Terzo Reich, risolto l'ultimo mistero di Emanuele Novazio

Terzo Reich, risolto l'ultimo mistero GERMANIA Smentita la leggenda della fuga in Sud America, si suicidò a Berlino Terzo Reich, risolto l'ultimo mistero Identificati con il Dna i resti di Martin Bormann BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Per anni è stato l'uomo più ricercato al mondo, per anni le sue tracce sono state «riconosciute» in Sud America, in Urss, in Italia, in Gran Bretagna, in Polonia. Per anni, storici e detective si sono chiesti se Manfredo Berg, Kurt Gautsch, José Pessea, Iliezer Goldstein, Josef Jany o Martino Bormagione erano in realtà Martin Bormann, l'uomo più potente della Germania nazista dopo Adolf Hitler. A 53 anni dalla fine della guerra, l'analisi genetica ha risolto l'ultimo mistero del Terzo Reich: il segretario del Fuerher, ministro del Reich e capo della Cancelleria del partito è morto suicida il 2 maggio del '45. I resti trovati nel 1972 a Berlino appartevano davvero a lui, come «Spiegel» e «Welt am Sonntag» anticipano e in settimana verrà ufficialmente comunicato dalla procura di Francoforte. Come materiale di controllo per l'esame del Dna è stato utilizzato un campione di sangue prelevato a una zia ottantatreenne di Bormann, la sorella di sua madre Antonie. Martin, il figlio sessantottenne dell'ex dignitario di Hitler, ha fatto sapere che ai resti del padre sarà data sepoltura nei prossimi giorni, ma che la famiglia non vuole trasformare la sua tomba in una occasione di raduno per nostalgici e neonazisti: il luogo resterà dunque segreto. L'analisi genetica conferma la sentenza emessa dalla procura di Francoforte nell'aprile del '73, secondo la quale «lo scheletro trovato a Berlino è con sicurezza lo scheletro dell'imputato Martin Bormann». Ma soprattutto, l'esame compiuto dall'Istituto di medicina legale dell'Università di Monaco mette fine a un mistero che per anni ha aumentato miti e leggende: nel do¬ poguerra, almeno sedici persone sono state arrestate perché sospettate di essere l'ex segretario di Hitler, almeno una decina di volte gli investigatori tedeschi e di altri Paesi hanno creduto di averne trovato la tomba, e alla fine degli Anni Settanta soltanto la procura di Francoforte aveva raccolto quasi settemila «indizi sulla sua presenza»: nel convento francescano di Sant'Antonio a Roma, per esempio; nell'abbazia benedettina di Montserrat, in Spagna; in una parrocchia polacca. E ancora in Paraguay, in Argentina, in un villaggio inglese, a Mosca. Aveva ragione il tribunale di Francoforte, invece: il segretario di Hitler si uccise col veleno dopo essere stato fermato dai russi mentre, in fuga dalla Cancelleria in fiamme, cercava di portare il testamento di Hitler al nuovo capo dello Stato, Karl Doenitz. Emanuele Novazio