«Devo evitare che nascano altre ingiustizie» di Giovanni Bianconi

«Devo evitare che nascano altre ingiustizie» «Devo evitare che nascano altre ingiustizie» La lettera prima di uccidere: mi hanno costretto a farlo fi CENA IL TESTAMENTO DI UN KILLER ROMA EVO evitare che vengano commesse altre ingiustizie». Ha scritto così, il vice-caporale Cedric Tornay, prima di andare a uccidere il suo nuovo comandante, Alois Estermann, sua moglie Gladys, e poi togliersi la vita. Un altro gesto annunciato nella lettera consegnata poco prima della strage a un suo amico commilitone, in un passaggio che suona all'incirca: «Mi dispiace lasciarvi sole». Ha aggiunto anche dei nomi, probabilmente quelli delle sorelle. Ed ecco il terzo brano significativo della missiva indirizzata alla madre, nel quale Tornay cerca in qualche modo di giustificarsi: «Quello che farò sono stati loro a costringermi a farlo». Un «loro» impersonale, inserito in un contesto nel quale il vice-caporale della Guardia svizzera parla genericamente di angherie e ingiustizie subite, senza specificare quali, descrivendosi come una vittima. E dunque riferito con tutta probabilità ai suoi superiori. La lettera è scritta in francese, una sola pagina, e le frasi riportate vengono ora riferite da chi l'ha potuta leggere, nella notte della strage. Agli atti del fascicolo dell'inchiesta c'è la fotocopia, l'originale secondo il Vaticano è stato consegnato alla famiglia di Tornay, anche se ieri, dal Canton Ticino, una delle sorelle rimaste in Svizzera negava. E' un mistero nel mistero di una storia che sembra chiara, ma nella quale molti tasselli devono ancora andare al proprio posto. A cominciare da ciò che è successo davvero intorno alle 21 di lunedì sera, nell'appartamento di Alois Estermann. Un aiuto per ricostruire la verità potrà venire dalla testimonianza di una persona che, al momento della strage, era al telefono con il neo-comandante delle Guardie svizzere. Un uomo che abita, in Toscana, il quale ha sentito qualcosa e che già oggi renderà la sua testimonianza al «promotore di giustizia» Nicola Picardi. E' stato lui stesso a chiamare, martedì mattina, la Vigilanza del Vaticano per mettersi a disposizione. Molto probabil- mente l'uomo era già al telefono con Estermann quando Tornay è entrato e ha fatto fuoco contro il comandante e sua moglie. Ma c'è anche un altra testimonianza da raccogliere, giudicata molto importante. E' quella di una ragazza (forse la ex-fidanzata del vice-caporale, ma non è certo), che ha parlato con Tornay nel pomeriggio di lunedì, sentendolo molto agitato. Lei stessa l'ha ricercato, la sera, senza trovarlo. Anche questa donna s'è già messa a disposizione. E molte altre indagini, dovrà fare il «promotore di giuistizia»; per esempio analizzare le chiamate fatte e ricevute dal telefono cellulare dell'omicida-suicida, per rintracciare altri possibili testimoni. L'apparecchio è stato trovato nell'alloggio di Tornay, posto sotto sequestro. Per adesso, a confernare la tesi sostenuta dal Vaticano, ci sono i risultati delle autopsie e, soprattutto, la lettera lasciata da Tornay. Un pezzo di caita che non è stato facile recuperare per il primo «magistrato» intervenuto sul luogo dei fatti, il «giudice unico» Gianluigi Marrone. Quando è giunto in Vaticano, infatti, Marrone s'è sentito dire da un sottufficiale che un commilitone di Tornay girava per il cortile dicendo di aver fatto una promessa al ragazzo che giaceva riverso nell'appartamento di Estermann, con la pistola d'ordinanza sotto al cadavere. Marrone l'ha fatto chiamare, e il commilitone insisteva nel dire che era depositario di una promessa che non poteva tradire. A fatica, s'è rischiti a capire che si trattava della lettera scritta da Tornay e indirizzata alla madre, che ancora il commilitone non voleva consegnare. Il clima, già teso, si stava facendo ancora più difficile, e allora il giudice Marrone ha acconsentito di non requisire il documento, ma di leggerlo e farne una fotocopia da allegare agli atti. Poi l'originale è stato restituito alla guardia. Tornay ha consegnato la lettera al suo amico all'uscita dalla mensa, poco dopo le 20,30, e dunque poco prima di recarsi nell'appartanmento del comandante. «Ma io non ho minimamente pensato a ciò che stava per fare - ha spiegato il commilitone al giudice e ai suoi superiori - né ho immaginato nulla». Dal senso delle parole scritte da Tornay s'è potuto capire quello che era successo, in attesa dei medici legali che avrebbero fatto il primo sopralluogo. In quella pagina, infatti, il vice-caporale si dipinge come una vittima di ingiustizie che non poteva più sopportare, annuncia una sorta di gesto di liberazione per sé e per gli altri, e dà a suo modo l'addio ai familiari. Nel frattempo il giudice unico aveva fatto acquisire - stavolta sequestrandoli - i fascicoli personali del ragazzo e del suo superiore. Dal carteggio relativo a Tornay sono venute le conferme a ciò che lui considerava ingiustizie: i richiami per una supposta indisciplina, la mancata concessione dell'onoreficenza, il garba- to ma fermo invito a cercarsi un altro posto di lavoro perché di lì a poco non gli sarebbe stata confermata la «ferma» in Vaticano. In pratica l'annuncio di licenziamento della Guardia svizzera. Col passare dei minuti, in Vaticano arrivavano il portavoce Navarro Valls, il medico professor Buzzonetti, e i due periti chiamati dal giudice Marrone che poi avrebbero eseguito le autopsie, i professori Arcuti e Fucci. Sono loro a osservare con una certa professionalità la scena del delitto: non in salotto, ma in mia specie di studio completo di librerie e tavolo per computer; il cadavere del comandante prono a terra, accanto al tavolinetto con il telefono e la cornetta pendente; il corpo della signora Gladys come seduto sul pavimento, un po' più in là, la schiena appoggiata alla parete; quello di Tornay faccia a terra. Il telefono aperto fa pensare al tentativo di Estermann di chiamare aiuto, finché non si fa vivo il super-testimone. Gli stessi periti danno una prima versione dei fatti, ipotizzando l'omicidio-suicidio. La pistola la trovano spostando il corpo del vicecaporale, altri armi in casa non ce ne sono. E i proiettili sparati sembrano tutti dello stesso tipo. Il portavoce della Santa Sede viene autorizzato a dare la notizia, con la tesi dell'omicidiosuicidio. Nel cortile davanti alla caserma il cappellano cerca di confortare le guardie svizzere che si guardano in faccia attonite e incredule, e poi accoghe i genitori di Estermann; erano venuti a Roma per festeggiare per il giuramento, sono rimasti per il funerale. Giovanni Bianconi Un messaggio anche rivolto probabilmente alle sue sorelle «Mi dispiace lasciarvi sole» Nell'inchiesta anche due testimonianze, tra cui quella dell'ex fidanzata del giovane

Luoghi citati: Roma, Toscana