Supertestimone in tacchi a spillo

Supertestimone in tacchi a spillo Supertestimone in tacchi a spillo Lorena, dall'identikit al riconoscimento RETROSCENA IL TRANS FERITO GENOVA DAL NOSTRO INVIATO Se fosse così, questa è una di quelle volte che la realtà s'accontenta d'essere un po' banale, molto più semplice dei racconti fantasiosi che avevano accompagnato le cronache di questi giorni. L'uomo arrestato ha un volto coperto da un cappellaccio nero e dalle mani chiuse coi ferri e levate sugli occhi. Esce così dalla caserma dei carabinieri e sale sulla radiomobile. Tipo violento: condanne per rapine. Mai stato ferroviere. Mai indossato una divisa. Pensionato per «seminfermità mentale». Quelli che l'hanno visto dicono: «Assomiglia al secondo identikit come una goccia d'acqua». Anche Julio Castro Lorena, il viado di Novi, l'avrebbe già visto: sembra anche che l'abbia riconosciuto. Questa mattina, dopo che alle 4 l'avevano preso, sono andati a prenderlo nel suo rifugio segreto. Alle 4 aveva chiamato una prostituta sulle strade di Genova: «Aiuto!, è lui, il mostro! E' qui». Così, i carabinieri sono accorsi. Lo metteranno di fronte oggi, con Lorena, almeno ufficialmente, quando lo interrogherà Vincenzo Scolastico, il procuratore capo di Savona. Lunedì, Julio, con i suoi tacchi a zeppa e le sue unghie laccate di rosso, è passato negli uffici della procura. Piccolino, un metro e 60 scarso, caracolla nei corridoi. Scarpe di camoscio, gonna nera a fiori bianchi lunga fino alle ginocchia, spacco molto vistoso, camicetta nera, pelle olivastra, occhi dal taglio obliquo, capelli lunghissimi, e il braccio ancora bendato. Gli hanno fatto vedere un mucchio di foto, ma non ne avrebbe riconosciuta nessuna, racconta un magistrato. Però, non c'era quella di Donato Bilancia. Quando invece gli hanno rimesso davanti il secondo identikit, ha ripetuto le stesse cose che dice da dieci giorni: «E' perfetto. Impressionante. E' lui». Da li sono partiti i carabinieri, da lì e da un metodo, come si fa nei fibri gialli. I carabmieri stavano facendo un lavoro meticoloso, preciso, anche un po' banale, se lo si confronta con i mezzi impiegati da qualcun altro. Mettevano assieme tutte le schede, i precedenti e le Mercedes nere. Un lavoro a incastro con il computer. Oddio, niente di speciale. Dall'altra parte, da Perugini a Pausa, c'era quasi tutto il gotha della polizia, c'erano criminologi, fior di consulenti. Di qua, c'erano solo il maggiore Ricciarelli e il maggiore Lettini, con i loro uomini. A volte bastano. Dalle schede sui malati pischiatrici è uscito fuori questo nome in mezzo a cento altri: Donato Bilancia. Seminfermità mentale. Nel luglio '76, condannato per «una rapina impropria». Nei rapporti dei carabinieri schedato come «abituale frequentatore delle prostitute». Nel '74 coinvolto nel defitto di una bella di notte. Prosciolto. Un poliziotto che lo arrestò dice di lui: «Un damerino». Gli amici: «Un violento». Ha due macchine: una Mercedes nera con un fanalino rotto e una Opel station wagon bianca. Le auto viste sulle scene dei delitti, guarda caso. Cominciano i controlli. Prima di fermarlo, i carabmieri lavorano a scagionare gli altri sospetti. Per questo, lunedì chiamano Julio Castro e gli fanno vedere tutte le foto che lui non riconosce. Adesso, sulla scena sono rimasti solo questi tre uomini, così diversi, così lontani, fra loro. L'indiziato numero uno, Donato Bilancia, il damerino violento, fissato negli occhi di Lorena in una notte nera di paura. Poi c'è Julio Castro, schiacciato dal terrore, che ripete dal primo giorno con la sua voce neniosa di «aver incontrato un folle: è lo stesso che uccide le puttane a Savona, è sempre lui». Julio ha passato le sue prime ore da sopravvissuto in ospedale a confidare tutto alla L'altra notte una prostituta aveva dato l'allarme «Venite, l'ho visto»

Persone citate: Donato Bilancia, Julio Castro, Julio Castro Lorena, Pausa, Ricciarelli, Vincenzo Scolastico

Luoghi citati: Genova, Lorena, Savona