«Le mie 4 armi contro il cancro»

«Le mie 4 armi contro il cancro» Parla lo scienziato Usa: «La prima intuizione l'ho avuta 30 anni fa, quando ero in Marina» «Le mie 4 armi contro il cancro» Folkman: ho individuato altre 2 proteine REPORTAGE NEL LABORATORIO DEL PROFESSORE BOSTON DAL NOSTRO INVIATO Il mondo intero preme alla sua porta, ma il professor Judah Folkman, l'aria un po' distratta del ricercatore, trasmette la calma di chi lavora per i tempi lunghi. «Vedrà», dice mentre ci fa strada nel suo sterminato laboratorio al decimo piano del Children's Hospital. «Ancora qualche giorno e questa buriana passerà». Forse. Ma intanto quest'uomo mite e dal tratto amabile vive sotto assedio. L'interesse per le proteine anticancro scoperte nel suo laboratorio dilaga. La gente vuole saperne di più, e subito. Ogni giorno arrivano decine di migliaia di telefonate da ogni angolo del pianeta: giornalisti, ricercatori, ma soprattutto malati di cancro, animati da un improvviso barlume di speranza. E per la prima volta l'entusiasmo contagia anche la comunità scientifica. Folkman mette subito le mani avanti: «Dopo 30 anni di ricerche ho soltanto dimostrato che questa terapia funziona nei topi». Ed effettivamente, per ora, siamo lì. Ma a detta degli esperti ci sono buone chances che la stessa terapia funzioni negli umani. L'approccio di Folkman è semplice ma rivoluzionario. Oggi lo strumento più diffuso nella lotta al cancro rimane la chemioterapia, un cocktail di sostanze chimiche che mira a distruggere il tumore. Ma è un'arma spuntata, con effetti collaterali spesso devastanti. Folkman, invece, non lo attacca direttamente: lo prende per fame, distruggendo i vasi sanguigni che lo nutrono e impedendogli di crearne di nuovi. Ed è qui nel suo laboratorio, dove lavorano un centinaio di ricercatori, che sono state isolate le due proteine - l'angiostatina e l'endostatina - i cui nomi hanno fatto il giro del mondo. Folkman ci riserva una notizia: «Non sono le uniche. Ne abbiamo isolate altre due che hanno un effetto altrettanto potente. Ma sono senza nome perché non abbiamo ancora pubblicato i dati nelle riviste scientifiche». Folkman esprime meraviglia per l'improvviso clamore scatenato dalle sue ricerche. «Tutto era già noto, già pubblicato», dice scuotendo il capo. «Guardi qui». E ci porge una copia della rivista «Nature» del 27 novembre scorso, la cui copertina è dedicata alla terapia anticancro di Folkman. Poi tira fuori altri articoli, e perfino un manuale sulla medicina anticancro con un intero capitolo in cui è già scritto tutto. Perché la notizia è esplosa solo ora? Semplice: il «New York Times» l'ha messa in prima pagina domenica. E per quale motivo l'ha «sparata»? Perché aveva l'imprimatur di James Wilson, ^Einstein della biologia», che alla cronista del «Times» ha detto: «Judah curerà il cancro nel giro di due anni. E passerà alla storia come Darwin». E Folkman: «Quelle sue parole al "Times" hanno avuto un effetto dirompente, ma Darwin, Pasteur...». E sgrana gli occhi come a dire che Wilson l'ha detta grossa. Oggi i riflettori sono puntati su di lui, ma per molti anni Folkman ha dovuto lavorare nell'ombra, schernito dai colleghi per le sue teorie «strampalate». La prima intuizione, dalla quale non ha mai deviato, gli venne negli Anni 60, quando era ancora nella U.S. Navy. ((Alcune analisi su cellule cancerogene mi portarono a fare tre ipotesi. Primo: per crescere un tumore ha bisogno di un approvvigionamento sanguigno. Secondo: è il tumore stesso a stimolare la nascita di vasi sanguigni. Terzo: il tumore mette in circolazione degli agenti inibitori che bloccano l'approvvigionamento di altri focolai. Elencai questi tre punti in un articolo che riuscii finalmente a pubblicare nel 1971. Concludevo che queste ipotesi andavano approfondite perché, se confermate, avrebbero portato ad una terapia contro il cancro». Ma la reazione fu decisamente negativa, e per tutti gli Anni 70 Folkman rimase isolato. «Nessuno voleva credere che un tumore ge¬ nera il suo proprio approvvigionamento di sangue. Non c'era niente da fare. Certo, mi