Dieci milioni per i Telegatti con i suoi splendidi settantenni di Alessandra Comazzi
Dieci milioni per i Telegatti con i suoi splendidi settantenni TIVÙ'& TIVÙ' Dieci milioni per i Telegatti con i suoi splendidi settantenni LA parte più carina dello spettacolo era il condensato di un anno di televisione in un filmato di pochi minuti: volti, atteggiamenti, tic, caratteristiche dei personaggi più noti del video, montati a ritmo elevato, frenetico ma nello stesso tempo capace di attirare e trattenere l'attenzione. Ne nasceva un moderno amarcord fatto di momenti «topici»: il cane Rex che quasi parla e Fazio che si gratta la pera, Simona Ventura che alza le braccia festante e la Carrà che ride, Corrado che guarda storto e Gianfranco D'Angelo che la Carrà la imita, Dario Fo vero che ride del Dario Fo finto fatto da Claudio Bisio, Prodi vero e Prodi evocato da una giacca disegnata a mortadella e Greggio che fa Prodi gonfiando le gote. Insomma, preso a segmenti, sminuzzato, triturato, un anno di televisione sforna anche cose argute. Però, per l'appunto, ci vuole un anno, e bisogna concentrarlo in pochi minuti, snaturarlo. Tutto questo accadeva martedì davanti alla lunghissima cerimonia di premiazione dei «Telegatti», i cosiddetti «Oscar italiani» della televisione, in onda su Canale 5. La serata si ispira alla proge- siaae I levisi nitrice hollywoodiana fin dall'inizio, dall'arrivo dei divi al Teatro Nazionale: abbigliati in vestiti da sera, smoking e abiti lunghi (soprattutto bianchi per le donne, con sottilissime spalline), i big nostrani passano attraverso due ah di folla festante, di ragazzine urlanti, che restano sempre un po' deluse quando transita qualcuno meno conosciuto. Quasi sempre ululano lo stesso, non si sa mai. Accanto ai protagonisti televisivi italiani, ci sono i divi stranieri, che danno sempre l'impressione di essere capitati lì per caso, un po' come Louis Armstrong al Festival di Sanremo, tanti anni fa: lui credeva di fare un concerto, lo portarono via dopo una sola canzone. A quelli dei «Telegatti» ponevano domande alcuni fra la platea, la Ventura a Belmondo, Columbro e Bartoletti a Cher. Anzi, Bartoletti l'ha anche fatta cantare, in italiano. Ma soprattutto, ai Telegatti c'erano loro, Milly Carnicci e Pippo Baudo: una ventata di quella brutta parola, la «professionalità». Dunque, Milly Caducei, ad onta di chi la vuole bamboleggiante e sempre uguale, è una presentatrice vera che sa di inglese e di francese, e non è poco, per l'en¬ demica difficoltà italiana a parlare le lingue straniere. Poi Bando: non è passato molto tempo da quando, ancora alla Rai, praticamente faceva tutto lui, per arginare la concorrenza. Non è passato molto tempo ma sembra moltissimo: adesso rivedere Baudo, preciso, misurato, mai fuori le righe, rispettoso delle persone con cui sta parlando, fa l'effetto di un tuffo nel passato che sembra sempre migliore. Dieci milioni 126 telespettatori per questa autocelebrazione quasi museale. Museale e sarcastica. Da notare il numero con i «tre rimbambiti», come li ha definiti Sandra Mondami: Vianello, Corrado e Bongiorno, che si divertivano a prendersi reciprocamente in giro, pure pesantemente. Baudo ha inoltre presentato un filmato del '67, realizzato con Mina ai tempi di «Studio Uno»: con Baudo stesso, Bongiorno e Corrado, c'era un quarto presentatore, Enzo Tortora, morto dieci anni fa. La televisione gli deve molto ed è come se cercasse di rimuoverne la memoria. Baudo ha fatto benissimo a ricordarlo. Alessandra Comazzi
Luoghi citati: Sanremo
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