Zucconi direttore nomade di Ugo Bertone
Zucconi direttore nomade Morto a 78 anni: dal «Giorno» al «Corriere dei Piccoli», i successi di un giornalista atipico Zucconi direttore nomade «Tante dimissioni per non dire troppi si» CMILANO UGLIELMO Zucconi, direttore editoriale del \Giorno, Resto del Carli—Ino e Nazione, è morto ieri pomeriggio nel sonno, a 78 anni, nella sua abitazione di via Visconti Venosta. Lascia la moglie, Amia Montanari, e quattro figli: Vittorio, inviato di Repubblica, Guido, docente di architettura, Paola e Sonia. «E' scomparso un grande direttore e un grande professionista» è stato il primo commento di Gaetano Afeltra, che proprio a Zucconi cedette la direzione del Giorno nel 1980. «Era un giornalista atipico commenta Giorgio Bocca - per il panorama italiano, perché sapeva non prendersi sul serio. Lo conobbi a Canale 5. Era in grado, addirittura, di sdrammatizzare i rapporti con Berlusconi...». Un nomade del giornalismo, si potrebbe aggiungere, dato che, in mezzo secolo di lavoro, lavorò in undici testate riuscendo a dirigerne sette. «Il mio segreto? La mia maggior colpa, semmai - disse una volta scherzando (ma non troppo) - è stata quella di guardare come direttore più alla tiratura che alla cultura. Mai paura finché tira la tiratura, era il mio motto...». Tutto cominciò nella Milano che si avvicinava agli anni del boom, al bar Motta di piazza Cavour. «Fui io a volere quell'appuntamento - rivela Gaetano Afeltra - per assumerlo al Corriere di Informazione. No, di persona non lo conoscevo, ma mi era giunta voce delle sue qualità». Correva l'anno 1954 e Zucconi, già collaboratore di Melloni (il futuro Fortebraccio) al Popolo, era da poco sbarcato, da solo, a Milano, lasciando la famiglia a Modena. Ma, a soli 35 anni, Zucconi, bolognese di nascita, modenese di adozione, già vantava una lunga gavetta in provincia dopo la laurea in lingue a Firenze. Era stato direttore, tra l'altro, della Gazzetta di Modena prima di passare al Popolo. Poi, grazie a Afeltra, il passaggio alla scuderia del Corriere. «U primo pezzo - racconta ancora Afeltra - lo feci leggere a Missiroli. E lui, il direttore, si era limitato a dire: bene, bene, bene. Zucconi mi ha ricordato più volte quell'episodio, la sua emozione profonda e vivissima, a tanti anni di distanza». Quel Missiroli «con le sue mani bianche sotto la luce del tavolo» divenne poi protagonista di un romanzo di Zucconi, Il Cherubino, dove è rappresentato «un direttore pavido, prudentissimo». «Ma in parte - ammise lo stesso Zucconi - quel direttore sono io...». E direttore prudente fu di sicuro nell'80 quando approdò al Giorno dopo una legislatura nelle file della De dal '76 all'80, negli anni terribili del delitto Moro («Era uno di quei rari democristiani per bene», commenta Giorgio Bocca). Toccò a lui prendere in mano il quotidiano a cui aveva collaborato il leader ucciso dalle Br, in una stagione difficile per l'Eni. Zucconi pilotò il quotidiano su terreni nuovi, puntando a una formula nuova: meno politica, più società e costume un taglio di quotidiano popolare. E non mancarono le polemiche, soprattutto da parte di chi lo accusò di voler liquidare l'eredità del vecchio Giorno, quello di Italo Pietra. «Non sopporto più - scrisse anni dopo a proposito dei giornalisti - le loro anime belle... La loro ipocrisia mi indigna. Con i politici mi sono sporcato anch'io, ma almeno io l'ammetto, ne ho coscienza. In giro sento solo animucce candide». Un combattente, insomma, all'apparenza curiale e paterno ma «un vero duro» come lo ricorda Claudio Guglielmetti, oggi caporedattore del Giorno. Dopo quel primo articolo nel '54, alla corte di Missiroli e Afeltra, venne il vero decollo di una delle carriere più fortunate del giornalismo italiano, in più direzioni. Zucconi ha lavorato per il teatro, la radio e la televisione. E' stato, per trent'anni, docente di tecnica della Comunicazione presso la Cattolica. Soprattutto, è stato un direttore di successo. A lui è legata una delle stagioni più fortunate del Corriere dei Piccoli, poi, dopo un breve passaggio a Amica, la responsabilità della Domenica del Corriere. In quegli anni Zucconi trova il tempo per dar sfogo anche al suo non comune talento letterario. Dalla sua penna nasce un personaggio destinato a diventar una star della tv dei ragazzi dell'epoca: è Scaramacai, impersonato da Sandra Mondaini, cui si affiancano altre opere di successo per bambini e ragazzi. Ma la produzione di Zucconi è quasi sterminata: si va dai racconti ai romanzi, alle testimonianze e alle opere di saggistica. Più una miriade di testi per la radio, per il primo Dario Fo, ad esempio. C'è anche una commedia musicale, il marito in collegio assieme a Leo Chiosso, a testimonianza di un talento versatile, condito da una certa ironia e da una robu¬ sta vena popolare, qualità necessarie per durare senza logorio in un mercato difficile. La sua ricetta? «Ho imparato - disse - che se dici dubito di sì a un politico sei finito. Se gli dici no, la prima volta si arrabbiano, la seconda si preoccupano, la terza ti lasciano perdere. E' il problema vero di ogni di rettore: se vuole durare deve dire di sì. Io ho dato spesso le dimissioni». Ma, sotto quella corteccia di cinismo e di disillusione, c'era l'enorme passione per il mestiere e l'affetto, la complicità con Vittorio, erede del suo talento. «La cosa che più colpiva in lui - conclude Afeltra - era proprio la soddisfazione per la carriera e il successo di Vittorio». L'ultimo successo, insomma, prima della fine che lo ha colpito all'inizio di maggio, a pochi passi da quella che è stata la sua ultima scrivania. Da direttore, naturalmente. Ugo Bertone Un ingegno versatile: scrisse anche commedie musicali e testi per Fo, inventò il personaggio diScaramacai ade ppi si»
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