«Pronti ad andare in Macedonia»

«Pronti ad andare in Macedonia» Confermate le indiscrezioni da Skopje, Prodi ne ha discusso a Washington con Clinton «Pronti ad andare in Macedonia» Fassino: «E' un Paese strategico per l'Italia» IL VICE DELLA FARNESINA PROMA RENDE corpo l'ipotesi di una missione militare italiana in Macedonia sotto la bandiera dell'Orni. Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ne ha discusso ieri alla Casa Bianca con il presidente Bill Clinton che ha poi ringraziato l'Italia di «fornire contributi come pochi altri alla soluzione dei problemi in Bosnia, Albania e Macedonia». Le indiscrezioni trapelate nei giorni scorsi da Skopje sull'invio dei soldati italiani a fine agosto nella nuova missione dell'«Unpredep» vengono confermate anche dal sottosegretario agli Esteri Piero Fassino: «Condividiamo l'esigenza della presenza militare dell'Onu in Macedonia e se sarà necessario concorrere a questa presenza di pace non ci tireremo indietro». Sui possibili piani di impiego in Macedonia sono già all'opera gli esperti della Difesa, prevedendo un contingente di circa 370-380 soldati. Piero Fassino, che significa per la strategia europea nei Balcani l'invio di un contingente italiano in Macedonia? «L'Europa ha finalmente capito, anche grazie al contributo dell'Italia, che i Balcani sono decisivi per la sicurezza del continente. Quando scoppiarono le crisi in Bosnia e in Albania l'atteggiamento della comunità internazionale era di trovare una soluzione per andarsene il prima possibile. Dopo gli accordi di Dayton invece si è compreso che non è allontanandosi dai focolai di crisi che si garantisce la stabilità. Bisogna accettare di essere coinvolti, di assumersi la responsabilità di concorrere a superare i conflitti con una strategia regionale». Anche nel caso macedone? «La Macedonia è in una collocazione geopolitica strategica. Non a caso fu il primo Paese dei Balcani dove gli Usa mandarono dei contingenti nel 1991. La presenza dei caschi blu dell'Unpredep ha costituito un sostegno importante alla stabilità». Perché un impegno diretto italiano per la Macedonia? «La Macedonia è un esempio politico ed istituzionale di stabilità e collaborazione che altrove non si riscontra: è guidata da un governo di larga coalizione di cui fa parte anche il principale partito albanese che ha ben cinque ministri su 15. E' inoltre un Paese strategico dal punto di vista delle relazioni infrastnitturali ed economiche sia nell'asse Nord-Sud fra Egeo ed Europa Centrale sia nella direttrice Est-Ovest attraverso il corridoio numero 8, che partendo da Brindisi arriva al Mar Nero, si prolunga verso il Caucaso e raggiunge i grandi bacini petroliferi dell'Eurasia». L'Italia dunque è pronta a partecipare alla nuova missione Onu da fine di agosto? «Tutte le forze politiche macedoni, anche di opposizione, chiedono che la presenza dell'Unpredep continui. Condividiamo questa esigenza e se sarà necessario concorrere a questa presenza di pace non ci tireremo indietro. Lo faremo così come lo abbiamo fatto in Albania e in Bosnia. Se ci dovremo assumere delle responsabilità, ce le assumeremo». Quali altri passi state valutando in Macedonia? «Nei prossimi mesi scade il mandato del capo della missione dell'Osce per la Macedonia ed abbiamo avanzato una candidatura italiana con l'ex ambasciatore a Skopje, Faustino Troni, su cui finora si registra un largo consenso». L'Italia da luglio sarà presidente dell'Ueo, prenderete delle iniziative nei Balcani? «Nei sei mesi di presidenza vorremmo azioni concrete per dimostrare che l'Ueo può essere usata. Come? Ad esempio rafforzando l'assistenza alle forze armate albanesi, con programmi di formazione militare nei Paesi dell'Est, coinvolgendo l'Ueo nelle operazioni di peacekeeping e nella coope¬ razione per la sicurezza regionale». Pensate anche di mettere in campo la brigata trilaterale italo-slovena-ung^herese? «Si tratta di una brigata pensata proprio per operazioni di peacekeeping. Ma servirà l'assenso dei Paesi interessati». Tirana chiede i soldati Nato al confine col Kossovo. Siete d'accordo? «Dovrà essere la Nato a decidere, per noi oggi la questione fondamentale è bloccare l'escalation di tensione e avviare il dialogo fra le parti. L'intesa sull'educazione promossa dalla Comunità di Sant'Egidio dimostra che il dialogo è possibile». A fine giugno scade il mandato delle forze Nato in Bosnia. Cosa succederà? «I soldati della Sfor non possono essere ritirati in un momento nel complesso positivo. Siamo alla vigilia delle elezioni bosniache di settembre che saranno essenziali per la pace. Il nuovo governo della Repubblica Serba mostra una nuova disponibilità. Gli accordi di Dayton fanno passi avanti: sono stati adottati passaporti comuni, bandiera comune, targhe comuni e i profughi iniziano a tornare nelle loro case». Maurizio Molìnari «Se sarà necessario faremo come in Bosnia e in Albania» Il sottosegretario agli Esteri Piero Fassino

Persone citate: Bill Clinton, Clinton, Fassino, Faustino Troni, Maurizio Molìnari, Piero Fassino, Prodi, Romano Prodi