FREUD, UN FIORE PER LA WOOLF di Gabriella Bosco

FREUD, UN FIORE PER LA WOOLF FREUD, UN FIORE PER LA WOOLF Storia di un incontro muto ELLES NE SAVENT PAS CE QU'ELLES DISENT Maud Mannoni Denoé/ pp. 188 Fr. 98 PARIGI III le offrì un narciso, il giorno in cui si incontrarono. Maud Mannoni, la celebre psicoanalista scomparsa a Parigi il 15 marzo scorso, all'incontro tra Virginia Woolf e Freud ha dedicato un libro, che esce postumo, Elles ne savent pus ce qu'elles disent. La scelta del narciso sarebbe stata del tutto casuale, Freud quel giorno che ricevette Virginia Woolf a casa sua, sapeva di aver davanti una scrittrice, ma non aveva letto nessuno dei suoi libri, né lo avrebbe fatto poi. E' appassionante, e insieme mette a disagio, l'idea di quell'incontro, che dà l'impressione di esser stato muto, un incontro di incomprensione. Era il gennaio del 1939, Virginia e il marito Léonard Woolf presero il tè nella casa londinese di Freud, che lì si era rifugialo per causa del nazismo. Virginia era una romanziera affermata, ma in quell'incontro Freud vedeva solo i i ditri Qd Viii , suoi editori. Quando Virginia e Léonard avevano fondato nel 1917 la Hogarth Press, avevano scelto Freud come uno dei primi autori da pubblicale. Furono loro a introdurre tutte le sue opere in Inghilterra. Ricevendoli quel giorno per il tè, Freud si rivolse unicamente a Léonard. Nove mesi dopo sarebbe morto. Solo allora, pare, dopo la scomparsa di quell'uomo ingombrante, Virginia Woolf ne lesse i libri. Prima aveva partecipato alle discussioni che le sue teorie avevano dettato in ambito intellettuale, ma se ne era tenuta a distanza fisicamente per timore che la psicanalisi «colonizzasse» la letteratura. Quindici mesi dopo aver intrapreso la lettura di Freud, Virginia Woolf si suicidò. La deduzione ovvia sarebbe che qualsiasi punto di contatto tra i suoi libri e quelli di Freud fu fortuito. Maud Mannoni non ne è convinta, e lo dùnostra leggendo trasversalmente l'opera della Woolf. Una caricatura inglese, ci racconta prendendo a prestito l'aneddoto dal marito Octave Mannoni che lo riporta in Clefspour l'Imagi naire (Seuil, 1969), mette in scena due bambini, un maschio e ima femmina, di fronte a un quadro raffigurante Adamo ed Eva nudi. «Qual è Adamo?» chiede il bambino. «Non lo so», risponde la bambina. «Se fossero vestiti, lo saprei». Altro aneddoto che racconta Maud Mannoni: a proposito di ima piccola gatta, Virginia Woolf si chiede maliziosa se è nata così o se le hanno tagliato il pene. Risposta, tra le righe, alle interrogazioni di Freud riguardanti la donna. Lui stesso l'aveva confessato un giorno a Marie Bonaparte: «La grande questione rimasta senza risposta e alla quale io stesso non ho mai potuto rispondere malgrado i miei trent'anni di studi dell'animo femminile è la seguente: che cosa vuole la donna?». Per Freud, la libido è solo maschile. «L'anatomia è il destino», scriveva. Simone de Beauvoir rispose: «Non si nasce donna, lo si diventa». La Woolf, spiega Maud Mannoni, diede lungo tutta la sua opera una dimostrazione articolata di come sapere che cosa vuole la donna. Essere, vuole la donna; non avere (il pe¬ ne), come sembra credere Freud. Dall'idealizzazione della figura della madre al suo doloroso superamento, e al recupero della figura patema a prezzo però di mia «desolazione di sé» che le lasciò come unica via d'uscita quella di andare a ritrovare la madre nell'elemento che la simbolizza, l'acqua, percorso che seguì nell'opera (La signora Dalloway, Gita al faro, Le tre ghinee) oltre che nella vita conclusasi tragicamente con il suicidio per annegamento, Virginia Woolf i'u costantemente ossessionata dal problema delle origini. Dopo l'incontro deludente con Freud, lesse Mose e il monoteismo proprio mentre scriveva Fra un atto e l'altro, il suo primo libro, quello in cui andò più lontano e che più radicalmente la separò dalla madre. Scrittrice della «parola impedita», del «desiderio perso», di quella «verità sepolta che instancabilmente Freud cercò di individuare» (Mannoni), la Woolf in realtà aveva dialogato sempre con l'elaborazione del pensiero psicoanalitico. Freud da mi lato, Melarne Klein d'altro lato, che sentiva più vicina, sua coetanea, mentre Freud aveva ventisei anni di più. Le conferenze di Melanie Klein, nel 1925, ebbero luogo da Adrian e Karin Stephens, fratello e cognata di Virginia che, analizzati a Vienna da Freud, furono tra i primi analisti inglesi, così come Alix e James Stratchey, amici intimi dei Woolf e traduttori per la Hogarth Press dell'opera completa di Freud. Resta il silenzio di quell'incontro, cui tutta la dimostrazione della Mannoni rimane appesa. Il Grand Dictionnaire universel du XLK siede (1866-1876) poneva l'equivalente sperma=intelligenza. Ciò che mancava alla donna era il fatto «di produrre germi, cioè idee». Il professor X..., di cui parla Virginia Woolf in Una stanza tutta per sé, sviluppava le idee contenute nel dizionario alla voce «Domia». Sarà davvero a caso che Freud, il giorno di quel primo e unico incontro, le offrì un narciso? Gabriella Bosco ELLES NE SAVENT PAS CE QU'ELLES DISENT Maud Mannoni Denoé/ pp. 188 Fr. 98

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