La caccia a temine e sigarette

La caccia a temine e sigarette RETROSCENA I DETECTIVE DELL'ARMA La caccia a temine e sigarette Così è stato ottenuto il Dna del sospettato GENOVA DAL NOSTRO INVIATO Gli occhialini azzurri di Luciano Garofano, maggiore dei carabinieri, devono essere una «licenza» meritata sul campo. Modesto, pacato, modera le parole e smussa gli aggettivi, ma non ilesce a spegnere la soddisfazione che ha negli occhi: se Donato Bilancia è in un carcere, se non potrà uccidere più, gran parte del merito è di questo ufficiale e dei quaranta fidatissimi uomini che lavorano con lui a Parma, al Centro Investigazioni Scientifiche dell'Arma, in un laboratorio quasi sacerdotale, che richiama alla mente un centro della Nasa. «Con tutte le provette in fila, come fossero anche loro carabinieri», spiega con orgoglio un alto ufficiale. In tema di Dna, Garofano ha pochi emuli al mondo: 46 anni, laureato in biologia, passioni per il lavoro e per la pesca subacquea, una carriera tutta scientifica (se si eccettua il comando territoriale della compagnia Torino Mirafiori, un passaggio reso obbligato dalle ferree normative di carriera), è certificato daU'Fbi, è membro dell'European Forensis Science Institute, è stretto collaboratore di Bruce Budlov, il biologo forense più famoso d'America. Ieri ha cercato di spiegare i retroscena scientifici di un'investigazione complessa, però vincente. Con momenti anche molto «particolari» quando, una volta arrivati ad una ristretta rosa di possibili responsabili, si è trattato di stringere il cerchio. «Avevamo il Dna dell'assassino della prostituta nigeriana, dovevamo compararlo con quello dei possibili colpevoli» Così il Nucleo operativo di Genova ha iniziato una singolare caccia ai reperti utili per determinarlo: mozziconi di sigarette buttati per strada, tazzine del caffè lasciate sui banconi del bar, capelli eventualmente caduti sui sedili dei treni. Tre persone sospette sono state pedinate per settimane, per ottenere da loro una qualsiasi «traccia organica». La svolta è stata proprio una tazzina usata dal Bilancia, carpita da un brigadiere in un baretto vicmo a Brignole. Non poteva essere «sequestrata», così il militare si è finto mago, inventato che quel fondo di caffè era davvero nefasto e che avrebbe potuto «provocare il malocchio». Così il barman nulla ha obiettato al prelievo della tazzina che, chiusa in un cellophane a tenuta stagna, è stata subito spedita al Centro Investigazioni Scientifiche di Parma. Sotto il microscopio elettronico, la tazzina «Segafredo» ha rivelato la microtraccia giusta, che ha consentito le comparazioni con il Dna dell'assassino di Evelin. Il primo dato positivo è arrivato il mattino del primo maggio, dopo una notte di lavoro. Garofano, non era ancora giorno, ha subito chiamato il maggiore Ricciarelli, capo del Nucleo Operativo di Genova: «E' lui, ne siamo sicuri». La palla è allora passata ai militari della territoriale che hanno inoltrato un rapporto ricco di certezze alla procura, ricevendo in cambio un'ordinanza di custodia cautelare che non è stato semplicissimo eseguire. Perché Bilancia, attento a muoversi in zone che conosce perfettamente, non era facile da pedinare costantemente. E lui ne aveva approfittato, facendo perdere le sue tracce, anche grazie a qualche trucco: niente Mercedes (nascosta in un garage), niente più vestiti eleganti, nessun ingresso al casinò di Sanremo e nessuna puntata a Montecarlo. Così, ridotto quasi ad un barbone, in tuta e con la barba lunga, stava cercando di ritagliarsi un nuovo look, distante da quell'identikit finito sui giornali che aveva evidenti punti di somiglianza con la sua fisionomia. C'è così voluto un po' per intercettarlo di nuovo, nei pressi del Pronto Soccorso del'ospedale San Martino, e per far scattare le manette. Proprio mentre a casa sua, in corridoio, era pronta una borsa di tela con il passaporto, circa un mi lione e mezzo in franchi francesi, capi di abbigliamento. Per i carabinieri, 0 corpo centrale dell'inchiesta è sostanzialmente chiuso. Loro hanno certezze che vanno ben oltre la povera ragazza nigeriana. Anche se gli investigatori spiegano che «in cinque casi siamo di fronte all'identità dell'arma, ed in altri tre solo alla compatibilità, per via delle cattive condizioni dei proiettili o dei reperti di sparo». C'è poi la conferma del Dna: ufficiale per la nigeriana, ufficioso per le ra- gazze dei treni. E anche se pare non esistere più nemmeno un frammento di dubbio, i carabinieri hanno ancora un asso della manica: l'estrema rarità dei proiettili usati negli otto omicidi, risultati identici a quelli che Bilancia conservava a casa. Si tratta di particolarissimi «wad-cutter» da tiro, marca Lapua Patria, costruiti in Finlandia, con una cartuccia contenente particolari sostanze esplosive, le cui tracce sono state trovate sia all'interno della Opel (omicidio nigeriana), sia negli scompartimenti dei treni (omicidi Rubino e Zoppetti). Così non è più un mistero che altri delitti (a cominciare dal metronotte Canu, ucciso a Genova all'inizio dell'anno, e dai due cambiavalu¬ te di Ventimiglia) potrebbe essere attribuiti alla mano del Battaglia. Già ieri sono iniziate le nuove comparazioni. Ma ormai si tratta soprattutto di redigere rapporti e di aspettare che le singole procure (per prima quella di Alessandria per i fatti di Novi Ligure) mettano nero su bianco scontati nuovi ordini di custodia cautelare, da notificare in carcere all'assassino. Un serial killer feroce, eppure anomalo. Perché, come fa notare il medico legale Roberto Testi, «in una personalità probabilmente disturbata come' quella di Bilancia, una reazione esplosiva in risposta al suicidio del fratello sarebbe dovuta arrivare subito, e non dopo dieci anni. E' quindi probabile che la causa scatenante sia stata un'altra». Prendono così rilievo le parole pronunciate dall'assassino dei metronotte di Novi Ligure al transessuale Lorena: «Non mi importa se sei malata». E torna a prendere quota la pista dell'Aids, come molla dell'odio verso tutte le donne. Angelo Conti Un carabiniere ha inventato la storia del malocchio nei fondi di caffè per prendere la tazza lasciata al bar da Bilancia Voleva fuggire all'estero: in casa gli investigatori gli hanno trovato una borsa con il passaporto, franchi francesi e il beauty case IL CONFRONTO DECISIVO Alla ricognizione hanno assistito il procuratore capo di Alessandria Carlo Brusco, il sostituto procuratore Andrea Concioni, il gip Simone Perelli, il capo della squadra mobile di Alessandria Furio Farina, il comandante del nucleo operativo dei carabinieri di Genova Filippo Ricciarelli II pm di Alessandria Andrea Canciani. A destra l'arma sequestrata a Bilancia. Nell'altra pagina il serial killer incappucciato e la sua auto