«Anticancro, due anni per le risposte»

«Anticancro, due anni per le risposte» Anche in Italia studi su sostanze simili alle proteine scoperte negli Stati Uniti «Anticancro, due anni per le risposte» Esperti in coro: cautela ROMA. Due anni. 0 forse più. Tanto si dovrà attendere prima di poter scoprire l'effetto sull'uomo delle due proteine considerate «anti cancro», angiostatina ed endostatina, sperimentate dai ricercatori di Boston sugli animali di laboratorio. E' il parere del professor Silvio Monfardini, direttore dell'Istituto tumori di Napoli. «Occorrerà innanzitutto verificare la tolleranza - spiega - e per questo ci vorranno sei mesi, poi inizieranno i veri e propri trial terapeutici per le varie patologie. Già fra un anno, comunque, potremo avere qualche idea sul potenziale di risposta». Monfardini, però, frena sull'ottimismo: «Non è detto che questo effetto terapeutico si debba verificare anche nell'uomo, anzi sarei un po' cauto, perché si è già verificato in passato che su animali di laboratorio si ottenessero risultati che poi non si sono assolutamente riprodotti nell'uomo». Lo scopritore, Judah Folkman del Children Hospital di Boston, si dice cauto ma ottimista. «Nei topi ha spiegato - la combinazione di angiostatina ed endostatina si è dimostrata efficace nel 98 per cento dei casi, senza effetti collaterali». Gli specialisti del National Cancer Institute hanno avvertito però che probabilmente passeranno anni prima che la sperimentazione su esseri umani possa essere condotta su vasta scala. Il problema è che le due proteine sono molto costose e difficili da produrre. E la strada di studio è ancora lun- ga, a detta dei ricercatori italiani. A mettere nella giusta considerazione gli entusiasmi provocati dallo studioso statunitense è la professoressa Maria Ines Colnaghi, direttrice della divisione di oncologia sperimentale dell'Istituto tumori di Milano: nell'ospedale milanese, tra l'altro, sono già arrivate telefonate di cittadini, comprensibilmente ansiosi di conoscere le reali prospettive delle ricerche. «La strada di far morire per fame il tumore bloccando la formazione di nuovi vasi sanguigni che portano nutrimenti alle cellule tumorali impazzite - ha spiegato Colnaghi - è una strada nuova che si sta percorrendo da alcuni anni anche in Italia, ma è in una fase preclinica; occorrono ancora studi farmacologici di assenza di tossicità prima di poterli proporre per la sperimentazione sull'uomo». All'Istituto farmaco¬ logico Mario Negri di Bergamo sono allo studio, infatti, con risultati promettenti, sostanze analoghe a quelle individuate dallo statunitense Judah Folkman. Gli studi, in corso di sperimentazione sugli animali di laboratorio, sono stati condotti dalla biologa Raffaella Giavazzi che ha definito «molto interessanti i dati preliminari». Giuseppe Di Bella, figlio del professor Luigi, sostiene che la sperimentazione americana avrebbe dei punti di contatto con la cura del padre. «Il contatto - sostiene Giuseppe Di Bella - è nell'effetto inibitore». Sono migliaia le sostanze allo studio in laboratorio o in sperimentazione sugli animali e anche sull'uomo che mirano a diventare farmaci contro i tumori, ma pochissime molecole arriveranno al traguardo finale. L'iter farmacologico di una sostanza dura almeno 10 anni, ha ricordato l'oncologo Francesco Cognetti dell'istituto Regina Elena di Roma, «Nel bagaglio farmacologico di un oncologo i farmaci antitumorali non sono più di 30 e per arrivare a definirli tali ci sono state selezioni su centinaia di migliaia di sostanze, di sintesi o estratte da piante». Per ora, comunque, la cura appena abbozzata ha già fatto bene a «qualcuno»: pochissimo tempo, infatti, hanno impiegato le azioni della Entremed, la società americana che ha contribuito a creare una proteina che potrebbe aiutare la lotta contro il cancro, a triplicare il loro valore. In mattinata a Wall Street i titoli Entremed hanno registrato un fortissimo rialzo, arrivando a sfiorare un rialzo del 600 per cento. [r. r.] Test in laboratorio Sotto a destra l'oncologo Francesco Cognetti dell'istituto Regina Elena di Roma E a Wall Street volano le azioni della società che ha finanziato la ricerca ébn ■ ;] >:tò làdaibq affi L'oncologo Pietro Gullino (a sinistra) ha lavorato per vent'anni al Bethesda Cancer Institute e ha fatto ricerca con Judah Folkman