consolava sapere che le idee nuove vengono quasi sempre derise. Ma furono comunque anni difficili. Perché nel campo della ricerca pura la linea che separa la tenacia dalla testardaggine è davvero molto tenue. E a volte è difficile sapere quando l'hai superata. Nei momenti più bui mi chiesi se non avessero ragione gli altri a dire che avevo la testa di un mulo». I suoi colleghi, dice Folkman, «smisero di ridere» nell'83-'84. Due ricercatori nel suo laboratorio al Children's Hospital, Michael Klagsbrun e Yuen Shing, isolarono una molecola angiogenica. «Era la prova che il tumore manda segnali ai vasi sanguigni e dice loro: "Venite, venite qui da me, ho bisogno di voi per crescere"». Due anni dopo, un altro suo allievo, Don Ingber, isolò uno steroide inibitore, capace di ridurre il flusso sanguigno verso il tumore. La sostanza permise di produrre un farmaco che rallenta la crescita del tumore e che viene usato con successo da diversi anni. Nel 1989 Folkman fu folgorato da un'altra intuizione. E, se il tumore, per crescere più rapidamente, generasse due segnali opposti: uno per attirare vasi sanguigni verso di sé e l'altro per distruggere quelli che vanno ad alimentare altri focolai? «Ma nessuno dei miei allievi se la sentiva di imbarcarsi in esperimenti (Ufficili e incerti». Finché, nel 1991, un suo studente, Michael O'Reilly, raccolse la sfida. E dopo tre anni di analisi laboriosissime riuscì a isolare e purificare minuscoli quantitativi delle ormai celeberrime angiostatina e endostatina, i due potenti inibitori capaci di soffocare e uccidere tumori anche enormi nei topi. Da sole queste sostanze riducono drasticamente il tumore, ma ne lasciano una traccia. Insieme, lo eradicano del tutto. «Non sappiamo perché», dice. «Ma evidentemente lavorano per completarsi a vicenda». La scoperta di O'Reilly chiuse il cerchio. Era la conferma che 30 anni prima Folkman aveva visto giusto. La sua tesi, cos'i a lungo respinta, oggi è non solo accettata ma energicamente sostenuta. Ora che il velo è stato improvvisamente squarciato la gente si chiede perché i test non possono cominciare subito, perché bisognerà aspettare due, tre anni prima di sapere se abbiamo davvero trovato la cura contro il cancro. «La risposta è semplice: non c'è la materia prima», spiega Folkman. «Bisogna produrre gli inibitori in grandi quantitativi e ci vorrà del tempo. Per ora lavoriamo su l'angiostatina e l'endostatina e le altre due proteine che ancora non hanno nome, ma ne stiamo scoprendo altre e il nostro laboratorio sta già collaborando con cinque o sei centri farmaceutici». Il «National cancer institute» ha già dato la massima priorità ai test clinici, che cominceranno l'anno prossimo con una rosa di 30 pazienti. «Ma prima bisognerà completare i test sui topi. Poi passeremo alle scimmie, per vedere se la terapia produce effetti collaterali. E solo allora potremo cominciare a sperimentare la terapia sugli umani». Ma a quel punto saranno altri a portare avanti la battaglia. E forse solo allora la buriana che ha investito il Children's Hospital in questi giorni si calmerà veramente e il professor Folkman potrà tornare alla sua quiete. Andrea di Robilant «I test sugli uomini non possono iniziare subito perché bisogna produrre gli inibitori in grandi quantitativi» Ogni giorno arrivano migliaia di telefonate da tutto il mondo Moltissimi ammalati si offrono come cavie «Hanno davvero esagerato a dire che passerò alla storia come un nuovo Darwin» «Nei momenti più bui mi sono chiesto se non avessero ragione gli altri a dire che stavo sbagliando e che avevo la testa di un mulo» IL MIRACOLO l^^tt^MTICANCRO UJuinore in unì ! capillari si moltiplicano e il tumore cresce Iniettando le 2 proteine: endostatma e angiostatina, si rallenta progressivamente la formazione dei vasi sanguigni Bloccata la migrazione dei vasi sanguigni, si ferma anche il tumore PS; Il professore americano Judah Folkman Nella foto grande un'Immagine nel laboratorio di Michael O'Reilly assistente del dottor Folkman a Boston

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