L'Euro regge a Wall Street di Franco Pantarelli

L'Euro regge a Wall Street L'Euro regge a Wall Street Gradimento dei mercati Usa ai «falchi» della Banca centrale NEW YORK. Non è stato un trionfo, ma l'Euro ha retto bene. Era grosso modo questa l'indicazione che veniva ieri giornata di debutto della nuova moneta unica europea - dagli ambienti finanziari americani. Dopo la lunga e non precisamente edificante maratona di discussioni sulla nomina del presidente della Banca centrale, la battuta che sintetizzava il tutto («hanno fatto la cosa migliore nel modo peggiore») aveva fatto temere una reazione negativa nelle contrattazioni di Borsa, ma non è stato così. Certo, la domanda di Euro non è stata proprio travolgente e le richieste hanno continuato a riguardare principalmente le singole monete europee; ma questo era stato messo nel conto. Ciò che conta, dicevano molti analisti ieri, è che quelle singole monete hanno conservato la forza che avevano prima della storica riunione di, Bruxelles. La* flessione del marco nei confronti del dollaro è stata estremamente 1,7822 a 1,7776. E questo perché, dicevano tutti, il mercato si è sentito in qualche modo rassicurato sia dal fatto che i due contendenti di Bruxelles - il «mezzo vincitore» Wim Duisenberg e il «mezzo sconfitto» Jean-Claude Trichet - hanno ambedue un'ottima reputazione, sia perché i cinque uomini chiamati ad affiancare il presidente e il suo successore designato nel direttorio della Banca europea hanno tutti una nomea di «falchi» della lotta all'inflazione. I loro nomi, insomma, sono una garanzia a prescindere dal modo in cui le loro nomine sono avvenute, e questo è in definitiva ciò che il mercato ha tenuto presente innanzi tutto. Osservazioni tutto sommate positive, quindi, da questa parte dell'Atlantico, ed è proprio questo che in qualche modo ha riaperto il sempre negato ma indubbiamente presente «timore» dell'Ameri- Bill Clinton lieve, da ca. Per via dei fusi orari, quando qui si sono svegliati i mercati europei il loro responso sull'Euro lo avevano già dato e gli operatori finanziari potevano leggere sul «Wall Street Journal» un'intervista di Bill Clinton che in qualche modo prevedeva come sarebbero andate le cose. «Io credo che la generale tendenza verso l'unione politica ed economica esistente in Europa sia una buona cosa», dice il Presidente. «Gli Stati Uniti l'hanno sempre appoggiata ed anch'io, personalmente, l'ho sempre appoggiata». Ma ora che quella tendenza ha trovato una sua forte concretizzazione nel varo della moneta unica il timore che riaffiora è quello di un possibile «Euro-protezionismo». Nel trattare con gli Stati Uniti e con gli altri, aggiunge infatti Bill Clinton «è bene che gli europei trovino il modo di continuare a mandarci i segnali giusti, e cioè che intendono aprire le loro economie, che si stanno unificando senza sbattere fuori gli altri». Questo del protezionismo, come si sa, è un vecchio pallino degli americani che non hanno mai mancato un'occasione per rimproverare i «prezzi politici» di Bruxelles sui prodotti agricoli e varie altre «gabbie» che rendono complicata la strada delle merci americane verso il mercato europeo. Non hanno mai raggiunto l'aperto risentimento manife stato spesso nei confronti dei giapponesi, ma non ci sono dubbi sulla loro insoddisfa zione per il fatto che la comu nicazione commerciale fra Stati Uniti e Europa somiglia, come disse tempo fa un eco nomista «alle trappole per le aragoste: muoversi in un verso è facilissimo, nell'altro quasi impossibile». L'accenno di Clinton alle «aperture» ha avuto il tono di un augurio sincero da parte di un amico, ma la speranza che le orecchie giuste lo prendano anche come un monito sembra evidente. Franco Pantarelli Bill Clinton

Persone citate: Ameri, Bill Clinton, Claude Trichet, Clinton, Wim Duisenberg

Luoghi citati: Bruxelles, Europa, Stati Uniti, Usa