«Ostaggi in una piscina di melma e morte» di Flavia Amabile

«Ostaggi in una piscina di melma e morte» «Ostaggi in una piscina di melma e morte» Ecco Quindici, un paese fantasma murato dai detriti QUINDICI (Avellino) DAL NÒSTRO INVIATO Un'unica strada permette di raggiungere Quindici, comune di 3500 abitanti, ma anche un migliaio di sfollati, sette dispersi, quattro morti riportati alla luce da quando due giorni fa mia valanga di fango si è riversata sul paese. Un'unica strada, dunque, ma non è una novità delle ultime ore, è il risultato delle frane che, lontane dai riflettori, quest'inverno non hanno mai cessato di cadere dal Pizzo d'Alvano, la montagna che domina e condiziona da sempre nel bene e nel male, il paese. La novità di queste ultime ore è che percorrendo quest'unica strada, la statale 403 proveniente da Nola, molto prima del cartello rimasto a segnalare l'inizio del territorio del comune di Quindici, all'improvviso l'asfalto scompare. Da quel punto in poi il nastro che corre sotto gli pneumatici dell'auto e la campagna assumono tutti lo stesso volto, quello del fango. Sarebbe sbagliato pensare al fango come a una massa fluida, morbida. Lo è finché non raggiunge la propria preda, poi si raggruma fino a formare un blocco duro, spesso come cemento, impossibile da smuovere senza l'intervento delle ruspe. Lo si capisce bene se si segue la striscia di fango, che da ieri mattina ha soppiantato anche l'unica strada di Quindici. La striscia attraversa la parte bassa del paese e si inerpica sulle prime pendici del Pizzo d'Alvano. Alle soglie della parte alta di Quindici, ci si blocca davanti a una barriera di fango, detriti, pezzi di autovetture, suppellettili, mobili, cornicioni di case, e altri oggetti inidentificabili, coperti come sono da una scorza marrone ormai indurita. Questa barriera ha salvato Quindici. Ha impedito alla massa di fango di proseguire la sua corsa più a valle e aggredire anche la parte bassa del paese Ma è stata anche la condanna a morte per quanti erano rimasti bloccati nella parte alta. I mezzi di soccorso sono costretti a fermarsi prima della barriera. Vigili del fuoco e volontari della Prote zione civile devono proseguire a piedi, e a piedi fare il possibile per strappare al fango gli even tuali superstiti. Ovvero, molto poco. A fatica si apre un varco e si giunge al corso principale del paese, un ammasso di auto rove sciate e detriti. Qui viene recuperata la prima vittima, Marilena Casu, 34 anni, originaria di Sassari. La donna lavorava come agente di polizia in servizio pres so il commissariato di Somma Vesuviana, ma aveva scelto di vivere a Quindici, luogo di nascita del marito, anche lui agente, in servizio a Nola. Marito e mo glie erano insieme a casa quando due sere fa è giunta la valanga di fango. L'uomo ha tentato di salvare la moglie. Si è anche ferito, ma inutilmente. Sono i soccorsi a portare a valle ieri mattina il cadavere della donna. Poi proseguono nelle ricerche, giungendo fino al centro del paese, tutto raccolto intorno alla piazza del Municipio. La chiazza la chiamano i suoi abitanti e la ricordano come il cuore della loro vita. Ai soccorsi la chiazza appare come un'enorme piscina di fango e morte. La marea melmosa giace murando gli ingressi dei suoi edifici: il Municipio, la tabaccheria, la farmacia, la pizzeria. Soltanto nel pomeriggio si riesce a estrarre dai palazzi sigillati altri tre cadaveri. Dalla farmacia riemergono i corpi di due donne. Uno appartiene alla farmacista, Olga Santaniello, un personaggio di primo piano nel paese. Sindaco per tre anni, dall'86 all'89, fu protagonista della lotta contro le infiltrazioni camorristiche nel paese, dove