Spunta il nome di Chirac per le tangenti neogolliste

Spunta il nome di Chirac per le tangenti neogolliste Lo accusa l'ex tesoriere del partito. £ il giudice istruttore deve decidere se interrogare il Presidente Spunta il nome di Chirac per le tangenti neogolliste PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Doccia fredda per Jacques Chirac. Reduce dai controversi trionfi di Bruxelles, lo attende a pie fermo un giudice istruttore. Può, un semplice magistrato, convocare l'inquilino dell'Eliseo? si domanda «Le Monde» rivelando la ghiotta vicenda. Ce 10 diranno i prossimi giorni. Ma 11 suo nome figura nella deposizione, gravissima, dell'ex tesoriere gollista Robert Galley. «Nel 1984 Jacques Chirac mi illustrò i gravi problemi finanziari dello rpr, spiegandomi che dipendeva da me trovare fondi freschi». Missione difficile. Ma Chirac era, in quegli anni, sindaco di Parigi. E il Municipio - secondo le prime risultanze - assunse almeno 18 funzionari rpr spacciandoli per suoi dipendenti. Nell'elenco si mormora compaiano la segretaria di Alain Juppé e di Jacques Toubon, futuro guardasigilli. L'organico rpr passò peraltro da 26 effettivi nel 1989 a 187 un lustro dopo. Jacques Chirac conosceva i metodi fraudolenti cui il suo staff ricorse, previa l'autorevole sollecitazione e grazie a complicità nella macchina comunale, per rimpinguare la cassa? La domanda, oggi, non è più eludibile. Malgrado i numerosi ostacoli frappósti dall'establishment, l'assedio dei giudici quasi una decina - che braccano le malversazioni in seno a rpr e Hotel de Ville sboccherà forse su una svolta clamorosa. Capro espiatorio per mesi, il sindaco attuale Jean Tiberi vede ormai il Gotha rpr tenergli compagnia nel più ampio scandalo politico che la Francia co¬ nosca. Galley e i due successori chiamano in causa, oltre a Juppé e Toubon, l'ex ministro degli Interni Jean-Louis Debré, il suo collega Bernard Pons e numerosi vip di obbedienza chiracchiana. Lo stesso Michel Roussin, in cui Jacques Chirac trovò un fedele capogabinetto, rischia grosso. E al «lunedì nero» dell'Eliseo si aggiunge, alle 18,18, un'ennesima tegola. Frangois Mancel, che fu il Numero Due allo rpr prima di venirne escluso nel marzo scorso per dichiarazioni favorevoli ad alleanze con il Front National, è in carcere. L'accusa: truccava gli appalti. Un secondo fedelissimo, Patrick Stefanini, che Chirac ricompensò - dopo la débàcle elettorale nel giugno '97 - nominandolo alla (supre¬ ma ironia) Corte dei conti, si troverebbe in posizione non meno scomoda. Lo scenario è catastrofico. Tiberi si ostina a non abbandonare la poltrona, ma politicamente lo definiremmo un cadavere. E Patrick Desmure ha messo kappaò Jacques Toubon, che finora guidava la guerriglia di secessione per scalzarlo dall'interno. Juppé trema. E a Chirac non rimane che augurarsi il reverenziale timore verso l'Eliseo blocchi un'imbarazzante convocazione. La Presidenza della Repubblica tace. Excusatio non perita... Ma l'inquietudine serpeggia. Già testimoniare sarebbe un piccolo dramma. La Francia non ha l'abitudine di lavare in pubblico i panni sporchi. E il carisma presidenziale ne soffri¬ rebbe parecchio. Va infine ricordato che la patria di Montesquieu lo smentisce garantendo al Potere un ampio controllo sui giudici. I Di Pietro transalpini hanno quindi eccellenti motivi per invidiare l'originale. La loro timidezza relativa non impedisce comunque i poitici dall'attaccare i presunti eccessi di cui sarebbero vittime. L'ultimo esempio è Roland Dumas. Frangois Mitterrand lo designò in extremis per presiedere la Corte Costituzionale. Ma lo insegue una vecchia questione di bustarelle su commesse militari per Taiwan. Incriminato da pochi giorni, giura che non si dimetterà denunciando un'«istruttoria tendenziosa». E dice: «Ho l'avallo di Jacques Chirac». Il Presidente difende il garantismo. Un richiamo alla «doverosa presunzione di innocenza» figura spesso nelle allocuzioni televisive presidenziali. Pro domo sua? Enrico Benedetto LA TANGENTOPOLI FRANCESE 1994. Il giudice Eric Halphen spicca un ordine di cattura contro l'impresario edile Francis Poulain per contraffazioni contabili in lavori appaltati. Tre mesi più tardi (in novembre) il ministro della Cooperazione nell'esecutivo Balladur, Michel Roussin, viene incriminato perla medesima vicenda. Dovrà dimettersi. 1995. «Le Canard enchàiné» rivela che Alain Juppé e suo figlio occupano a prezzo di favore due alloggi comunali. Il premier trasloca in autunno. Il procuratore di Parigi sancisce «per ragioni d'opportunità» un non luogo a procedere. 1996. In maggio Michel Giraud, presidente rpr alla regione Ile-de-France entra nel mirino di Halphen. Appalti irregolari. Il 27 giugno lo stesso giudice perquisisce la casa del sindaco di Parigi Jean Tiberi. Il 6 novembre sua moglie riceve un avviso di garanzia per storno ai fondi pubblici e ricettazione. 1998. Il Consiglio Costituzionale conferma l'esistenza di gravi brogli elettorali dietro l'elezione di Jean Tiberi all'Assemblée Nationaie. Ma non giunge a invalidare il mandato. Emerge un vero e proprio «manuale della corruzione» che Xavier Duguin - boss rpr nella banlieue parigina - userebbe per spartire le tangenti. li presidente francese Jacques Chirac durante il recente intervento tv sull'Euro

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