Sontag: Ibsen incoerente perciò l'ho riscritto

Sontag: Ibsen incoerente perciò l'ho riscritto A colloquio con la scrittrice che ha reinventato per Bob Wilson «Donna del mare» Sontag: Ibsen incoerente perciò l'ho riscritto FERRARA DAL NOSTRO INVIATO «Sono ansiosa, mi scusi». Al Comunale è finita da poco la rappresentazione di Donna del mare con la regia di Robert Wilson. Nel teatro ormai vuoto Susan Sontag siede in un palco e accende una sigaretta. «Adesso va meglio». Nel pomeriggio ha gettato nel panico una quantità di gente. Era stata annunciata un conferenza stampa, che lei ha cancellato all'ultimo istante, facendo poi perdere le proprie tracce. «Questi giorni di lavoro con Bob sono stati uno stress». Ora è distesa. Persino il gran ciuffo bianco sembra meno perentorio. Partirà quasi subito per Milano, per preparare l'uscita da Mondadori del nuovo romanzo, In America, ambientato tra la Polonia e la California di fine Ottocento, dove c'è un'attrice che, assorbendo le idee dell'America, abbandona il teatro, ma per ritrovarlo in un modo nuovo. «Per il romanzo ho un amore assoluto - dice -. Subito dopo viene il teatro. Mi piacerebbe tornare alla regia e forse lo farò». Ha riscritto Ibsen, modificandolo in misura anche radicale. Il motivo? La Sontag sorride. La prima risposta, la più ovvia, è: «Me l'ha chiesto Bob». La seconda suona così: «Tutti riscrivono tutti, è una grande tradizione. Ha riscritto Shakespeare, ha riscritto Seneca e anche Heiner Mùller. Ho riscritto anch'io». E arriva il nocciolo della verità: «Non ho riscritto Donna del mare per raccontare al pubblico di oggi una grande storia del passato in modo più plausibile. L'ho fatto perché ho sempre trovato il dram ma incoerente». Cioè? «E' basato su un mio dubbio: se Ellida non è una creatura marina, i suoi discorsi sul mare sono pura vanità. Se, invece, è una creatura marina, non può lasciarsi assorbire da un'esistenza umana convenzionale, anche se desiderata». Ma quanto conta tutto ciò con Wilson? «Non molto. Il testo per lui non è la cosa più importante. Diciamo che mi sono limitata a fornirgli un'opera che poteva stimolare la sua creatività». Non si è sentita sacrificata? «Un poco, sì. Mi rendo conto che è un sacrificio, una limitazione. Ma diciamo che questo era un lavoro su commissione. Per onestà devo dire che, se qualcuno mi avesse chiesto: quale Ibsen vorresti riscrivere?, io non avrei risposto la Donna del mare. Al venti per cento il testo non mi va». E' la seconda volta che scrive per Wilson. «Sì, nel '93 abbiamo fatto Alice in Bed, Alice a letto, una Alice che richiama Alice James e il personaggio di Lewis Carroll. Lo spettacolo è stato fatto in Germania, ma non in Italia». Quando ha conosciuto Wilson? «Nel '71, a Parigi. Lui portò uno dei suoi grandi spettacoli, Deafman Glance, lo sguardo del sordo. Un mio amico pittore mi disse: devi venirlo a vedere, non puoi perderlo. Mi sono innamorata». Come lo considera? «E' una delle grandi figure di questa metà del secolo. Amo il suo lavoro e amo dedicarmi a lui. Lo amo come ho amato Strehler, Peter Stein, Peter Brook, Grotowski. Ha una sensibilità particolare. Peccato che l'America non lo capisca». Infatti lavora per lo più in Europa. «Ma sì. L'America è brutta, va educata. Bob appartiene a una cultura molto più complessa ed è molto produttivo». Di sicuro lavora molto. «Tutti lavorano molto. Quando di co molto produttivo intendo un'al tra cosa, mi riferisco alla qualità». Negli ultimi anni lei ha fatto teatro attraverso Wilson. Non le manca l'esperienza diretta? «Moltissimo. Ma dovrei tornare a lavorare. Forse l'anno prossimo. Intanto ho un nuovo testo: The Sie- ge, l'assedio». Dicono che parli di Sarajevo. «Sono stata a Sarajevo per mettere in scena Aspettando Godot, nel '93. Ma qui Sarajevo non c'entra». E allora a quale assedio allude? «Alla condizione umana. Siamo tutti un po' assediati, non trova?». Lo metterà in scena? «Io no, di sicuro. Quando dico che forse l'anno prossimo farò una regia, non dico che dirigerò un mio lavoro. Non amo mettere in scena le mie opere, e neppure m'interessa». Che cosa le piace di più nel teatro? «Lavorare con gli attori». Osvaldo Guerrieri Intanto è in arrivo l'ultimo romanzo «In America», storia di un'attrice polacca nella California di fine Ottocento «La narrativa è il mio grande amore, poi c'è il teatro. Ho scritto una nuova commedia e l'anno prossimo tornerò alla regia»