Una taglia sull'amica della Baraldini

Una taglia sull'amica della Baraldini Rifugiata a Cuba Una taglia sull'amica della Baraldini NEW YORK. Centomila dollari: è la taglia messa sulla testa di Assata Shakur. Gli Stati Uniti, che ignorano da anni il caso di Silvia Baraldini, si sono mobilitati per riportare davanti alla giustizia la militante nera rifugiata da anni a Cuba che Silvia, secondo le accuse, nel 1979 avrebbe aiutato ad evadere. Il caso di Assata, il cui vero nome è Joanne Chesimard, è tornato all'attenzione di Washington durante la visita del Papa a Cuba lo scorso gennaio: un reporter al seguito del Pontefice riuscì a rintracciare la donna all'Avana e a intervistarla per una rete tv del New Jersey. Da allora la governatrice del New Jersey Christine Todd Whitman ne ha fatto un caso personale: ha alzato da 25 mila a centomila dollari la taglia sulla testa dell'evasa, ha scritto telegrammi di fuoco alla segretario di Stato Madeleine Albright e al ministro della Giustizia Janet Reno perché si facciano promotrici dell'estradizione. «Non potremo mai normalizzare le relazioni con Cuba se prima non ci consegnano i criminali che proteggono. Non potremo mai fare affari con chi dà asilo a un'assassina di un poliziotto», ha dichiarato in una conferenza stampa la Whitman. Assata Shakur ha 50 anni: ne aveva 25 quando fu coinvolta in una sparatoria sulla New Jersey Turnpike in cui perse la vita un agente di polizia. Nel corso del processo non venne I provato che fu lei a sparare i due colpi fatali. Assata fu tuttavia condannata all'ergastolo da una giuria di soli bianchi sulla base di una legge secondo cui tutte le parti coinvolte nella morte di un agente sono egualmente responsabili dell'omicidio. Rinchiusa in una prigione a Clinton, New Jersey, nel 1979 la donna riuscì ad evadere. Nella sua fuga, secondo gli investigatori americani, avrebbe avuto una parte anche la Baraldini che si trovava al volante di un'auto utilizzata nell'evasione. Sei anni dopo Assata ricomparve a Cuba. Ospite di Fidel Castro, ha lanciato un appello al Papa perché il suo caso sia riesaminato alla luce di una giustizia più equa e alla televisione del New Jersey ha protestato la sua innocenza dichiarandosi vittima di un sistema giudiziario razzista. In Italia continua la mobilitazione sul caso Baraldini. Oltre 200 deputati di vari gruppi parlamentari hanno inviato una lettera al Presidente del Consiglio, Romano Prodi, in partenza per gli Usa. «Caro presidente, mentre ti accingi a recarti in visita ufficiale negli Stati Uniti, molti di noi desiderano ricordare il caso di Silvia Baraldini, cittadina italiana detenuta da oltre 16 anni negli Stati Uniti, che sta scontando una condanna lunghissima benché non coinvolta in fatti di sangue». La lettera è stata promossa da Furio Colombo e Fabio Mussi. Ir, cri.]