A sinistra per via Fani di Lietta Tornabuoni

A sinistra per via Fani A sinistra per via Fani RECISIAMO? Sergio Flamigni, romagnolo, 73 anni, per diciannove anni parlamentare del pei, componente delle commissioni parlamentari d'inchiesta antimafia, sulla Loggia P2 e sul caso Moro, autore tra l'altro del saggio famoso «La tela di ragno. Il delitto Moro», ha scritto un nuovo libro sui legami tra Brigate Rosse, servizi segreti e delitto Moro, intitolandolo con una spesso irrisa espressione politica di Moro, «Convergenze parallele». Si può naturalmente non credere a quello che a suo tempo disse Mino Pecorelli e che la presentazione editoriale del volume pubblicato da Kaos Edizioni definisce «un piano della destra per sequestrare Moro molti anni prima della strage di via Fani», però un episodio in particolare risulta molto eloquente. Nel 1968, trent'anni fa, dieci armi prima del sequestro Moro, scrive Flamigni, per celebrare il primo anno di vita del cabaret romano «Il Bagaglino» esce una pubblicazione che contiene pure un articolo firmato dall'ideatore-regista del «Bagaglino» ed ex giornalista di destra Pier Francesco Pingitore. Nell'articolo vengono elencate «informazioni precise e dettagliate sul sistema di sicurezza che garantiva l'incolumità di Moro», allora Presidente del Consiglio: indirizzo e descrizione della casa di Moro, dell'unico ingresso alla palazzina, degli agenti in sorveglianza nella portineria; formazione dell'abituale scorta e nome del suo comandante, numero, tipo e colore delle automobili usate; orari e schemi dei movimenti di Moro, assai abitudinario specialmente nell'ora d'uscire di casa per andare a Messa; chiesa frequentata da Moro, banco solitamente occupato, suoi modi di ricevere la Comunione; ritorno a casa per la colazione, seconda uscita, percorsi seguiti sino a Palazzo Chigi. Fornitura di particolari: quando al mattino Moro esce alle 8,30 anziché alle 9, «si dirige per via Trionfale... quindi svolta a sinistra per via Mario Fani». Tutto questo sul «Bagaglinò»? Al primo livello non si vede alcun motivo per il quale nel 1968 una pubblicazione ■ di spettacolo dovesse stampaI re una simile lunga «informa¬ tiva», un resoconto così esatto e minuzioso «da far pensare che provenisse da qualcuno della scorta di Moro o che fosse il risultato d'una indagine sistematica» rispetto alla quale, scrive Sergio Flamigni, «dieci anni dopo, i brigatisti avrebbero dovuto limitarsi ad apportare solo qualche aggiornamento». Serve altro? COMPATIBILE Negli ultimi due o tre giorni la parola più frequente è «raptus» (s'è trattato d'un raptus, ha avuto un raptus, raptus in Vaticano, la tragedia è frutto d'un raptus) e il raptus pare considerato qualcosa di repentino, immotivato e incontrollabile, come un vaso da fiori che ti cade in testa mentre cammini per strada, anziché la conseguenza abnorme, squilibrata, d'un accumularsi di situazioni esasperanti pre-esistenti. Ma il termine più significativo è un altro, «compatibile»; il colpo di pistola che all'Università di Roma uccise Marta Russo è «compatibile con la finestra» da cui gli imputati al processo sono accusati d'aver sparato; una pistola ritrovata o un identikit disegnato sono «compatibile con le ferite delle vittime» o «compatibile con le descrizioni dei testimoni» degli assassinii in Liguria. Gran vocabolo, «compatibile» non indica nulla. Non dice che un fatto è accaduto e neppure che non è accaduto, non sostiene che un'ipotesi è giusta e neanche che è sbagliata: afferma che non è impossibile, applicando ai fatti di cronaca, alla materiale concretezza dell'omicidio, quell'ambiguità scivolosa, quella vaghezza travestita da competenza, quell'imprecisione autoprotettiva che sembrava riservata al linguaggio della politica. Lietta Tornabuoni

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