Un esame in Parlamento per Duisenberg il testardo di Marco Zatterin

Un esame in Parlamento per Duisenberg il testardo Un esame in Parlamento per Duisenberg il testardo RETROSCENA L'UOMO DELIA STAFFETTA L B INCARICO è di otto anni. " Io ne ho sessantadue e po¬ trei tirare avanti ancora per molto tempo». Era il trenta gennaio scorso e, in una saletta del centro congressi di Davos, Wim Duisenberg sfoderava il suo solito linguaggio asciutto per spiegare come si sarebbe dovuta concludere la lunga volata a due verso la presidenza della Banca centrale europea. Sabato scorso ha dovuto cambiare idea, e davanti agli Undici che gli avevano appena attribuito l'intero mandato, ha messo per iscritto che «per motivi di età» non era sua intenzione di restare sino alla fine. Se ne andrà dopo quattro armi, e sarà sostituito da un francese così come ha voluto la logica del compromesso. Gli resterà l'onore di aver firmato le prime banconote in Euro e il ricordo di una piccolagrande bugia che - si spera - nessuno avrà mai il cattivo gusto di rinfacciargli. Comunque sia andata, la brutta figura l'hanno fatta altri. Fatto sta che neanche un certificato medico renderebbe credibile una diagnosi di salute cagionevole per questo signore olandese dal passo lungo e cadenzato. Wim Duisenberg è uno che si vede arrivare da lontano, e non solo per la bianca chioma dagli assetti improbabili che fa la gioia dei caricaturisti. E' energico, volitivo, alto e ben piantato. In breve: si nota in un batter d'occhio. Ha la voce profonda di chi fuma molto, un tono che non cambia quando salta da una all'altra delle molte lingue che conosce. Per essere un banchiere centrale olandese non porta delle brutte cravatte. I collaboratori gli riconoscono una dose straordinaria di pragmatismo, ma pare che questa sia la dote principale di tutti i nativi di Hoerenveen, cittadina di una regione la Frisia - popolata da mucche generose e allevatori testardi. Duisenberg, che giovedì dovrà superare il test politico del Parlamento europeo, è certamente testardo, eppure non dogmatico. Quando nel 1973, nel bel mezzo della prima crisi petrolifera, viene chiamato al ministero delle Finanze dalla coalizione di centrosinistra, mette in piedi un piano di crescita a base di spesa pubblica che gli vale l'etichetta di keynesiano di ferro: in pochi mesi, le uscite statali salgono dal 48 al 55 per cento del pil olandese. Gli effetti sono positivi, anche se l'opposizione non smette di accusarlo di aver fatto crescere a dismisura l'area di influenza pubblica nell'economia. Dopo un anno in Parlamento e tre alla Rabobank, quando Duisenberg entra nel 1981 alla Nederlandsche Bank il suo sogno keynesiano è finito. Quasi subito gli tocca svalutare il fiorino, e questo gli servirà ad imparare la lezione. Nei quindici anni da presidente dell'istituto di emissione, il canuto governatore si è fatto conquistare dalla disciplina del rigore ispirata da Francoforte, ha seguito da vicino la Bundesbank e praticato con metodo una politica del fiorino forte. La grande soddisfazione della sua vita se l'è tolta nell'agosto del 1993: mentre l'Europa era massacrata dalla speculazione e decideva di allargare le bande di oscillazione del Sistema monetario, l'Olanda si impegnava unilateralmente a rispettare la banda più stretta. Un trionfo. Da questo momento in poi nulla riesce a toglierlo dalla testa delle hit parade della Buba e di Helmut Kohl, che ne apprezzano il rigore e la riservatezza, e lo fanno eleggere alla guida dell'Istituto monetario europeo, prodromo dell'Eurobanca. «Ai giornalisti bisogna parlare come la Sibilla» ama ripetere. «Ci sono solo tre categorie di domande che potete pormi - ha detto in una conferenza stampa - : quelle a cui so rispondere e rispondo; quelle a cui non so rispondere e non rispondo; quelle a cui so rispondere e non voglio rispondere». Non è una linea rivoluzionaria, ma detta così spiega il personaggio. I tedeschi, con gli altri cavalieri dell'area del marco, lo hanno indicato sin dall'inizio come candidato alla guida dalla banca centrale europea, ne hanno fatto il loro Principe della stabilità. Certo la Bundesbank deve aver ritenuto che non fosse solo la sintonia strategica a farne un buon candidato, e del resto era inevitabile. Poi ci si è messo il presidente Chirac e il risultato su cui tutti scommettevano è cambiato. Ci sarà la staffetta e Duisenberg andrà in pensione rispettando i tempi della riforma Treu. Lo troveremo su un campo di golf, o forse immerso in qualche importante lettura come a lui piace. Una delle leggende su Wim il Bianco narra che, insoddisfatto di un discorso, abbia chiesto allo scrittore olandese Harry Mulisch di metterlo un po' a posto. Deve essere andata bene una volta soltanto. Qualche tempo fa, nell'aprire un convegno, Duisenberg disse scherzosamente che stava per pronunciare «il discorso più noioso mai sentito». Il Fi nancial Times, sebbene abituato a sentir governatori tutti giorni, fu costretto a dargli ragione. Poco male. I banchieri centrali sono apprez zati di più per le parole che non dicono. Salvo quando si tratta di sai vare l'Europa dal rischio di una crisi micidiale come successo sabato sera. Marco Zatterin Tre anni da ministro e quindi all'Istituto centrale olandese nel nome del rigore, del fiorino forte e della sintonia con la Bundesbank Wim Duisenberg e Jean-Claude Trichet Sotto, Hans Tietmeyer

Luoghi citati: Delia, Europa, Francoforte, Olanda