Giocatore d'azzardo e di morte

Giocatore d'azzardo e di morte Giocatore d'azzardo e di morte «Amava la bella vita e aveva sempre bisogno di soldi» REPORTAGE LE RADICI DELL'ACCUSATO GENOVA DAL NOSTRO INVIATO Uno sempre elegante, giacca e cravatta, giubbottino di renna, bella macchina, Mercedes nera. Uno che amava la bella vita, che aveva sempre bisogno di soldi, e che gli piaceva giocare, ma non solo al casinò. Perché se una volta il vero piacere era andare a Sanremo, e lì bruciare le centomila rapinate a qualcuno per strada, adesso il gioco era da vero duro: sparare in testa alle donne, sceglierne una, portarla in un angolo buio, premere il grilletto, e via, pronto al decollo di un carriera da vero criminale, mica quelle robette per cui era pregiudicato, rapinette, armi, lesioni. E avanti così, cancellando anche l'ultimo precedente per cui era conosciuto nei terminali di carabinieri e polizia: gioco d'azzardo, fermato alla stazione di Genova Brignole nel '95, sorpreso assieme a un compare mentre truffava con il gioco delle tre campanelle. Una truffa da magliaro poi riscattata alla grande da uno, e due, cinque, sei omicidi, per ora. E dallo stupore di chi sì, l'ha visto, e conosciuto, e incrociato per le scale di questo condominio di via Montatelo, vicino allo stadio Marassi, ma proprio non si immaginava che quell'uomo così gentile, elegante, con quella bella macchina nera, fosse davvero l'uomo che tutti stavano cercando da mesi. «Bilancia, Bilancia... Mi faccia pensare... Il nome non mi dice niente, però la macchina la ricordo... Ha guardato sui campanelli?». Sì, ma il nome non c'è. «E allora guardi nell'altra scala, al 6B». Ma al 6B nessuno ricorda quella faccia, e allora bisogna andare a Cogoleto, a casa dei genitori. Rocco Bilancia e la moglie Anna Mazzaturo, i genitori. «Mio figlio? Non c'è. Come? Ma lei chi è? Mio figlio un killer? Donato è un invalido civile, non può fare male a una mosca. E poi io di figli ne ho già perso uno, e adesso, se perdo anche questo...». La voce rotta, incerta, balbetta questo Rocco Bilancia spaventato e fragile. «Lo lasci perdere. Lui è del '22, siamo coscritti, venga con me che l'accompagno a vedere». E l'amico di Rocco attraversa sicuro un orto di insalata e ravanelli («il mio orto, ogni tanto ci davo l'insalata alla signora Bilancia»). Una vite, un fico, ed ecco la palazzina di via Arrestra 15, con poca vista mare «ma l'aria di mare si sente lo stesso, ci vengono tutti, pensionati soprattutto». Primo piano, porta marron, campanello staccato e niente nome, cioè un nome diverso, che non è Bilancia. «Hanno staccato l'etichetta, ma povera gente, sono tanto anziani. E lui è sordo, così sordo che un po' di tempo fa la moglie è caduta in bagno, e urlava, ma lui non se ne accorgeva mica, se non venivano i vicini». Ma lui veniva qui? «Certo, l'ho visto andar via domenica mattina, caricava dei pacchi, dei vestiti sulla Mercedes». E poi? «Se ne è andato, mi sembra che fosse con una donna, e mi sembra anche una ragazzina, ma non sono sicura». Su una Mercedes nera. «Sì, e qui a Cogoleto ce ne saranno tre, due blu e una nera, la sua». E chi altro lo conosce, qui? «Mah, provi dalla si gnora Bruzzone, che abita all'ulti mo piano». Ma la signora Bruzzone se lo ricorda poco. «Conosco meglio i genitori, ma non gli davo confidenza. Sa, erano calabresi». Calabresi ovvero «napuli, senza offesa», ovvero stranieri. «Però parlava un po' ligure, lui. Lei no». E il figlio? «Andava e veniva», dice la ragazza bionda che abita al primo piano. «So che domenica mattina c'è stata una gran litigata, urlavano, da quell'appartamento». E chi altro ha sentito? «Mah, queste sono seconde case, ci vengono d'estate e basta. Ma per lo più sono anziani, come i vecchi Bilancia, che erano qui solo da 8 mesi, che sappia io». Otto mesi fa i vecchi Bilancia sono arrivati a Cogoleto, da Nizza Monferrato. «Ma lui diceva sempre che aveva una casa in Toscana, e che erano venuti qui per l'aria buona». Il figlio? «Ogni tanto passava. Ma c'era un altro figlio, finito male, suicida sotto un treno». Il treno. Il treno qui passa a cento metri di distanza da queste palazzine, e duecento metri da queste finestre hanno trovato - 29 marzo scorso - il cadavere di Evelin Esohe Edoghaye, nigeriana, prostituta, un colpo al ginocchio per fermare la sua fuga, un altro alla nuca per ucciderla. «Ah, il treno, sapesse che fastidio il treno che passa qui dietro...». Ma com'era, il figlio? «Ah, uno ben messo, però parcheggiava sempre di traverso, e così non va bene». E no che non va bene, ma questo Donato Bilancia, nato il 10 luglio del 1951 a Potenza da Rocco e Anna, come ci è arrivato a Cogoleto? Da Potenza ad Asti, che aveva solo quattro anni. Ma poi i suoi l'hanno riportato al Sud, Capaccio, provincia di Salerno. Il padre lavorava all'Ina. Poi Genova. Che faceva? Lavorava? Mai lavorato, aveva problemi psichici, aveva persino la pensione di invalidità civile. Però trafficava, e cominciava a giocare. Comunque, prima grana, a Genova, ed era ancora minorenne. Il tribunale lo assolve perché «risulta incapace di intendere e volere». L'accusa era furto, ma se l'era cavata. Poi, arresto a Como, 1974, detenzione abusiva di armi. Dentro e fuori dalla galera, e nel '76 prova anche a scappare, mentre è ricoverato e piantonato all'ospedale San Martino di Genova. Si riveste ed esce dala porta principale, ma lo riprendono subito, sconta la condanna per rapina impropria, esce Ubero. Poi, 1981, altra rapina: assieme a due complici sequestra in casa una coppia a Crocefieschi, entroterra di Genova. Finisce in galera, esce, e in uno svolazzìo di fogli di via da Livorno, Salerno e altre questure d'Italia, il non più giovane Bilancia arriva a una storia importante: 1990, ima prostituta lo denuncia, «mi ha puntato una pistola alla tempia, mi ha seviziata». Comincia a giocare, con le prostitute, e al Casinò, ma non solo al Casinò, perché viene denunciato per azzardo, più volte sorpreso mentre scommette e truffa, e tutti lo conoscevano, nel giro di malavita di Genova, e tutti pensavano che era un truffatore, uno sporco, violento anche, ma più che altro mi magliaro, e niente di più. Brunella Giovara Giudicato incapace di intendere e volere fu arrestato a Como nel 74 per detenzione di armi Il padre: mio figlio un killer? Ma no è un invalido non farebbe male ad una mosca La Mercedes 190 di Bilancia sequestrata ieri dopo l'arresto dell'uomo a Genova