Standard & Poor's: bene, Italia
Standard & Poor's: bene, Italia Polemici i sindacati: «Sappiamo risolvere i nostri problemi senza interventi esterni» Standard & Poor's: bene, Italia «Però attenzione allo scontro sulle 35 ore» ROMA. Le quotazioni dell'Italia salgono nei giudizi di Standard & Poor's, che allinea il rating della Repubblica alla recente promozione decisa da Moody's. Ma, oltre a migliorare i voti sulla nostra pagella, S&P avverte: attenzione alle 35 ore, sono un capitolo esplosivo, così come lo è la riforma del sistema pensionistico. Ma i sindacati non sono d'accordo e rispondono polemici: l'Italia non ha bisogno di esami, visto che ha dimostrato di saper risolvere i suoi problemi senza interventi esterni. Da ieri, quindi. Standard & Poor's ha allineato i rating a lungo termine in lire e valuta estera sul livello di «AA», la fascia più alta prevista dai giudizi dell'agenzia internazionale. Prima la votazione con la doppia A era attribuita solo alla valuta estera, mentre per le lire il punteggio, inferiore, era «AAA». Così le prospettive a lungo termine del nostro Paese sono passate da «negative» a «stabili» e inoltre per il rating a breve è stato confermato il giudizio di «Al +». Su quali elementi si basa questa promozione? «I rating dell'Italia spiega il rapporto di S&P - trovano i loro punti di forza in un'economia prospera e fortemente diversificata, nei risultati ottenuti nella riduzione del fabbisogno e nell'impegno del governo ad un ulteriore risanamento fiscale». C'è ancora da fare, invece, sul fronte dell'indebitamento pubblico e sul consenso necessario ad un'azione fiscale che possa ridurre ulteriormente il fabbisogno dello Stato, controbilanciando nei prossimi anni la scadenza di misure provvisorie. Ma l'attenzione di Standard & Poor's si punta anche sulla perdita di competitività, che può derivare all'Italia da una crescita dei salari più rapida di quella degli altri Paesi dell'Unione monetaria. E soprattutto l'agenzia di rating mette in guardia sulla riduzione dell'orario di lavoro a 35 ore settimanali, che, insieme con le riforme della previdenza, viene indicata tra le maggiori fonti di conflitto che rimangono innescate. Carlo CaUieri, vicepresidente di Confindustria, condivide pienamente le preoccupazioni di S&P sull'orario di 35 ore e assicura l'impegno dell'organizzazione degli imprenditori perché «non si producano danni all'economia del Paese». Assolutamente diversa la posizione dei sindacati: «Sono convinto che le 35 ore non possano scardinare alcunché - dice Sergio Cofferati, segretario confederale della Cgil -. Se per compensare i costi che la riduzione d'orario andrà ovviamente a determinare si userà una quota della ricchezza prodotta dal Paese e una parte della produttività destinata alla contrattazione collettiva, non ci saranno problemi di alcun genere. L'importante - ha aggiunto - è che queste soluzioni vengano aiutate dalla legge e contrattate con le parti sociali». E alla Cisl il segretario confederale, Natale Forlani, parla di preoccupazioni fuori luogo dopo l'entrata nell'Euro «il problema vero, piuttosto, è l'occupazione - sottolinea - ma questo tema resta poco trattato». Per la Uil il segretario confederale Paolo Pirani commenta: «Abbiamo dimostrato di essere in grado di provvedere a noi stessi senza consiglieri esterni. Quanto all'orario di lavoro il governo dovrà consentire una gestione che non aumenti i costi e non peggiori la competitività delle imprese». La risposta del governo, sia a Standard & Poor's sia ai sindacati, viene da Tiziano Treu: «Non voghamo rovinare quanto costruito con tanta fatica - chiarisce il ministro del Lavoro - in Parlamento c'è un disegno di legge aperto ad ogni modifica e noi vedremo di seguire tutte le indicazioni utili». Vanni Cornerò
Persone citate: Carlo Cauieri, Natale Forlani, Paolo Pirani, Sergio Cofferati, Tiziano Treu, Vanni Cornerò
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