Non sarà una super Bundesbank di Alfredo Recanatesi

Non sarà una super Bundesbank Bce, equilibrio tra stabilità monetaria e politica economico-sociale Non sarà una super Bundesbank LA Banca centrale europea nasce sulle fondamenta di uno scontro aspro tra Germania e Francia risolto con un compromesso non solo accettabile, ma ricco di significati positivi. Non è stato uno scontro di potere, o di mero prestigio, come qualche moralista di casa nostra è stato incline ad interpretare, ma di sostanza: uno scontro politico alto tra visioni contrapposte che si è risolto in un accordo che le legittima entrambe e le compone costruttivamente. Se questo scontro non ci fosse stato, o fosse stato soffocato sul nascere nel riserbo delle cancellerie, la Banca centrale che sarebbe nata sarebbe stata un ingrandimento al pantografo della Bundesbank; una Banca centrale, cioè, volta esclusivamente alla difesa della stabilità monetaria, senza occhi per vedere né orecchie per sentire la vita ed i problemi dell'economia reale, della società civile, delle istituzioni politiche, insomma di quel mondo secolare del quale la moneta e la politica monetaria è solo uno dei tanti aspetti; anzi, uno strumento. Una Banca centrale siffatta era motivo di qualche non lieve preoccupazione non solo e non tanto perché non sia corretto che la difesa della stabilità monetaria fosse il primo, se non l'unico, dei suoi compiti istituzionali, ma perché, in un assetto istituzionale come quello che si deli¬ nea per l'Europa degli Undici almeno per gli anni più prossimi, questa Banca centrale non avrebbe avuto alcun contrappeso di istituzioni politiche, e possibilmente rappresentative, che ne avesse bilanciato il potere, l'ottica, l'approccio ai problemi, comunque complessi, che nel tempo si porranno. Contro una simile Banca centrale di stampo palesemente monetarista e conservatore, si è opposta la Francia: in generale la Francia portatrice di una cultura più articolata ed aperta, nello specifico la Francia progressista di Jospin la cui resistenza ad una semplice trasposizione su scala europea della Bundesbank era già stata manifestata con la richiesta di un organismo - l'È-11 - che, in presenza di una politica monetaria unica e centralizzata, provvedesse almeno ad un informale coordinamento delle politiche economiche. La concezione implicita nella controcandidatura di Trichet, infatti, è quella di una Europa fondata suU'equilibrio dei poteri istituzionali e nella quale, conseguentemente, le ragioni della stabilità monetaria si compongano con le ragioni della politica economica e sociale; e nella quale il ruolo delle magistrature tecnocratiche si componga con quello degli organi rappresentativi della volontà popolare. Seppure nella forma il compromesso rag¬ giunto non sia dei più esaltanti, nella sostanza esprime bene l'esigenza che le due scuole convivano e, convivendo, rendano meno probabili le tensioni che certamente si sarebbero prodotte nel caso l'una avesse nettamente e definitivamente prevalso sull'altra. Soprattutto all'Italia, la cui Banca centrale è stata un esempio per molti aspetti precursore dell'attenzione dovuta alla crescita qualitativa e quantitativa dell'economia, alla perequazione sociale, alle possibilità ed ai limiti delle istituzioni politiche, ed il cui governo esprime una maggioranza progressista, soprattutto all'Italia, si diceva, dovrebbe piacere che Banca centrale europea nasca più «europea» di quella meramente teutonica che si andava delineando. Il suo presidente, ed ancor più lo sponsor che l'ha voluto, esprimono l'esigenza, oggi certamente primaria, di offrire ai mercati e al mondo ogni possibile garanzia che l'Euro nasce robusto e verrà svezzato con teutonico rigore; ma la condizione temporale della nomina e l'impegno fin d'ora per una piena presidenza francese, e quindi di diversa scuola, sta lì a ricordare, al presidente come al suo sponsor, che l'assenza di istituzioni politiche europee forti non significa che le istituzioni politiche degU Undici siano distratte o del tutto impotenti. Due considerazioni, infine, sull'assegnazione all'Italia di uno dei sei posti nel direttivo della Banca centrale europea. La prima: essendo l'Italia il terzo tra gli undici Paesi che aderiscono all'unione monetaria, un posto era dovuto; non c'è motivo, dunque, di rallegrarsi più di tanto. La seconda considerazione attiene la nomina, per quella carica, di Tommaso Padoa-Schioppa, attuale presidente della Consob. La circostanza che Padoa-Schioppa sia una delle persone più competenti ed autorevoli che l'Italia possiede per cariche istituzionali del più alto livello nazionale, internazionale e sovrannazionale non esclude che delle due, l'una: o è stato corretto nominarlo nel direttivo della Bce, ma in questo caso è stato un errore nominarlo un anno fa alla presidenza della Consob; oppure, se andava bene alla Consob, sarebbe stato più opportuno nominare alla Bce un'altra persona. La Banca centrale europea è importante, certo; ma lo è anche la Consob, ed aver nominato in quest'ultima un presidente di grande spessore e prestigio per poi sostituirlo dopo appena un anno non giova certo ad attribuire alla stessa Consob l'autorità e la forza morale che fin dalla sua istituzione aspetta di raggiungere. Alfredo Recanatesi

Persone citate: Jospin, Padoa-schioppa, Tommaso Padoa-schioppa, Trichet