già il presidente della Repubblica Sandro Pertini era stato costretto a sciogliere l'amministrazione comunale. L'altro cadavere estratto ieri dalla farmacia appartiene alla consuocera, Esterina Mercolino. Il terzo cadavere viene fuori dalla tabaccheria della chiazza. Appartiene a Tullio Avello, 26 anni, figlio del proprietario del negozio. Ma il paese si inerpica ancora più in alto. E' la parte più vicina alla montagna e la più colpita dalla sua valanga di fango e detriti. Lungo la striscia di fango si incontrano innanzitutto i resti della chiesa dell'Immacolata. Non solo è crollata, ma è stata trascinata cinquanta metri più in basso dalla furia della valanga. Oltre la chiesa c'è una contrada, Casa Manzi, venti case, completamente spazzate via e travolte da una massa liquida che in alcuni punti raggiunge anche i tre metri d'altezza. Delle cento persone che le abitavano una buona parte è riuscita a salvarsi. Un numero ancora imprecisato, è invece, considerato disperso. Per un'intera giornata Cannine Cibelli scava con le proprie mani nel fango alla ricerca del suocero, Ermelindo Russo. Senza alcun risultato. Nemmeno i soccorsi sono più fortunati. In serata, sconforto e amarezza si leggono sui volti dei vigili del fuoco e dei volontari della Protezione Civile, da ore impegnati in una lotta impari .con il' muro di fango. Rabbia e rancore dominano, invece, sul volto del sindaco di Quindici, Antonio Siniscalchi. «E' successo quello che avevamo previsto, quello che andavamo denunciando quotidianamente. Nulla è stato fatto, e questo è il risultato», afferma, senza alcuna esitazione nel fare nomi e cognomi di quelli che indica come i responsabili tngmcddngtapq della catastrofe. «I miei concittadini vogliono giustizia - spiega e chi ha sbagliato deve pagare, per questo mi costituirò parte civile. Mi sono rivolto al governo, alla Regione Campania, alla Procura della Repubblica. Ho inviato denunce con cadenza mensile, ma non ho mai ricevuto risposta». La storia delle frane di Quindici, spiega il sindaco, è roba antica. A gennaio dello scorso anno vi fu una frana, i danni furono «ingenti». Otto mesi dopo, a novembre, un'altra frana. Questa volta, oltre ai danni, vi è anche un morto. Di nuovo - accusa Siniscalchi - nulla: «Nemmeno quel morto è bastato per far giungere gli aiuti di cui avevamo bisogno». Sotto accusa è soprattutto la Regione Campania che, nel ripartire i fondi stanziati dal governo, assegna a Quindici 200 milioni: «Nemmeno i soldi necessari per sgombrare le strade dal fango», commenta il presidente della provincia di Avellino, Luigi Anzalone. I fondi vengono rifiutati con un gesto plateale e unico il paese si prepara a affrontare un lungo inverno di piogge. Le frane continuano, quasi non vi si fa caso. La strada che collega il paese alla zona di Sarno, superando il Pizzo d'Alvano è perennemente chiusa. I Regi Langhi, i canali di scolo creati dai Borbone tre secoli fa si riempiono di detriti per la «man canza di manutenzione e incu ria». L'inverno passa senza inci denti, sono le piogge di primave ra a creare il disastro. La prima frana si verifica alle 10 del mat tino di martedì. Alle 13,45 parte dal palazzo del Municipio un fo nogramma di allarme diretto a Prefettura, amniinistrazione provinciale e Protezione Civile. Alle 18,30 la seconda valanga, poi un'altra alle 22,30, un'altra alle 23 e così via. I Regi Langhi, otturati da mesi di rifiuti, espio dono. L'unica strada di Quindici scompare sotto il fango. E' troppo tardi anche per i soccorsi. Il paese alto rimane isolato. Ai so prawissuti non resta che contare i morti. Flavia Amabile

Luoghi citati: Avellino, Campania, Sassari, Somma Vesuviana