alema in materia di riforme sembrava avere una forte sintonia, ora gli rimprovera la mancata «corrispondenza nei fatti di quello che auspica a parole». D'Alema dica perché ormai rema quotidianamente contro le riforme, chiede Fini. E, aggiunge, «se ha cambiato idea sulla legge elettorale, lo dica chiaramente». E Urbani, che della Bicamerale è vicepresidente, va all'attacco per conto di Berlusconi: «D'Alema va avanti giorno per giorno, e questo non aiuta le cose. Se cade la Bicamerale, cade anche il governo: il tempo utile per cambiare il corso delle cose è un paio di settimane». Il pericolo è che sia cominciato lo scaricabarile: di chi sarà la colpa, se le riforme falliscono? Antonella Rampino Massimo D'Alema leader dei democratici di sinistra

Luoghi citati: Roma, Stoccolma