La pittura crudele di una donna libera di Marco Vallora

La pittura crudele di una donna libera MmMTO. D'ARTISTA La pittura crudele di una donna libera UN riflesso di luce caravaggesca in una pupilla che si spegne nel buio, questa l'immagine di vanitas secentesca che si insinua tra i titoli di testa del film dedicato ad «Artemisia», in uno stile che ricorda «Tous les matins du monde». E caravaggesca non è soltanto la fulgida e crudele pittura di questa artista ora tornata così di moda, ma anche la sua storia corrusca e violenta di donna stuprata da un altro artista, che le ha permesso di accedere alla celebrità. Anche con degli eccessi snobistici: per esempio quella di ritenerla più grande e affascinante di quel maestro assoluto che è invece il padre, Orazio Gentileschi, naturalista sommo. Artemisia è pittrice più smaltata ed immobile, ripetitiva spesso negli effetti truculenti e «cinematografici», languida spesso e insieme dura, fissata in questa sua ossessione iconografica di notturne donne omicide e damascate, Salome, Dalile, Giaele e Giuditte, che sgozzano trionfalmente i loro uomini tra schizzi di sangue, riverberi di gioie sinistre e la complice soddisfazione di fantesche alleate nel buio. Un'artista già celebre e inconsuetamente, all'epoca, al punto che il padre (non amato dall'ambasciatore Guicciardini, che lo trattava da «huomo si stratto di vita, di costumi, e d'humor tale che non si può I convenir seco, né trattarlo, e I con mille maleagevolezze te¬ nerlo intorno») poteva osare di raccomandarla così alla Granduchessa: «Questa femina che, come è piaciuto a Dio, havendola drizzata nella professione della pittura, in tre anni si è talmente appraticata, che posso ardir di dire che hoggi non ci sia pari a lei, che forse principali maestri di questa professione non arrivano al suo sapere». E certo fu la sua autorità a giustificare il grande e chiacchierato processo contro il collaboratore del padre, e pittore autorevole, Agostino Tassi, che l'aveva stuprata, non si sa se con la connivenza di lei, che probabilmente lo amava. Ci furono in casa testimoni discordi, molti la descrissero come una donna libera: «Ci venivano in casa delli huomini e baciavano e toccavano detta Artemitia in presenza mia», altri la sorpresero al verone, «e haveva un braccio su la spalla» d'un altro visitatore «e quando mi viddero si retirorno» e quante volte la sorpresero nuda sul letto, con Agostino accanto. Fu Anna Banti a riscoprire questi atti del processo terribili e illuminanti, per scrivere quel suo capolavoro di romanzo che la guerra distrusse: e lei lo riscrisse, in un gioco magnifico di riverberi caravaggeschi, che magistralmente si addicono a questa figura accesa e sinistra del Barocco più tenebroso e fecondo. Marco Vallora

Persone citate: Agostino Tassi, Anna Banti, Guicciardini, Orazio Gentileschi