Lo strumento universale

Lo strumento universale MUSICA Lo strumento universale Un computer per creare tutti i suoni UN pianoforte, o un violino, servono per musiche e tempi i più diversi: Mozart e il festival di Sanremo, Chopin, il jazz e l'opera lirica. Perché non potrebbe esistere uno strumento altrettanto duttile per le composizioni elettroacustiche? E' questo, il senso della Macchina del 2000: progetto dei Centri Musicali Associati (Cemat, presidente Gisella Belgeri), coordinatore scientifico il fisico Giuseppe Di Giugno, lo stesso che, a fine Anni 70, chiamato a Parigi da Pierre Boulez, realizzò il Laboratorio di informatica musicale in tempo reale dell'Ircam. Composta di moduli base assemblatali tra loro, ognuno dei quali capace di 1 miliardo di calcoli al secondo per trattare i suoni (cioè analizzarli, sintetizzarli ed elaborarli in tempo reale), la Macchina del 2000 dovrà essere flessibile, non dipendente dalla tecnologia del tempo e continuamente perfezionabile, programmabile a seconda delle esigenze, accessibile per costi e trasportabile come dimensioni. Preventivo, 7 miliardi; probabile conclusione dei lavori, entro la fine del 2000. Due le équipe impegnate: una musicale e una scientifica. Quest'ultima è composta da docenti universitari di Roma (Tor Vergata), Napoli, Genova, da ricercatori del Cnr (di Pisa), dall'Istituto per la ricerca dell'industria e dello spettacolo (Iris) e dal Centro Ricerche Musicali di Roma (Crm, che alla produzione musicale affianca la ricerca scientifica). «In questa prima fase», dice Giuseppe Di Giugno, «l'hardware è abbastanza universale, mentre il software è indirizzato alla musica. Ad adattarlo ai settori più disparati provvederanno, in futuro, altri esperti». Vastissimo, il campo delle future applicazioni possibili: dall'industria anche aerospaziale alla lotta contro l'inquinamento acustico, dall'accelerazione dei servizi Internet alle diagnosi mediche (ad esempio, gli studi sul battito del cuore) fino alle inchieste giudiziarie, dove la voce potrebbe diventare fattore di riconoscimento persino più preciso delle impronte digitali. «Succederà come i personal computer di oggi», commenta il fisico, «mentre noi li utilizziamo per scrivere, giochi, grafica o altre cose del genere, ci sono ricercatori che elaborano programmi finalizzati a soddisfare tutt'altre esigenze». Fin dagli inizi (Anni 50) della musica elettroacustica, a compositori e interpreti del nostro Paese, degli altri europei e oltreatlantico, si è presentato il problema della diversità, a volte incompatibilità, dei sistemi rispettivamente utilizzati. Nel tempo sempre più sofisticati, potenti e complessi, ciascuno era ideato per rispondere alle esigenze di singoli artisti o di Centri di ricerca. Con il risultato, dice Michelangelo Lupone, compositore e direttore artistico del Crm, di rendere molto difficili gli scambi e praticamente impossibile il riascolto di opere precedenti, realizzate con macchine che non esistono più. «A chi vivrà nel 2100 e oltre», dice Di Giugno, «la Macchina del 2000 renderà possibile sia ascoltare le opere elettroacustiche composte in pas- sato, sia riproporne le partiture - scegliere, per limitarci all'ambito nazionale, brani di Lupone o Nono o. Berio così come oggi si fa con Puccini o Respighi o Albinoni». E' un sogno lungo, questa «Dream machine», come la chiamano i musicisti del Cemat. Il fisico ci pensa dagli Anni 70 quando, abbandonato il Cern, fondò nella facoltà di Fisica dell'Università di Napoli un gruppo (tuttora operante) per la ricerca in campo elettroacustico e audiodigitale, al contempo collaborando con il Laboratorio della Bell Telephone a New York e con il Centro di intelligenza artificiale di Standford. Nacquero così, prima a Napoli il sistema audiodigitale «4A», poi, a Parigi, una ventina di anni fa, la «4X», prima macchina a porsi con dichiarata ambizione di essere aperta a tutti i linguaggi musicali. Fino ad allora, ricorda Lupone, «un compositore doveva, prima di cominciare a scrivere, verificare con quale sistema avrebbe potuto esprimersi, e in base a esso regolarsi; con la 4X, invece, era l'artista a decidere che cosa voleva fare, e la macchina veniva configurata di conseguenza». Ma" costava troppo: circa 200 milioni di allora. Finì che questo strumento, ideato per i musicisti e realizzato all'Ircam, fu comprato da società industriali e anche militari, che lo usarono per controllare simulatori di volo, centrali atomiche, sottomarini - insomma, niente a che fare con la musica. Tornato in Italia nell'86, Di Giugno fonda l'Iris (a Paliano, vicino a Frosinone), composto di una ventina tra fisici, ingegneri e informatici. Un contesto che mette a punto la Musical Audio Research Station (Mars), capace di prestazioni molto superiori alla 4X, oggi diffusa un po' ovunque nel mondo - specie nei Conservatori e negli Istituti di ricerca - anche per i costi limitati e le dimensioni ridotte. Con la Mars si possono riproporre, ad esempio, tutte le opere a suo tem- po composte da Nono, nello studio di Friburgo, con macchine enormi, intrasportabili. «Ma i musicisti, come chiunque pratichi l'informatica del resto», dice Giuseppe Di Giugno, «vogliono sempre qualcosa in più; invenzioni e innovazioni non bastano mai». L'ideale? «Un supercalcolatore veramente capace di adeguarsi all'intelligenza umana», risponde Michelangelo Lupone, «fare corpo unico con chi la usa, essere il prolungamento del suo pensiero. Peri musicisti, questo comporterà un rinnovamento. anche in fatto di creatività». Omelia Rota : a. r rilns) li urie de, to ppggi diffusa un po ovunque nel mondo - specie nei Conservatori e negli Istituti di ricerca - anche per i costi limitati e le dimensioni ridotte. Con la Mars si possono riproporre, ad esempio, tutte le opere a suo tem- sato, sia riproporne le partiture - scegliere, per limitarci all'ambito nazionale, brani di Lupone o Nono o. Berio così come oggi si fa con Puccini o Respighi o Albinoni». E' un sogno lungo, questa «Dream machine», come la